“Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura“, scrive Karol Wojtyla. Esattamente trent’anni fa, il 25 marzo 1995, solennità dell’ Annunciazione del Signore, 17° anno del suo pontificato, Giovanni Paolo II pubblica l’enciclica “Evangelium vitae”. L’uomo è “chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio”, si legge nella fondamentale lettera a tutela della sacralità della vita umana. Oggi ricorre il trentesimo anniversario. Già l’anno prima, nel 1994 la Santa Sede alzò la voce alla conferenza internazionale dell’Onu sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo. Come non ebbe esitazioni né timori a contrapporsi al comunismo e al capitalismo, allo stesso modo Karol Wojtyla puntò l’indice contro le croniche inefficienze e i drammatici errori di fondo delle organizzazioni internazionali.

Sacralità della vita
Il cardinale Renato Raffaele Martino, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu durante la conferenza del Cairo, ha raccontato quello snodo fondamentale del pontificato di Giovanni Paolo II nella memoria “La testimonianza della verità e il dialogo politico-diplomatico” pubblicata sul “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” nel 2014. Racconta il cardinale Martino: “In veste di nunzio apostolico presenziai sia alla conferenza al Cairo, la cui organizzazione fu affidata al controverso ‘Fondo specializzato per la popolazione‘, sia alla conferenza sulle donne di Pechino che l’anno successivo ne mutuò in blocco le formulazioni sulla salute e sulla decostruzione della sessualità responsabile“. E cioè “dall’individuazione della categoria-chiave del gender all’idea stupefacente che solo i bambini realmente voluti hanno diritto a nascere”, oltre a “un sensibile passo indietro nel campo della libertà religiosa”. Trent’anni fa l’enciclica “Evangelium vitae” è stata frutto della collaborazione dell’episcopato di ogni Paese del mondo. E è stata proprio una riaffermazione precisa e ferma del valore della vita umana e della sua inviolabilità. Oltreché un appassionato appello “rivolto a tutti e a ciascuno, in nome di Dio”. Ossia “rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità“, evidenzia San Giovanni Paolo II.

Tutela della vita
La Santa Sede riaffermò le profonde motivazioni del progetto biblico di Dio sull’uomo, che è un piano di bontà e di felicità, ribadendo l’immagine del divino che ogni uomo a ogni latitudine porta con sé e sulla natura fondamentalmente relazionale di ogni persona, quindi “il campo della sessualità rientra comunque nella sfera sociale, interpersonale e dunque pubblica dell’agire umano“. Ma l’agenda programmatica della conferenza dell’Onu, appoggiata da Stati Uniti e Unione Europea, stabilì l’imposizione arbitraria di qualsiasi mezzo per il controllo delle nascite o pianificazione familiare. Per la Santa Sede si trattava di “un invito all’immoralità di massa e al libero crimine nel caso dei bambini già concepiti”. Giovanni Paolo II non esitò mai a prendere di petto le organizzazioni internazionali. Così il 5 ottobre 1995, il giorno in cui viene annunciato il cessate il fuoco nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, prese la parola all’Onu: “Nessuno, né uno Stato, né un’altra nazione, né un’organizzazione internazionale, è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere“. E aggiunse: “Il mondo purtroppo deve ancora imparare a convivere con la diversità. Come i recenti eventi nei Balcani e nel centro Africa ci hanno dolorosamente ricordato. La risposta alla paura dell’altro non è la coercizione, né la repressione o l’imposizione di un unico modello sociale al mondo intero“.

Riferimento alla verità
Karol Wojtyla non arretrò di un passo di fronte all’aggressione portata a termine dalla conferenza dell’Onu del Cairo contro il diritto alla vita. “La libertà non è semplicemente assenza di tirannia o di oppressione, né è licenza di fare tutto ciò che si vuole – disse Giovanni Paolo II dal podio dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite –. La libertà possiede una ‘logica’ interna che la qualifica e la nobilita. Essa è ordinata alla verità e si realizza nella ricerca e nell’attuazione della verità. Staccata dalla verità della persona umana, essa scade, nella vita individuale, in licenza e, nella vita politica, nell’arbitrio dei più forti e in arroganza del potere. Perciò, lungi dall’essere una limitazione o una minaccia alla libertà, il riferimento alla verità sull’uomo – verità universalmente conoscibile attraverso la legge morale inscritta nel cuore di ciascuno – è, in realtà, la garanzia del futuro della libertà“. Giovanni Paolo II era convinto della necessità di riformare in profondità l’Onu e, in diversi Angelus, richiamò esplicitamente il personale diplomatico delle organizzazioni internazionali a cambiare strada sui temi bioetici. “Nel Consiglio di sicurezza, per esempio, serve una migliore rappresentatività. La composizione a quindici membri è stata ritoccata negli anni ’60 e in mezzo secolo i membri delle Nazioni Unite sono arrivati a quasi duecento. La Santa Sede esorta a fare una riforma”, sottolinea il cardinale Martino.

Strategia per il futuro
Quella di Karol Wojtyla contro il mondialismo è stata “una illuminante strategia per l’azione, presente e futura, della Chiesa nella società, a partire dall’attenzione ai diritti umani e dalla proposta di un umanesimo integrale, aperto al trascendente“. Quello di Giovanni Paolo II è stato un attivismo morale più vigoroso di quello dei sui predecessori, teso a far accettare la legittimità della questione morale in seno ai dibattiti secolari. E, sottolinea il cardinale Martino, contro Karol Wojtyla “hanno agito potenti lobbies culturali, economiche e politiche mosse prevalentemente dal pregiudizio verso tutto quello che è cristiano: nuove sante inquisizioni piene di soldi e di arroganza perché contro la Chiesa cattolica e i cristiani ogni metodo è lecito se serve a zittirne la voce. Dall’intimidazione al disprezzo pubblico, dalla discriminazione culturale all’emarginazione”. Ne è un esempio la “disinvolta e allegra maniera con cui queste lobbies promuovono tenacemente la confusione dei ruoli nell’identità di genere, sbeffeggiano il matrimonio tra uomo e donna, sparando addosso alla vita, fatta oggetto delle più strampalate sperimentazioni”.