Mi chiamo Erika, ho 18 anni e vivo a Latina. Ho letto con interesse l’ultimo articolo riguardante gli interventi salvavita dei medici dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Anche a me quei medici – nello specifico l’equipe dal prof. Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Oncoematologia dell’Ospedale – hanno salvato la vita.
Dopo mia madre, vorrei anche raccontarvi la mia storia che fino al 3 agosto del 2016 era normale. Sì, proprio normale, una vita spensierata e spericolata: facevo tutto ciò che mi passava per la testa. Purtroppo questa normalità si è interrotta il 3 agosto quando mi è stata diagnosticata la leucemia mieloide acuta.
L’incubo è iniziato la sera precedente quando i miei decidono improvvisamente di portarmi in ospedale dove mi fanno tutti gli accertamenti possibili, dall’emocromo alla tac. Verso le 2 di mattina mi ripetono d’urgenza le analisi del sangue. Dopo neanche un’ora arrivano i risultati, ma li comunicano soltanto a mia madre. Io in quel momento capisco che c’è qualcosa di grave perché mia madre corre da mio padre, che si stava riposando in auto nel parcheggio. Papà arriva di corsa in stanza e nel giro di dieci minuti mi ritrovo distesa su una barella diretta all’ospedale Bambino Gesù di Roma.
Io sinceramente ancora non avevo capito cosa stava realmente succedendo. Ma lo capisco quando mi trasferiscono nel reparto di oncoematologia: appena entrata in quel
reparto, ho visto tutti i bambini senza capelli e in quel momento ho iniziato a piangere perché avevo capito cosa mi stava succedendo: avevo il cancro!
Inizialmente non ho accettato la malattia, perché avevo solo 15 anni e fino alla settimana prima stavo bene. Non accettavo il fatto di trovarmi sdraiata attaccata ad una macchina, una macchina che avrebbe deciso la mia vita!
Ho iniziato immediatamente a fare le chemio. Il primo ciclo che mi hanno somministrato non ha funzionato: la mia malattia era più forte della chemio e resisteva ai farmaci, quindi il professor Locatelli con gli altri dottori ha deciso un’altro ciclo e grazie a questo sono andata in remissione, ovvero avevo ucciso gran parte della malattia.
Così sono stata inserita in una banca dati alla ricerca di un donatore di midollo osseo. Durante l’attesa di un donatore ho continuato a fare cicli di chemio, fino a dicembre 2016 quando mi sono sottoposta al trapianto: avevo trovato un donatore tedesco compatibile al 100%.
Dopo circa un mese sono ritornata a casa e da quel momento ho iniziato a vivere la mia vita quella vita che mi era stata interrotta quel fatidico 3 agosto. Naturalmente, l’ospedale lo vedevo ancora ma non per i ricoveri ma per dei semplici controlli.
Per un anno e mezzo è andato tutto bene, avevo ripreso in mano a pieno la mia vita. Ma il 15 giugno 2018 è iniziato il calvario per la seconda volta! C’era una recidiva! Ho iniziato di corsa i cicli di chemio, questa volta con la prima botta avevo ucciso tutta la malattia. Ho fatto un’altro ciclo di chemio con tre radioterapie e poi sono andata di nuovo al trapianto. Questa volta però il donatore è stato il mio papà, il mio eroe!
Il 6 settembre alle ore 19:25 ho fatto il trapianto. Ora sono passati più di due anni e ringraziando Dio, dopo vari acciacchi di percorso, ora sta andando per il verso giusto. Vorrei dunque ringraziare tutta l’equipe di medici e infermieri del reparto oncoematologia del Bambino Gesù che mi hanno seguita per oltre quattro anni. A partire dal prof. Franco Locatelli che mi ha salvata la vita non una, ma ben due volte!