Attenti al lupo, verrebbe da dire citando una celebre canzone di Lucio Dalla. Abbassare il grado di protezione del lupo in Europa è “una scelta puramente politica”. Tecnicamente, invece, è “piuttosto inutile”, sostiene Luigi Boitani, uno dei massimi esperti mondiali del lupo. Docente di Zoologia all’Università La Sapienza di Roma e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe. In caso di necessità, già oggi si può procedere con gli abbattimenti, come si fa anche in Italia con altre specie protette, come ad esempio l’istrice, che ha lo stesso grado di protezione legale del grande carnivoro. La Francia, l’anno scorso, “ne ha abbattuti quasi 250”. Oltre ad essere inutile, rischia di essere pericoloso, perché alcuni Paesi europei sono molto ostili ai lupi e potrebbero seguire l’esempio della Svizzera, che ha deciso lo sterminio di quasi tutti i branchi. Intanto, precisa Boitani all’Adnkronos, non è che d’ora in avanti nell’Ue si potrà sparare ai lupi liberamente. Il Consiglio non ha deciso che il lupo passerà da strettamente protetto a semplicemente protetto, come si dice comunemente: “Non è esatto – puntualizza – il Consiglio ha approvato che si chieda alla Convenzione di Berna di abbassare il grado di protezione. In quell’organismo, la Commissione Europea ha la maggioranza, perché ha 27 voti. Quindi molto probabilmente la proposta passerà, ma ‘dopo si porrà il problema di cambiare lo status in Europa“. Cosa che comporta una modifica della direttiva Habitat, la norma europea sulle specie e habitat minacciati.
Sos lupo
Per cambiare gli elenchi di specie nella direttiva, “la Commissione deve fare una proposta, che va approvata all’unanimità dagli Stati membri”. In teoria, basta che un Paese si opponga e si blocca tutto. Insomma “la strada è ancora lunga”. Per lo zoologo, “in un mondo ideale” il declassamento del lupo da specie strettamente protetta a semplicemente protetta potrebbe anche avere un senso, ma “siccome siamo molto lontani da un mondo ideale”, le cose stanno diversamente. Ognuno, dice Boitani, “ha le sue paure e i suoi retropensieri su quello che ogni Paese vorrà fare”. Perché, spiega, “l’Europa è bella perché è varia” e la politica nei confronti dei lupi è decisamente mutevole, a seconda dello Stato membro: “Ci sono Paesi come la Spagna, che ha 2.500-3.000 lupi ed è contro qualsiasi tipo di controllo” della popolazione, o la Polonia, “ne ha 1.000-1.500, e sono contrari anche loro”. Poi “ci sono Paesi come la Svizzera, che non è parte della Unione Europea ma si vanta di essere un Paese verde e rispettoso della natura, mentre sta ammazzando tutti i branchi, tranne pochi transfrontalieri con l’Italia”. E’ proprio questo, aggiunge Boitani, “il motivo per cui tutti hanno paura di un listing diverso” del lupo, perché si teme che possa essere interpretato “nei modi più diversi, più subdoli, più criminali”. Per cui “il pendolo arriverebbe dalla parte opposta”, vale a dire dalla conservazione totale allo sterminio. “Purtroppo, con il lupo, il pendolo va da una parte e dall’altra e non riesce mai a fermarsi in mezzo”, sospira.
Cultura del lupo
L’abbattimento dei lupi, per Boitani, non deve essere escluso, perché la convivenza con i grandi carnivori può essere complicata e va gestita: “Io sono sempre stato d’accordo – ricorda – da quando in Italia di lupi ce n’era un centinaio e sembrava che stessero per sparire del tutto. Già a quel tempo ero convinto che il lupo va protetto, ma in alcuni casi possiamo anche pensare di eliminarne qualcuno, quando ci sono casi di particolare sofferenza”, situazioni “particolari che rendono impossibile l’uso di mezzi di prevenzione“. Il problema, osserva, è culturale. “In Abruzzo e in tutto l’Appennino Centro-Meridionale – ricorda – i mezzi di prevenzione sono normali: tutti hanno il cane pastore“. Perché da quelle regioni il lupo non se ne è mai andato e quelle popolazioni sono da sempre adattate a vivere e lavorare al suo fianco. Certo, riconosce, “è un costo: costa fatica, know-how, quindi il pastore che sta in Val di Susa o in Olanda“, che non è abituato a questi extra costi, si oppone al lavoro aggiuntivo richiesto dal gestire un cane, mettere i recinti elettrici e così via”. In realtà, spiega, la Commissione Europea “ha messo a disposizione, per questo lavoro, moltissimi fondi per il mondo agricolo. Sono compensati i cani, i salari aggiuntivi, i ricoveri in montagna in cui i pastori possono dormire“. Certo, continua, “c’è comunque lavoro in più” da fare. E il pastore, specie nelle zone dove il carnivoro è tornato da poco, ”si oppone alla convivenza con il lupo”. A questo punto però, osserva Boitani, sarebbe necessario ragionare di quale “tipo di zootecnia vogliamo” in Europa e in che maniera favorirla con sussidi e incentivi.
