Cinema e giornalismo: un connubio secolare. Massima fonte di ispirazione è il capolavoro degli anni quaranta di Orson Welles “Quarto potere”, in cui il regista si fece precursore del rapporto tra mass media e settima arte. Da allora cineasti e giornalisti si sono interrogati sempre sull’ambiguo rapporto tra verità e finzione, fra realtà e apparenza. Si tratta di una vera e propria masterclass tenuta quella tenuta da Ivan Scinardo della durata di due ore. Racconta un secolo di film dedicati alla professione giornalistica. Un percorso che parte dal presente con le più importanti piattaforme digitali on demand (Netflix e Prime video). Con uno sguardo al futuro del cinema e delle sale di proiezione. Dalle ultime uscite si va indietro negli anni per arrivare alla fine del secolo scorso in cui nascono in contemporanea a New York il cinema e lo Story Journalism. Ossia il giornalismo popolare. Numerosi i giornalisti passati al cinema come soggettisti, sceneggiatori e qualche volta anche registi. “Cinema e giornalismo rappresentano due strumenti fondamentali attraverso i quali si realizza il bisogno della narrazione, perché entrambi raccontano storie, costruendo processi immaginari- spiega Ivan Scinardo-. La narrazione, quindi è l’essenza stessa di questi due mezzi, di questi due linguaggi, di queste due chiavi interpretative della realtà“. Attraverso la visione di frammenti di film noti e non.
Connubio conflittuale
Vengono rappresentati reporter senza scrupoli e spietati, direttori ed editori cinici. Ma anche operatori dell’informazione al servizio esclusivo della collettività, alla ricerca della verità sempre e comunque, pagando talvolta anche con la vita. Dalle clip proposte da Scinardo emerge un rapporto tra cinema e giornalismo conflittuale e simbiotico nello stesso tempo. L’attenzione viene focalizzata su film di strettissima attualità o fatti storici rivisitati. In particolare viene preso in considerazione il genere del “Doc movie”, all’interno del quale il cinema diventa giornalismo e il giornalismo si fa cinema. Oltre 50 filmati, della durata massima di 5 minuti, segnano un secolo di storia di giornalismo di inchiesta con sceneggiature e storie che hanno accompagnato i percorsi di crescita professionale di migliaia di giornalisti. “È la stampa bellezza e tu non ci puoi far niente”. La frase pronunciata da Humphrey Bogart, nella parte del Ed Hutchinson, incrollabile caporedattore in “L’ultima minaccia” diretto da Richard Brooks nel 1952, mentre la rotativa si mette in moto imprimendo in modo inesorabile l’inchiostro sulla carta, è forse il più grande omaggio che il cinema abbia fatto al giornalismo. Quando nelle redazioni il suono del ticchettio delle macchine da scrivere era una sinfonia intonata dai cronisti a lavoro per scrivere gli articoli da mandare in tipografia. Dove il quotidiano si componeva con le singole lettere di piombo che il proto prelevava a grande velocità da un contenitore, diviso in singole caselle per ordine alfabetico.
Vasto panorama
Erano altri tempi la cui storia è raccontata da Ivan Scinardo nel libro Cinema#giornalismo. Immaginario e narrazione (40due edizioni, 352 pagine). “Questo saggio rappresenta una vera e propria bussola per chi vuole conoscere il vasto panorama di film che, in un secolo di storia, hanno visto protagonisti giornalisti, editori, comunicatori in genere. Duecentocinquanta titoli, costituiscono la filmografia di riferimento, con la citazione di oltre 800 nomi di registi, attori, sceneggiatori, giornalisti. Rimangono da censire tanti film minori e chissà potrebbero trovare posto in una prosecuzione di questo lavoro. Le schede illustrate privilegiano un taglio narrativo”, afferma Scinardo, giornalista professionista e direttore della sede siciliana del centro sperimentale di cinematografia. Sfogliando le pagine della pubblicazione scorrono, come in una sequenza cinematografica in maniera diacronica, le varie schede delle pellicole dal 1914 al 2020. Dal famoso Quarto Potere al più recente The Post, sino a Tutti gli uomini del presidente a The French Dispatch ad Avvenne domani del 1946, diretto da René Clair, con Dick Powell e Linda Darnell che racconta la storia immaginaria di un cronista senza fortuna che riceve da un vecchio archivista del giornale le notizie del giorno dopo. Riesce così a salvare la donna che ama da un incidente, ma viene posto davanti una difficile scelta quando legge la notizia della propria morte. E ancora nel libro analisi e trame di tante altre pellicole di denuncia sociale e contro le mafie e la corruzione.
Dinamismo
Con la mente rivolta alle parole pronunciate da Papa Francesco, nel discorso per l’incontro in Sala Nervi con i partecipanti al Giubileo del Mondo della Comunicazione. “Quando raccontate il male, lasciate spazio alla possibilità di ricucire ciò che è strappato, al dinamismo di bene che può riparare ciò che è rotto. Seminate interrogativi”, ha suggerito il Pontefice. “L’uno e l’altro mondo, il cinema e il giornalismo si ritrovano oggi perfino nella stessa piattaforma – scrive nella prefazione al volume Pietrangelo Buttafuoco – quella del web audiovisivo e le tecniche, lo storytelling e il dramma rappresentano solo l’impasto di una partita degna di Giano, il dio delle due facce. Da un lato la vita come va, dall’altro come la si trasfigura“. Un’analisi quella contenuta in questo volume che ora l’autore sta già aggiornando con altri titoli. “E’ la cronaca bellezza”.
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