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A proposito di rame e glifosato…

Pubblichiamo la controreplica che il prof. Luigi Mariani, docente di Storia dell'Agricoltura all'Università di Milano e vicepresidente della Società agraria di Lombardia, ha scritto a quattro mani insieme al dott. Donatello Sandroni – che ha conseguito un dottorato di ricerca in Ecotossicologia, giornalista e scrittore – in merito alla risposta del lettore Vincenzo Vizioli all'intervista al prof. Mariani pubblicata su In Terris l'11 dicembre 2018 dal titolo “Vi dico la verità sul biologico”. In Terris è ben felice di stimolare riflessioni e dibattito su un tema tanto sentito qual è quello dell'agricoltura e del cibo, dando spazio a opinioni anche contrastanti. Ben vengano, dunque, i contributi in proposito, fermo restando il rispetto delle opinioni altrui e del prossimo.

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Egregio Signor Vizioli,

Le facciamo anzitutto presente che sulla tossicità del rame si è chiaramente espressa EFSA nel suo report del 1 marzo 2018 – “Review of the existing maximum residue levels for copper compounds according to Article 12 of Regulation (EC)No 396/2005”. In tale rapporto si afferma che “è stato identificato un possibile rischio cronico per i consumatori” e si segnala inoltre che misure di mitigazione del rischio potrebbero essere adottate per lattuga, pomodoro, uva e patate.

Da sottolineare anche come Efsa adotti i medesimi criteri di valutazione per qualsiasi sostanza attiva impiegata in agricoltura, criteri che hanno causato il bando di circa il 70% delle molecole comunemente impiegate fino agli inizi degli Anni 90, prima che prendesse il via il processo di Revisione Europea degli agrofarmaci. Contestare le decisioni di Efsa sul rame quando si è magari applaudito alle medesime decisioni su altri prodotti appare quindi indice di parzialità di giudizio. Inoltre, fatto non trascurabile, ricerche di laboratorio hanno recentemente evidenziato influenze negative del rame, anche a basse dosi, su alcuni processi metabolici che faciliterebbero l’insorgenza del morbo di Alzheimer. Evidenze che non vengono però divulgate sui media, al contrario di altre ricerche di stampo per lo più allarmistico che vengono abitualmente diffuse proprio dagli istituti da lei citati.

Per quanto riguarda poi gli effetti ambientali del rame la invitiamo a leggere l'etichetta dei prodotti commerciali a base di solfato di rame: “Nocivo se ingerito. Molto tossico per gli organismi acquatici. Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata” da cui emerge un quadro tossicologico in alcun modo trascurabile. Quadro tossicologico che quando ravvisato sulle etichette ministeriali di altri agrofarmaci ha invece scatenato ondate di accuse e richieste di abolizione, come avvenuto per il tanto vituperato glifosato, per esempio.

Sulla cancerogenicità di tale erbicida, la Iarc ha in effetti concluso che glifosate è “probably carcinogenic in humans”e lo ha collocato nella categoria 2A, la stessa in cui sono collocate le carni rosse, i fritti ad alta temperatura e perfino l’acqua calda quando superiore a 65°C. Al contempo però:

  • la European Food Safety Authority (Efsa) in linea con il parere scientifico degli esperti di 27 su stati membri ha concluso che è improbabile che il glifosato sia cancerogeno per l'uomo.
  •  la Us Environmental Protection Agency (Epa) ha concluso che “For cancer descriptors, the available data and weight -of-evidence clearly do not support the descriptors “carcinogenic to humans”, “likely to be carcinogenic to humans”, or “inadequate information to assess carcinogenic potential”.
  • la European Chemical Agency ha concluso di non trovare “evidence implicating glyphosate to be a carcinogen, a mutagen, as toxic to reproduction, nor as toxic to specific organs”
  • il comitato congiunto Fao-Oms (Jmpr) ha concluso che glifosate è “unlikely to pose a carcinogenic hazard to humans”.
  • Analoghi giudizi sono stati espressi, in chiave anche molto critica nei confronti di Iarc, da altre Autorità mondiali di regolamentazione, come quelle australiane, neozelandesi, canadesi ed elvetiche. In complesso, non vi è al mondo alcuna Autorità di regolamentazione che abbia avvallato la posizione di Iarc, inclusa Echa, l’Agenzia europea per la chimica

Consideri inoltre che la Iarc ha valutato il “pericolo” e non il “rischio”. Il rischio è la probabilità che accada un certo evento capace di causare un danno alle persone e implica l'esistenza di una fonte di pericolo e delle possibilità che essa si trasformi in un danno. Per intenderci l’ingestione di acqua pura è fonte di pericolo se ingerita a dosi di decine di litri, mentre il rischio è assai poco rilevante perché l’assunzione a dosi eccessive è del tutto improbabile. Per tale ragione il rischio di assumere dosi eccessive non viene esplicitato sulle bottiglie di acqua minerale. Il rischio è stato invece valutato nel recentissimo lavoro epidemiologico condotto da Gabriella Andreotti et al. (2018), nel quale si sono analizzati 54251 operatori di cui 44932 (82.8%) avevano usato glifosate. Dalle analisi statistiche effettuate è emerso che per nessuna delle forme tumorali indagate la presenza di tumore è risultata significativamente correlata con l’uso di glifosate.