Nuovo patto
Un nuovo patto, osserva, è necessario tra pastorizia montana e cittadini, perché di fatto oggi la pastorizia di montagna viene finanziata dalla fiscalità generale, per ragioni economiche e sociali e di tutela del territorio e del paesaggio. Lasciata a sé stessa, sarebbe del tutto antieconomica: “Qualche anno fa avevamo fatto uno studio, in cui risultava che ogni pecora d’Europa è già pagata al 60% dai sussidi”. Senza sussidi economici, in Europa resterebbero davvero poche pecore. E quindi, prosegue, la convivenza con il lupo “va vista in un’ottica di compromesso”, da costruire e sancire attraverso l’approvazione di “un piano che dia al lupo la certezza che non si estingue e all’uomo la certezza di dove e come poter fare la pastorizia senza eccessivi problemi”. Certo, osserva l’esperto, “se poi viene fuori l’Alto Adige, che dice che il 98% del territorio altoatesino non è adatto al lupo, non c’è possibilità di dialogo”. Il problema è anche che il lupo, animale che scatena forti emozioni e paure ataviche, è finito al centro di una “culture war” all’europea. Per cui, anche a Bruxelles, è stato uno degli argomenti che hanno avvicinato le destre e il Ppe, scottato dalla rivolta degli agricoltori contro la nuova Pac, esplosa a ridosso delle elezioni europee. Tanto che la possibile maggioranza Ppe-destre, che ogni tanto fa capolino al Parlamento Europeo, a Bruxelles è stata ribattezzata la “maggioranza Wolf”.
Il lupo in Europa
In Francia, continua Boitani, “una decisione di fatto l’hanno presa e il lupo è fortemente controllato in certe aree sulla base di un piano approvato a scala nazionale”. In Italia, prosegue, “un piano è stato scritto, nel 2015, su richiesta del Ministero. Prevedeva anche qualche abbattimento, se e dove necessario. Sono passati nove anni: la Conferenza Stato-Regioni sono nove anni che ne discute e ancora non l’hanno approvato. Poi si lamentano…..”. Il lupo, sottolinea, si può abbattere, anche adesso. Non c’è bisogno di fare il downlisting. L’articolo 16 della Direttiva Habitat dice che le deroghe sono possibili anche per le specie più protette. Secondo Boitani, comunque, è fuori strada chi pensa che Ursula von der Leyen abbia voluto procedere a chiedere il declassamento del lupo per via dell’uccisione del suo pony Dolly da parte proprio di un lupo (abbattuto poco dopo). “No – risponde – c’è la pressione di Paesi come la Svezia, la Francia, l’Austria, l’Italia“. In Germania, al contrario, “tutti erano sicuri che la proposta non sarebbe passata, perché lì ci sono i Verdi al governo”. E invece, “per qualche motivo, che non so dire, hanno cambiato idea e, con il sì della Germania, c’era la maggioranza per fare passare” la richiesta di modifica dello status di tutela del lupo. Per lo zoologo, ”se ne poteva fare a meno, spiegando che gli abbattimenti, le deroghe si possono fare anche adesso. Certo, con un regime più basso di protezione non c’è più bisogno di chiedere a Ispra, al Ministero. Le Regioni possono decidere autonomamente. Ma, e di questo non si rendono conto perché nessuno glielo dice, oppure se glielo dicono non vogliono sentire, anche se il lupo potrà essere abbattuto più facilmente, comunque gli Stati saranno tenuti a mantenerlo in Fcs, Favourable Conservation Status“, stato di conservazione favorevole.