Un libro sui condottieri del Duomo di Firenze fra storia, arte e conservazione. All’Antica Canonica di San Giovanni a Firenze è stato presentato per la prima volta il volume “La spada e la memoria. Giovanni Acuto e Niccolò da Tolentino. I condottieri del Duomo di Firenze fra storia, arte e conservazione”. L’opera è dedicata ai celeberrimi affreschi realizzati da Paolo Uccello e Andrea del Castagno nel Duomo di Firenze. Sono intervenuti monsignor Timothy Verdon, Andrea De Marchi e Lorenza Melli, moderati da Lorenzo Fabbri. Nell’occasione è stata proiettata un’intervista inedita ad Antonio Paolucci. Rilasciata in occasione del precedente restauro dei due affreschi nel 2000. Realizzata da Film Documentari Arte di Massimo Becattini. Il libro, a cura di Lorenzo Fabbri, è un progetto dell’Opera di Santa Maria del Fiore (incluso l’intervento sulle due opere) per le edizioni Officina libraria. Nel volume sono presentati per la prima volta i risultati delle indagini diagnostiche e le complesse vicende conservative che li hanno caratterizzati nel corso dei secoli. Un intervento che ha dato l’occasione per riconsiderare i due capolavori quattrocenteschi nel loro contesto storico-politico e artistico. Attraverso una serie di saggi e un ricco apparato di immagini.
Firenze nei secoli
L’intervento sui due affreschi (eseguito nel 2022 e proseguito con ulteriori indagini diagnostiche nel 2023) è stato affidato dall’Opera di Santa Maria del Fiore. Sotto la tutela della Soprintendenza Abap per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, alla restauratrice Daniela Dini, che già nel 2000 si era occupata delle due opere. Eseguito a distanza di 20 anni dal precedente, il recente intervento ha consentito di esaminare più approfonditamente la tecnica esecutiva dei due affreschi. In particolar modo, riferisce Adnkronos, quella impiegata da Paolo Uccello. Quest’ultima opera raffigura il condottiero John Hawkwood, noto nella forma italianizzata come Giovanni Acuto. Su di essa sono state effettuate indagini diagnostiche, condotte da Maurizio Seracini. Con l’obiettivo di caratterizzare i materiali, la tecnica pittorica e lo stato di conservazione e di rilevare eventuali pentimenti o modifiche dell’artista. Dal confronto tra la documentazione fotografica del 1954, prima dell’intervento di Dino Dini, e le immagini ricavate dalle indagini diagnostiche odierne, è stato possibile individuare per la prima volta le diffuse mancanze di colore originale. Causate probabilmente dal drastico e traumatico stacco subito dai due cavalieri nel 1842, e le notevoli ridipinture presenti su tutto l’affresco. Sulla figura del cavaliere sono state evidenziate mancanze di colore sulla guancia, intorno alla bocca e all’occhio e una ricostruzione pittorica pressoché totale del mantello e di parte dell’armatura della gamba, oltre che sulla groppa e sulla pancia del destriero. Diffuse ridipinture sono presenti anche sulla testa del cavallo. Stessa sorte per lo sfondo di color rosso, anche lungo i bordi del cenotafio, dove le ridipinture hanno coperto le cadute del colore e dell’intonaco retrostante.
Conservare Firenze
Interessante è anche la novità emersa sulla firma dell’artista (si tratta della prima volta che Paolo Uccello firma una sua opera). Un’iscrizione presente nella metà inferiore del cenotafio: nelle foto del 1954 si leggeva il cognome “Uccelli” mentre oggi appare “Ugielli“. La probabile spiegazione di questo cambiamento va cercata nella totale perdita di tessuto pittorico nella parte centrale della scritta, come dimostrano le immagini a infrarossi in bianco e nero, che ha reso pertanto necessaria la ricostruzione delle lettere mancanti e il restauratore, probabilmente, non conosceva la variante antica. Adnkonos aggiunge che, al pari della scritta celebrativa, anche questa iscrizione è estesamente ridipinta e in buona parte ricoperta da fissativo. Nel XV secolo la città di Firenze volle celebrare la memoria di due grandi condottieri che si erano resi benemeriti della Repubblica. L’inglese John Hawkwood, la cui gloriosa carriera al servizio di vari Stati si era conclusa in riva all’Arno, dov’era morto nel 1394. E il marchigiano Niccolò Mauruzi da Tolentino, capitano dei Fiorentini nella celebre battaglia di San Romano e protagonista delle guerre antiviscontee. Entrambi erano stati sepolti in Duomo. Un onore riservato a pochissimi eroi della patria. Contrariamente a quanto si pensava fino a pochi anni fa, le ossa del capitano britannico, che il governo fiorentino aveva promesso di restituire al re d’Inghilterra Riccardo II, restarono in Santa Maria del Fiore. Come conferma un documento del 1406 nell’Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore (pubblicato nel volume). Trent’anni dopo la sua morte, nel 1436, fu data commissione a Paolo Uccello di eseguirne un cenotafio dipinto a fresco da collocarsi sulla parete della navata nord della Cattedrale.
Capolavori d’arte
Vent’anni più tardi Andrea del Castagno ricevette l’incarico di eseguire un analogo dipinto che, concepito come pendant di quello di Paolo Uccello, esaltasse la figura di Niccolò da Tolentino, le cui spoglie, dopo la morte inflittagli nel 1435 dai milanesi, giacevano nella stessa porzione di Santa Maria del Fiore. Da allora i due affreschi hanno attraversato molteplici vicissitudini, fra cui, soprattutto il complesso distacco dalla parete eseguito nel 1842. Al quale seguirono vari spostamenti all’interno della chiesa e una serie di operazioni di restauro fino al recente intervento di Daniela Dini. I due monumenti si trovano nella parete della navata sinistra della Cattedrale, dove li vediamo oggi ad un’altezza inferiore da quella originale, come si può vedere in un’incisione anteriore allo stacco del 1842 e nella quale si nota come il bordo superiore fosse all’altezza dei capitelli delle colonne. Di dimensioni quasi uguali (il monumento a Giovanni Acuto misura cm 855×527 e 833×512 e quello di Niccolò da Tolentino 833×512), apparentemente simili sono in realtà profondamente diversi.