Armenia e Azerbaigian: ecco perché non è possibile raggiungere una soluzione pacifica

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Gentilissima Redazione, sono Domenico Letizia, giornalista e analista geopolitico. Sono autore di una pubblicazione sull’Azerbaigian e di un ebook sul conflitto del Nagorno e sono stato due volte lungo il confine del Nagorno per dei reportage. Ho letto con estrema attenzione il vostro recentissimo articolo sul conflitto tra Armenia e Azerbaigian e a tal proposito non condividendo alcune posizioni vi invio un mio articolo che spero possa essere pubblicato per dare voce a tutte le varie posizioni sul tema, anche dal punto di vista squisitamente giuridico e storico.

La situazione tra Armenia e Azerbaigian

L’Armenia sta vivendo una pericolosa emergenza economica e sanitaria che torna al centro dell’attenzione mediatica in tutto il Caucaso e anche in Europa. Il recente articolo di Milena Castigli, pubblicato dal periodico Interris, analizza la drammatica situazione che l’Armenia sta vivendo, evidenziando alcune notizie che, tuttavia, non sono esatte, come l’aggressione dell’Azerbaigian nei confronti dell’Armenia. L’Armenia tenta di ribaltare le responsabilità e distogliere l’attenzione della propria popolazione dalle difficoltà economiche.

Gli attacchi dell’Armenia, con l’uso dell’artiglieria, contro le posizioni delle forze armate dell’Azerbaigian, lungo il confine Armenia-Azerbaigian in direzione del distretto di Tovuz, costituiscono un’aggressione, un atto di forza contro il territorio dell’Azerbaigian e contro le regole della comunità internazionale. Le attuali provocazioni dell’Armenia sono l’ennesima prova del fatto che Erevan non è interessata alla soluzione negoziata del conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian. L’aggressione dell’Armenia contro l’Azerbaigian dura da quasi 30 anni. L’Armenia ha compiuto un’aggressione militare contro l’Azerbaigian e ha occupato la regione del Nagorno-Karabakh dell’Azerbaigian e i sette distretti circostanti.

Le risoluzioni 822, 853, 874 e 884 del Consiglio di sicurezza dell’ONU chiedono il ritiro completo e incondizionato delle forze armate dell’Armenia dai territori occupati dell’Azerbaigian. Una situazione che riduce alla fame la stessa popolazione dell’Armenia. Come ben evidenziato dalla Caritas, l’Armenia sta vivendo un tracollo economico e sanitario. Grazie alla Caritas sono state donate 200 mascherine e 200 attrezzature mediche di protezione al personale sanitario dell’ospedale per le infezioni di Gyumri, in collaborazione con l’amministrazione regionale di Shirak.

Sono numerose le iniziative a favore delle fasce deboli che Caritas Armenia porta avanti nelle varie fasi dell’anno come il programma invernale a tutela degli anziani chiamato “Warm Winter Poject”. Il Pil pro capite pone il Paese al 118esimo posto nel mondo. Ma una difficoltà in più l’hanno vissuta i disabili, molti dei quali impossibilitati a uscire di casa anche solo per fare la spesa per problemi motori e rimasti senza assistenza sanitaria. Anche molti anziani soli e alcune madri con figli piccoli hanno rischiato di morire di fame. La situazione tragica del paese la si deve alla gestione scellerata della dirigenza politica, nel passato e nel presente. Nel corso degli ultimi decenni, l’Armenia ha vissuto una dittatura che l’attuale classe dirigente rivendica con orgoglio di aver cancellato e debellato.

Purtroppo, nonostante la rivoluzione di velluto e il cambio di regime, poco sembra essere cambiato e le manovre dello stato continuano ad essere totalitarie e a vantaggio solo di alcune categorie sociali amiche dell’attuale presidenza. Le notizie sulle persecuzioni in corso, da parte del primo ministro Nikol Pashinyan, nei confronti dei suoi avversari, nonché le recenti news sulle attività commerciali illecite che Pashinyan e sua moglie Anna Hakobyan sembra stiano svolgendo sono ormai note nel mondo russo e nella regione del Caucaso.

Il procedimento penale maggiormente oggetto di discussione nel Paese è quello legato a Michael Minasyan, genero del secondo presidente dell’Armenia Serj Sargsyan, già ambasciatore di Armenia in Vaticano. Secondo Minasyan, il primo ministro Pashinyan e sua moglie Anna Hakobyan sono protagonisti di un traffico internazionale illecito legato allo smaltimento di 50mila tonnellate di metalli industriali. Minasyan ha accusato Pashinyan anche di traffico internazionale di armi e traffico illecito di diamanti. Entrate e ricchezze sottratte alle casse pubbliche dell’Armenia.

Ricordiamo che da inizio pandemia, le notizie che riguardano l’Armenia e la sua presidenza in rapporto ai traffici internazionali illegali iniziano ad essere numerose. Secondo i media armeni, a fine aprile, il servizio di sicurezza della Federazione Russa, ha fermato un aereo, a Krasnodar, a bordo del quale le autorità armene trasportavano 40 tonnellate di sigarette per il mercato nero. Una quantità enorme di sigarette illegali sono state sequestrate, sempre secondo le stesse modalità, anche nella regione di Voronezh. La violenza politica ed economica interna e le occupazioni dei territori riconosciuti a livello internazionale all’Azerbaigian avvengono a causa dell’Armenia. La comunità azerbaigiana, che a causa della pulizia etnica è stata costretta a lasciare la regione, ha il diritto legale di partecipare alla determinazione del futuro status giuridico del Nagorno-Karabakh.

Senza il riconoscimento di questo diritto, e il ritiro delle forze armate dell’Armenia, non è possibile raggiungere una soluzione pacifica e duratura facendo cessare il conflitto. Alla fine, nessun aiuto umanitario o donazione da parte di organizzazioni non governative risolverà i gravi problemi sociali della popolazione e la povertà in Armenia. L’unica soluzione a questi problemi potrebbe esservi nelle politiche stesse dell’Armenia, piccolo paese povero, senza risorse naturali e accesso al mare, normalizzando i rapporti con i suoi vicini. Per questo, l’Armenia dovrebbe avviare un percorso di realizzazione della pace con l’Azerbaigian, con il ritiro del suo esercito dai territori occupati dell’Azerbaigian e non impedendo il ritorno dei rifugiati e sfollati interni azerbaigiani alle loro case. Prima l’Armenia ne avrà consapevolezza, meglio sarà per il futuro del suo popolo.

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