Caro Direttore, la morte del sacerdote di Como mi ha colpito tanto. Don Roberto viene descritto come un prete degli ultimi, un vero apostolo della solidarietà proteso a soccorrere i più poveri. Ho letto che era molto silenzioso, non cercava riflettori e non amava fare polemiche o stare in mezzo tra dibattiti inutili. Insomma, era un pastore molto concreto e anche tanto umile. Amato infatti da tutti e in particolare dalle persone più semplici e povere.
Il suo martirio potrà servire per scuotere anche un certo clero molto clericale e poco inginocchiato a servire il prossimo? Non voglio criticare o abbattere questa categoria come fanno tanti cattolici che addirittura godono nel sottolineare le difficoltà e i limiti di certi parroci. Però non possiamo ipocritamente fare finta che se tanti credenti non entrano più nelle chiese è perché non trovano l’interesse del parroco…anzi, spesso spariscono del tutto e non si vedono mai nei quartieri girare e andare ad incontrare il popolo. Eppure loro dovrebbero sentire l’odore delle proprie pecore e così la gente dovrebbe riconoscere il buon pastore che non è un mercenario.
Spero tanto che questo martirio aiuterà i tanti preti a riflettere di più sul loro ministero, sul come lo svolgono e se realmente stanno dando tutto se stessi per gli altri. Vorrei che tutti i preti fossero per gli ultimi e per chiunque…per l’uomo, così come è, così come il Signore ce lo fa incontrare.
Vorrei che i cattolici amassero di più i propri pastori esigendo da loro e innanzitutto pregando per il loro lavoro pastorale così delicato e complesso. Mi piacerebbe sentirli ritornare a parlare di Gesù e di quella vita spirituale che invece sembra dimenticata e non l’ambito principale da cui tutto parte.
Mi ha colpito tanto una frase che ho letto, mi sembra qui su In Terris che la persona se è povera di Dio sarà anche povera nel soccorrere il prossimo. Don Roberto dal cielo ci aiuti per una Chiesa capace di rinnovarsi al proprio interno con serietà e verità.
Marta N.