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Turchia, censura finita per Wikipedia

Una violazione della libertà d'espressione”. Tale è stato considerato, dalla Corte costituzionale di Ankara, il bando di Wikipedia deciso dalle autorità turche che, dopo due anni e mezzo, sono state costrette a rimuovere il veto alla più importante enciclopedia online. L'annuncio è stato dato in mattinata dall'autorità di controllo delle tecnologie informatiche e di comunicazione (Btk), decretando la fine del blocco e il rientro imminente in servizio dell'enciclopedia digitale, una delle piattaforme web più utilizzate a livello mondiale e da molti ritenuta uno dei più importanti aggregatori di sapere, il maggiore per quanto riguarda l'online. Il blocco era stato deciso nel 2017, in seguito alla circolazione di alcune voci che avevano parlato della Turchia come connessa ad alcune organizzazioni terroristiche, con il governo che si vide rifiutare dalla società gestente la rimozione dei contenuti che mettevano in evidenza tale relazione. Ankara decise per questo, attraverso una legge che regolamenta l'accesso a contenuti web ritenuti una minaccia per l'interesse nazionale, di chiudere gli accessi al sito, decretandone l'oscuramento.

Libertà negata

Va in porto, dunque, il ricorso presentato da Wikimedia foundation, l'organizzazione no profit che gestisce l'enciclopedia online, alla Corte costituzionale turca, ritenendo che il divieto a Wikipedia negasse proprio la libera espressione attraverso la rete. Come dichiarato da Gonenc Gurkaynak, legale di Wikimedia nella causa intentata, il ricorso era stato presentato anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo subito dopo il blocco, prassi non insolita in Turchia che, specie durante le grandi manifestazioni di massa contro il governo, aveva già disposto il bando di siti online ritenuti pericolosi o sediziosi. Un procedimento da più parti ritenuto non conferme al diritto della libertà d'espressione e oggetto di numerose critiche al governo Erdogan che, a ogni modo, non è stato il solo ad adottarlo. La stessa Wikipedia, in passato, era stata oscurata in Paesi come Cina e Russia. Ora, con la sentenza della Corte costituzionale di Ankara, l'enciclopedia dovrebbe tornare a breve disponibile su internet.

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