Minoranze cristiane nel mirino: otto delle dieci nazioni in testa alla classifica delle persecuzioni anti-cristiane sono paesi musulmani. Sono 137 milioni le donne adulte e 59 milioni le minori di 15 anni che nel mondo subiscono almeno un livello alto di discriminazione e persecuzione a causa della loro fede cristiana. A certificarlo sono i dati della World Watch List 2025 di Porte Aperte/Open Doors. Ciò significa che circa 196 milioni di cristiane nel mondo soffrono per un fenomeno multiforme. E cioè i matrimoni forzati, la violenza sessuale, la violenza fisica e psicologica. Fino ai terribili rapimenti a scopo di riscatto o per alimentare il lucroso business della tratta degli esseri umani e quindi la riduzione a schiavitù. Tutti questi sono i cosiddetti punti di pressione della persecuzione religiosa specifica di genere. Essa si presentano come sottili filamenti di una ragnatela che intrappola nel terrore, nella minaccia e nella violenza la vita di milioni di donne nel mondo. Open Doors sottolinea la difficoltà di raccogliere dati su questi fenomeni dovuti all’omertà e alla cultura della vergogna/onore tipiche di certe culture, che condannano le donne a subire in silenzio e non denunciare mai i reati subiti. Anche per la diffusa e venefica impunità che spesso ammanta chi perpetra questi crimini. “Ciò che denunciamo dunque è la punta di un iceberg di un fenomeno assai più massivo e permeante“, spiegano i volontari di Porte Aperte.

Sos minoranze cristiane
Nei primi 50 paesi della World Watch List (WWL) di Porte Aperte, il matrimonio forzato è riportato dall’84% dei paesi, la violenza sessuale dall’82% dei paesi, la violenza fisica dal 72% dei paesi, la segregazione in casa dal 62% dei paesi, mentre la violenza psicologica dal 62% dei paesi. Colpire la donna per colpire la comunità, dunque. Osserva Open Doors: “Secondo le nostre ricerche relative all’anno scorso, i matrimoni forzati salgono da 609 a 821 casi denunciati, un nulla rispetto alla realtà del fenomeno. Pakistan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, India e Nigeria, sono i paesi dove questa pratica distrugge di più la vita delle donne, spesso minorenni, e altrettanto spesso il matrimonio forzato è strettamente connesso a un rapimento. Quindi si rapiscono ragazze cristiane forzandole a sposare un uomo musulmano o il membro di un particolare gruppo estremista, anche per indebolire e spaventare l’intera comunità cristiana dell’area”. Lo stupro come arma di guerra, dunque. Donne e ragazze sperimentano la persecuzione nella sfera privata, spesso proprio dentro le mura di casa e proprio da parte di coloro che conoscono bene. In particolar modo, nei contesti di insicurezza, la violenza sessuale viene utilizzata come una vera e propria “strategia di guerra”, perpetrata con lo scopo ultimo di punire ed umiliare le comunità sotto attacco. Allo stesso tempo, però, può essere riscontrata anche nell’ambiente domestico, in quanto i conflitti violenti possono portare a una visione sempre più normalizzata della violenza. Se questo può colpire le donne in generale, è altrettanto fattuale che le donne cristiane risultino doppiamente vulnerabili, soprattutto nei casi di conversione al cristianesimo, dunque di donne che abbracciano una fede (quella cristiana) diversa da quella dei familiari o della società che le circonda.

