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Pinocchio in 220 lingue: storia di un successo italiano

Nuovi studi svelano dove è nato il capolavoro: i primi capitoli sono stati scritti proprio a Collodi

Delle avventure di Pinocchio ha persino offerto un celebre commento teologico il cardinale Giacomo Biffi, indimenticato arcivescovo di Bologna e apprezzato scrittore. “Le Avventure di Pinocchio–Storia di un Burattino” venne pubblicato per la prima volta nel 1881. E attualmente registra più di 35 milioni di copie vendute. Il numero di lingue in cui quest’opera italiana è stata tradotta è davvero impressionante: ben 220 lingue. Chi non conosce Pinocchio e le sue avventure? Quando e da chi uno le ha conosciute? Difficile la risposta. Pinocchio fa parte della memoria di tutti. Poche cose sono così radicate nella cultura popolare del nostro come di altri paesi. Ma questo significa che nel rimettersi a leggere, a capire le avventure di Pinocchio, si possono capire le esigenze più profonde di quella umanità che le ha fatte proprie. Le esigenze dell’uomo sono la grande strada per comprendere il suo senso della vita, il suo senso religioso. Questo spiega la nascita di un libro di teologia (“Contro Maestro Ciliegia“) che, capitolo per capitolo, segue le avventure di Pinocchio. La differenza tra burattino e figlio, nolenti o volenti, resta la sintesi del dramma dell’uomo contemporaneo.

Pinocchio
Foto di Marisa Sias da Pixabay

Pinocchio global

I primi capitoli delle Avventure di Pinocchio sarebbero stati scritti a Collodi, la frazione di Pescia (Pistoia) in cui era nata la mamma di Carlo Lorenzini e da cui lo scrittore trasse il proprio pseudonimo. E’ quanto afferma Daniela Marcheschi, presidente dell’Edizione nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini e consigliere della Fondazione Collodi, nel volume “I luoghi del Collodi-I luoghi del Pinocchio. Storia e geografia reali e immaginarie di un capolavoro“. Il libro è stato presentato alla Fondazione Collodi in occasione del 198° anniversario della nascita di Lorenzini. Secondo Marcheschi lo scrittore scelse lo pseudonimo nel 1856 per motivazioni politiche, in polemica con il Granducato di Toscana e con il potere di classi aristocratiche che per il babbo di Pinocchio dovevano essere abbattute da un nuovo Stato italiano e unitario. La prima parte del volume analizza anche i luoghi in cui Collodi ha scritto il suo capolavoro e avanza l’ipotesi – mai proposta finora – che l’autore si trovasse proprio a Collodi nelle settimane in cui videro la luce i primi capitoli di Pinocchio. La morte dello zio Pietro Orzali il 25 ottobre 1880 portò quasi certamente lo scrittore a sostare a Collodi in quel periodo anche per questioni ereditarie. Il luogo dell’infanzia più caro allo scrittore avrebbe dunque ispirato la creazione del celebre burattino.

Pinocchio
Foto di Element5 Digital su Unsplash

La Toscana di Pinocchio

Dove è nato Pinocchio? Pare proprio a Collodi, la piccola frazione del comune di Pescia, in provincia di Pistoia. Questioni ereditarie avrebbero trattenuto lo scrittore Carlo Lorenzini (1826-1890), noto con lo pseudonimo di Carlo Collodi, nel borgo toscano quando videro la luce i primi capitoli del suo celebre romanzo. Lo rivela il libro “I luoghi del Collodi – I luoghi del Pinocchio. Storia e geografia reali e immaginarie di un capolavoro” (Pisa, Edizioni ETS, 2024) della professoressa Daniela Marcheschi, presidente dell’Edizione Nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini e consigliere della Fondazione Nazionale Carlo Collodi. Il nuovo libro offre “una prospettiva rivoluzionaria” sulla vita dello scrittore fiorentino e sulla genesi del suo romanzo più celebre, “Le avventure di Pinocchio”. La prima parte dell’opera, “I luoghi del Collodi”, ripercorre la biografia dell’autore attraverso le città da lui abitate o visitate. La lunga lista di tali città smentisce l’idea, ancora predominante tra molti commentatori e studiosi, che Carlo Collodi fosse restìo a viaggiare e abbarbicato nella sua Firenze. Tutt’altro. Lo scrittore-giornalista è stato un acuto osservatore del suo tempo anche e soprattutto grazie ai viaggi che ha compiuto e in virtù dei quali ha potuto vedere con i propri occhi le condizioni sociali, politiche e culturali, spesso problematiche, dell’Italia pre- e post-unitaria. Senza dimenticare che tutto lascia pensare che Collodi abbia visitato anche città straniere quali Vienna e Parigi.