Con somma sorpresa, tale ricerca non venne però pubblicata sebbene completa e quindi non venne neanche presentata al panel di esperti della Iarc che stava valutando glifosate, salvo essere poi pubblicata a giochi fatti nel 2017. Tale omissione, fatto ancora più grave, venne compiuta da Aaron Blair, chairman del panel Iarc ed epidemiologo proprio per il National Cancer Institute americano che aveva svolto quella ricerca. Un’omissione di cui ancora oggi non si conoscono le ragioni e che ha pesantemente influito proprio sulla già di per sé controversa decisione finale della Iarc di classificare come “probabile cancerogeno” glifosate, con tutte le Class action che poi ne sono purtroppo derivate. Altra zona di opacità che spesso sfugge a una lettura superficiale del “Caso Glifosate”.

Circa i residui sui cibi, ancora Efsa ha stabilito quelli di glifosate “sicuri per la salute umana”, anche perché l’esposizione a tale molecola può essere in effetti stimata in pochi milligrammi per anno, spesso inferiori a 1 mg/anno, grazie al più completo programma di monitoraggio delle urine mai compiuto su questa molecola negli Stati Uniti.

Circa invece gli aspetti ambientali, essendo idrosolubile, glifosate si ritrova facilmente nelle acque. Il tutto a concentrazioni che spesso risultano nelle frazioni di microgrammo. Il picco massimo rilevato nelle acque profonde da Ispra (Report 2016) è di 1,08 µg/L. In sostanza, una goccia di collirio in una piscina olimpionica. Tale valore oltrepassa però il limite di Legge italiano, pari a 0,1 µg/L, il quale non è però un limite di tipo sanitario poichè non stabilisce un limite oltre il quale inizia un rischio per la salute e men che meno un danno. È cioè da considerarsi meramente un “obiettivo di qualità delle acque”. Nonostante ciò, le analisi condotte periodicamente da Ispra vengono utilizzate per sollevare allarmismi ingiustificati intorno a tale molecola e a molti altri agrofarmaci. Applicando infatti le Linee Guida australiane per le acque potabili, basate su valutazioni di tipo tossicologico, la soglia considerata sicura oltrepassa i 1.000 µg/L, ovvero 10.000 volte il limite di Legge italiano, spesso usato a sproposito nel Belpaese dai demonizzatori della chimica. Tale valore è peraltro in linea con i limiti statunitensi fissati dalla Epa, anch’essi calcolati per via tossicologica in 700 µg/L.

Infine, giusto per comprendere quanto la stampa abbia ricoperto un ruolo fondamentale nella distorsione percettiva su glifosate, si pensi che il 73% delle testate giornalistiche transalpine ha citato il parere della Iarc, solo il 12% quello dell’Efsa e solo il 6% quello di Echa. Zero volte tutti gli altri pareri mondiali, sebbene fossero in maggioranza schiacciante. Non stupisce quindi che oggi emergano sondaggi in Francia dai quali si evince come il 70% dei francesi sia favorevole al bando dell’erbicida. Pessimo risultato di un’opera gigantesca di disinformazione mediatica. 

Le facciamo infine presente che la nostra condanna del rame e la contestuale difesa glifosate hanno una motivo più generale di tipo agro-ecologico. Se infatti il rame nei suoli rappresenta un vulnus alla fertilità biologica dei suoli il glifosate (libero da brevetti e con costi oltremodo contenuti) è oggi un presidio fitosanitario essenziale per condurre agricolture di tipo conservativo che consentono agli agricoltori di gestire in modo sostenibile le risorse dell’agro-ecosistema (suoli, acque, sostanza organica, fertilità) mantenendo al contempo la produzione su livelli quali-quantitativi compatibili con le necessità di una popolazione mondiale in costante crescita; obiettivi questi che sono e resteranno irraggiungibili per il biologico, come dimostrano due lavori scientifici  apparsi su Nature(16). e sui proceedings dela National Academy of Sciences.

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