Al principio della gratuità e alla logica del dono ha dedicato numerosi studi l’economista Stefano Zamagni, Allievo e collaboratore del Servo di Dio don Oreste Benzi. Membro della consulta scientifica del “Cortile dei Gentili”. E fino allo scorso anno presidente della Pontificia accademia delle Scienze Sociali. “La donazione è un oggetto, è quello che nel linguaggio comune si chiama regalo- spiega il professor Zamagni-. Se io ti regalo un oggetto, ho fatto una donazione a te. Il dono invece non è un oggetto, ma è prima di tutto una relazione interpersonale. Cioè con il dono un soggetto vuole entrare in relazione con un altro. In questa relazione, poi, ci può essere anche il trasferimento di un oggetto. Ad esempio se vedo che hai fame io ti do da mangiare. Ma l’oggetto, il dare da mangiare, viene successivamente al riconoscimento della tua identità“. In tal senso l’esempio più chiaro è quello di san Francesco d’Assisi che, prima della conversione, era un imprenditore molto ricco e molto bravo nel suo lavoro. “Prima della conversione egli faceva donazioni, perché non era un egoista. Ma le faceva fare dai suoi servi, ai quali diceva di portare il cibo ai lebbrosi – evidenzia l’economista-. Quindi, se dovessimo usare una terminologia moderna, diremmo che in quella fase della vita lui era un filantropo. Il filantropo, infatti, è colui che fa donazioni. Quando si è convertito, il primo gesto che ha fatto, dopo la spoliazione, è stato andare dal lebbroso lui personalmente, abbracciarlo, baciarlo e mangiare insieme a lui nella sua scodella. Quindi gli ha sì portato del cibo, ma lo ha fatto in una forma del tutto diversa da prima, in una forma relazionale“.
Cultura del dono
“La cultura del dono nelle nostre società, soprattutto quelle occidentali, cioè quelle del capitalismo avanzato, è stata letteralmente espulsa, eliminata dai testi, dall’insegnamento
scolastico e in generale dalla vita pubblica negli ultimi decenni- osserva Zamagni-. Questo è accaduto non a caso, ma è un’operazione culturale molto raffinata. Il fatto è che il modello di economia capitalistica non può andare a braccetto con il principio del dono. Nella logica capitalistica, infatti, è possibile la donazione, ma non il dono”. Secondo gli ultimi dati del Comitato Testamento Solidale, 6,3 milioni di italiani hanno un’attitudine positiva verso il lascito solidale e mezzo milione di over 50 lo ha già predisposto. Ma in Italia resta forte la ritrosia verso l’idea di fare testamento, in generale. “Una forma di esorcizzazione del pensiero della morte, ma negli ultimi 10 anni l’opera di informazione del Comitato ha lasciato il segno”. Il testamento solidale è un dono? È la riflessione che il Comitato Testamento Solidale ha proposto prima delle feste natalizie e della grande corsa agli acquisti. “Il testamento solidale è un dono che alimenta e rafforza il legame sociale“, sottolinea l’antropologo Paolo Apolito, che sul tema ha collaborato con il comitato in occasione della presentazione dell’ultima ricerca su “Valori, donazioni e lasciti solidali” realizzata da Walden Lab-Eumetra.
Relazioni sociali
Dal “Saggio sul dono” che Marcel Mauss pubblicò negli anni Venti del Novecento, gli antropologi hanno a lungo discusso e ridiscusso sul tema del dono. Tenendo sempre presente che il dono è un produttore di relazioni sociali, poiché richiama contraccambio e implica reciprocità. In altre parole il dono è inserito in una dinamica fruttuosa di scambio sociale. C’è la sua forma simmetrica e quella asimmetrica, esso può prevedere equilibrio, ma anche disequilibrio come forma simbolica di conflitto. In generale il dono non è mai del tutto un dono, conserva sempre la sua “coda” di ritorno a casa, ritorno al donatore. Persino il dono totalmente gratuito, quello in cui il donatore non si aspetta niente in cambio, ha un suo ritorno-a-casa, poiché, come sottolinea il filosofo francese Jacques Derrida, l’autogratificazione del donatore è di per sé annullamento della gratuità totale. E non è un male, nel caso del testamento solidale: un sentimento “finale” positivo di sé e per gli altri. La ricerca è stata condotta lo scorso giugno su un campione rappresentativo di italiani over 25. Emerge che in Italia, fare testamento resta un tema lontano per la maggioranza. Nel 2024, 7 italiani su 10 non lo considerano, e la quota di coloro che sono contrari è stabile al 71% (contro il 72% nel 2023). Rimane anche invariato il 18% che ha già fatto testamento o intende farlo (era il 19% nel 2023). Il primo motivo per non fare testamento è la volontà che i beni vadano esclusivamente e in via diretta agli eredi legittimi (44%).