Orwell
Foto di Mikhail Pavstyuk su Unsplash

I luoghi di un capolavoro

Tra i luoghi d’elezione per l’autore vi fu naturalmente Collodi, il borgo nel comune di Pescia da cui egli trasse il proprio pseudonimo. Secondo l’opinione corrente, per omaggiare la madre che di lì era originaria. L’affetto dello scrittore per la madre è indubbio e Marcheschi offre una lettura nuova e sorprendente della scelta dello pseudonimo Collodi. Lo scrittore la fece nel 1856 in polemica con il Granducato di Toscana, e dunque con lo strapotere politico di classi aristocratiche arroganti e illiberali, che a suo modo di vedere dovevano essere abbattute da un nuovo stato italiano e unitario. La decisione di chiamarsi Collodi fu, insomma, dettata soprattutto da motivazioni politiche. Certificava una opposizione al vecchio Granducato a cui l’autore si sentiva sempre più estraneo. Ed era però anche il ribadire una condizione di marginalità che doveva essere salvaguardata per essere sempre più libero come scrittore e giornalista. La prima parte del volume analizza anche i luoghi in cui Collodi ha scritto il suo capolavoro ed avanza, tra l’altro, l’ipotesi – mai proposta fino ad ora – che l’autore si trovasse proprio a Collodi nelle settimane in cui videro la luce i primi capitoli del Pinocchio: la morte dello zio Pietro Orzali il 25 ottobre 1880 infatti portò quasi certamente lo scrittore a sostare a Collodi in quel periodo, anche per le questioni ereditarie che, in quanto primogenito, lo riguardavano in prima persona. Il luogo dell’infanzia più caro allo scrittore avrebbe dunque ispirato la creazione del burattino-ciuchino-bambino Pinocchio.

Pinocchio
Foto di Ed Robertson su Unsplash

Visione originale

La seconda parte del volume, “I luoghi del Pinocchio”, esamina numerosi dati, anche inediti, per dimostrare che Collodi prese spunto da una molteplicità di influssi, reinventandoli nel definire il paesaggio del suo Pinocchio: un paesaggio stilizzato, per i pochi tratti con cui è descritto; realistico, per la capacità che i luoghi del romanzo hanno comunque di evocare la Toscana dei macchiaioli e la Collodi dell’infanzia, ma anche il mare di Viareggio e Livorno e le feste di Firenze in epoca granducale; ed un paesaggio, infine, anche fantastico, per gli innumerevoli rimandi alla favola, alla fiaba, alla Commedia dell’Arte, al coevo teatro, agli spettacoli di burattini e marionette, al melodramma e all’opera buffa, al romanzo d’avventure, al romanzo storico, ai poemi cavallereschi o all’immancabile Commedia di Dante. Il presidente della Fondazione Nazionale Carlo Collodi, Pier Francesco Bernacchi, sottolinea come “si tratta di un libro di agile lettura, sono circa 150 pagine, ricco di dati e assai ben documentato certamente un motivo di orgoglio per la Fondazione Nazionale Carlo Collodi, perché offre una visione originale e inedita sulla vita dello scrittore e sulla nascita del suo capolavoro”

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