Cristiane perseguitate
Secondo i dati della WWL 2025, esclusi i matrimoni forzati, sono almeno 3.123 le vittime cristiane di violenza sessuale, con la Nigeria scenario principale di questi abusi. Ma anche la Siria, il Pakistan, il Myanmar e una sequela di nazioni dell’Africa Subsahariana, regione dove lo stupro viene maggiormente utilizzato come arma di guerra. La persecuzione di donne e ragazze cristiane, infatti, mira a renderle oggetti sessuali e portatrici di vergogna. In diverse regioni del mondo la violenza sessuale, i matrimoni forzati e il traffico di esseri umani opprimono donne e ragazze cristiane, diventando spesso mezzi per punire e disonorare famiglie e comunità cristiane. Diffusamente considerate di valore inferiore, le donne vengono colpite nella loro capacità di procreare e nell’idea di purezza sessuale. Come si diceva, esse sono ulteriormente vulnerabili ad essere rapite e vendute come spose, in particolare nei paesi asiatici o a diventare schiave sessuali di gruppi estremisti in Africa, considerate da questi ultimi come trofei di guerra in grado di generare futuri combattenti. I contesti insicuri aumentano violenza contro le donne. L’insicurezza, proveniente da fenomeni come disastri naturali, conflitti interni, instabilità politica e deficit economico, può incitare nuove forme di violenza, arrivando a forme di “insicurezza violenta”, così come esacerbare pattern violenti già esistenti, come gli spostamenti forzati e, di conseguenza, plasmare il modo in cui le persone vengono perseguitate in situazioni di instabilità. In queste situazioni i cristiani emarginati, in particolar modo le donne, sono ancora più vulnerabili e divengono i soggetti sui quali si riversa l’insicurezza violenta.

Libertà negate
Afferma Porte Aperte: “Vale la pena ripeterlo, le violenze sono assai maggiori in numeri e impatto: oltre 54.000 casi registrati di cristiani aggrediti fisicamente e mentalmente con botte e minacce di morte a causa della loro fede cristiana, di cui una grossa fetta sono donne (e non rientrano nei succitati casi di violenza sessuale). Oltre 28.000 case, negozi di cristiani saccheggiati, bruciati, distrutti o confiscati, un fenomeno che alimenta l’indigenza, la povertà e il terrore di intere famiglie, dove donne e bambine sono una componente essenziale. Inevitabile per molti fuggire ed alimentare i movimenti di sfollati interni o profughi nei paesi più o meno vicini“. Prosegue Open Doors: “Segnaliamo almeno 16,2 milioni di sfollati cristiani nella sola Africa Subsahariana. Nei campi profughi, spesso improvvisati o con scarse risorse, registriamo molti casi di violenze contro le donne cristiane, spesso forzate al rapporto per poter avere in cambio la razione di soccorsi. Emblematica la storia di Jorina che racconta: “Mi hanno costretta a spogliarmi”. Jorina (pseudonimo), nel nord del Bangladesh, si è convertita al cristianesimo insieme al marito alcuni anni fa. Da quel momento la coppia ha ricevuto minacce di morte e i due figli sono stati presi di mira a causa delle fede. Ma c’è un giorno specifico che Jorina ricorda come uno dei più dolorosi della sua vita. 15 donne del villaggio l’avevano invitata in casa di una di loro e lei ci andò inconsapevole che si trattasse di un inganno. “Volevano cercare un marchio sul mio corpo, un segno che fossi cristiana”, racconta tra le lacrime. Una falsa credenza locale racconta che i cristiani abbiano un marchio letteralmente impresso sul proprio corpo. “Mi hanno costretta a spogliarmi davanti a loro e hanno iniziato a cercare ovunque sul mio corpo. È stato profondamente umiliante. Ho pianto molto in quella stanza”.

Storia di Jorina
In paesi come il Bangladesh, dove la cultura è fortemente incentrata sulla comunità, c’è una potente arma segreta di persecuzione: la vergogna. Quando le donne del villaggio hanno fatto spogliare Jorina e l’hanno pubblicamente umiliata, sapevano bene che questo le avrebbe causato una duratura e profonda sofferenza. Per molto tempo, Jorina non è riuscita a parlare con nessuno dell’incidente, ma ha poi deciso di affrontarlo. Ha completato un programma di Porte Aperte/Open Doors chiamato Ananna, che significa donne uniche e desidera garantire che ogni donna perseguitata per la sua fede e il suo genere si senta valorizzata e in grado di raggiungere il suo potenziale. Oggi è Jorina stessa a condurre questa formazione per le donne locali.