Consapevolezza del dono
Tuttavia, la consapevolezza riguardo al lascito solidale è in aumento, con una crescita di 12 punti percentuali negli ultimi cinque anni. Nel 2024, l’84% degli over 50 sa cos’è un lascito testamentario a favore di cause benefiche (rispetto all’82% nel 2023, il 79% nel 2022, il 73% nel 2021 e il 72% nel 2020). Attualmente, 6,3 milioni di italiani (ossia il 24% degli over 50) hanno un’attitudine positiva verso il lascito solidale. In particolare, il 2%, pari a oltre mezzo milione di persone, ha già inserito un lascito nel proprio testamento. Mentre la percentuale di chi è aperto a questa possibilità è salita dal 19% al 22%, coinvolgendo oltre 5,7 milioni di persone. Per il restante campione, il 30% è indeciso (35% nel 2023) e il 46% è sfavorevole (44% nel 2023). Quali dubbi o preoccupazioni potrebbero frenare nella decisione di fare un lascito testamentario a una organizzazione non profit? In primo luogo, il timore di sottrarre risorse al futuro degli eredi e il desiderio di dare loro più solidità possibile (37%) e la preoccupazione per la precarietà lavorativa di figli e nipoti (28%). Come ricorda Rossano Bartoli, portavoce del Comitato Testamento Solidale e presidente della Lega del Filo d’Oro, “il Comitato Testamento Solidale negli ultimi undici anni ha accompagnato l’opinione pubblica in un percorso di conoscenza e consapevolezza sul lascito solidale. Oggi ne vediamo i frutti. Siamo consapevoli che il lascito solidale continua ad essere scelto solo da una minoranza di italiani. Tanti italiani in più rispetto al passato, però, ora sanno che esiste questa forma di solidarietà. Il lavoro da compiere è ancora tanto, il nostro impegno continua”.
Testamento solidale
“Sembrerebbe dai dati che sia ancora diffusa tra gli italiani l’idea che il lascito solidale toglierebbe qualcosa ai propri eredi diretti. Ma bisogna osservare che prima ancora che per il testamento solidale, è per il proprio testamento in generale che sembrano affiorare consistenti perplessità, dubbi, persino ostilità. – ricorda il professor Apolito – Allora, la preclusione verso il testamento solidale perché sottrarrebbe risorse ai propri familiari, potrebbe essere una copertura di una sorta di tabù del pensiero della propria morte. Cioè che non fare testamento sarebbe una forma elementare di esorcizzazione della morte. È un sospetto credibile, senza dubbio. Però io vorrei anche far presente che sono solo dieci anni circa che è nato il Comitato Testamento Solidale e che in dieci anni ha fatto passi da gigante nella percezione degli italiani. Il testamento solidale è poco agito dagli italiani anche perché è poco noto, e ogni anno si aggiunge tassello a tassello grazie alla penetrazione della comunicazione, che ha bisogno di tempo per intervenire nei vissuti valoriali degli italiani”. Il Comitato Testamento Solidale, nato nel 2013 per opera di 6 Organizzazioni promotrici, è impegnato da oltre un decennio nel coinvolgimento del mondo del Non Profit in importanti attività di studio del settore, di informazione e di sensibilizzazione. Attualmente il Comitato conta 28 associazioni aderenti. Accedendo al sito www.testamentosolidale.org è possibile avere un’esaustiva panoramica sui progetti e le iniziative realizzate dalle associazioni non profit che aderiscono al Comitato Testamento Solidale e scaricare la Guida ai lasciti solidali che offre informazioni ampie e dettagliate sull’argomento.