Caro don Aldo,
sono un papĆ e lavoro come operaio. In famiglia siamo quattro: io, mia moglie e i nostri due bambini di 5 e 3 anni. Seguo regolarmente il vostro giornale perchĆ© trovo degli approfondimenti che mi piacciono molto e perchĆ© non date spazio a cose secondo me scadenti, come i pettegolezzi.
Mi ha molto colpito l’articolo del vostro giornalista Mirko Giustini dal titolo “Nemmeno la pandemia arresta il virus dell’usura“. Nella mia famiglia lavoro solo io e puĆ² ben immaginare quale sia lo stipendio di un operaio semplice ma, fino a prima della pandemia, riuscivamo a vivere dignitosamente, riuscivo sempre a portare in tavola del cibo.
Con le chiusure delle fabbriche per il lockdown, la cassa integrazione e gli aiuti che non sempre sono arrivati mai puntuali, devo confessare che per un momento ho pensato anche io a delle “vie alternative” per avere a disposizione piĆ¹ soldi. Ma poi non ce l’ho fatta, forse per paura.
Penso a quanti come me, magari non hanno saputo fare altrimenti. E’ chiaro che Governo e istituzioni si sono trovati ad affrontare una situazione fuori dal normale, un’emergenza mai vista prima e hanno fatto il meglio che potevano per gestire la crisi.
Vorrei solo dire che noi lavoratori ce la mettiamo tutta, tiriamo la cinghia, ma ĆØ difficile dover scegliere se pagare le bollette o comprare il pane per la cena. Abbiamo bisogno di maggiore sostegno, di tornare a lavorare per mantenere le nostre famiglie.
Con affetto, Paolo R.