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La morte amara di Noa

ā€œAbbiamo sbagliato a liberalizzarla: ĆØ nata una cultura di morteā€. CosƬ in unā€™intervista a La VeritĆ  professava un mea culpa Theo Boer, ex membro dellā€™autoritĆ  di vigilanza in Olanda, a proposito di eutanasia, che nel suo Paese ĆØ legale dal 2002. Si diceva che il ricorso alla cosiddetta ā€œdolce morteā€ sarebbe avvenuto solo in casi di ā€œsofferenza insopportabileā€ legata alla malattia terminale, ma il piano si ĆØ inclinato sempre piĆ¹ fino a far diventare la morte unā€™opzione alla portata di chiunque, anche se depresso, la desideri.

La vicenda

Lā€™ultimo caso che riaccende il dibattito ĆØ quello di Noa Pothoven, una ragazza olandese 17enne, dunque minore, che dopo una lunga battaglia avrebbe ottenuto lā€™eutanasia. La giovane sarebbe morta domenica scorsa, in casa,Ā con lā€™assistenza medica fornita da una clinica specializzata. La sua ĆØ una storia tragica, come riportano i media nazionali: violentata allā€™etĆ  di 11 anni, ha continuato a vivere con enormi disagi psichici, soffriva di stress post-tramuatico e di anoressia. Aveva annunciato lā€™epilogo lei stessa, pochi giorni prima di farla finita, su Instagram, invitando i suoi follower a non cercare di dissuaderla. ā€œIn questo caso, amare ĆØ lasciare andareā€, il suo messaggio. La 17enne aveva spiegato che ā€œforse sarĆ  una sorpresa per alcuni, visti i miei post sul ricovero, ma il piano ĆØ nella mia testa da tanto tempo e non ĆØ una scelta impulsiva. Vado dritta al punto: entro dieci giorni al massimo, morirĆ². Dopo anni di battaglie, sono prosciugata. Ho smesso di mangiare e bere da un poā€™ ormai, e dopo molte discussioni e valutazioni, ĆØ stato deciso di lasciarmi andare perchĆ© le mie sofferenze sono insopportabiliā€. Noa aveva deciso di esprimere le sue sofferenze in un libro intitolato ā€œWinning or Learningā€ (vincendo o imparando), lā€™intento era aiutare altri giovani in condizioni di vulnerabilitĆ  ed invitare lā€™Olanda ad offrire loro maggior sostegno fisico e psicologico.

I numeri del fenomeno

Un maggior sostegno psicologico, forse, servirebbe anche a limitare i ricorsi allā€™eutanasia nel Paese dei tulipani: su 6.126 casi nel 2018 – rivela La Bussola Quotidianaā€œquasi 70 persone hanno ottenuto lā€™eutanasia non solo pur non essendo malate terminali, ma anche non soffrendo di alcuna patologia che non fosse relativa a condizioni psichiatricheā€. La questione interroga le coscienze di molti esperti ed addetti ai lavori, anche di alcuni inizialmente favorevoli allā€™eutanasia. ƈ il caso della dott.ssa Berna van Baarsen, riportato da Notizie ProVita. Medico bioeticista e membro del comitato etico di supervisione sullā€™applicazione della legge sullā€™eutanasia, si ĆØ dimessa dal suo incarico nel gennaio scorso ritenendo che si sia superato il limite. DimissioniĀ piĆ¹ che comprensibili,Ā se si considera –Ā come ha fatto un articolo del Guardian – che in Olanda nel 2017, oltre ai 6.585 casi di eutanasia, si sono suicidate 1.900 persone, altre 32mila sono arrivate alla morte con sedazione terminale molto anticipata, cosƬ che un quarto di tutte le morti nel Paese (150mila circa) sono state indotte dallā€™uomo stesso. Forse la riflessione di Theo Boer sulla cultura di morte che si ĆØ diffusa non ĆØ poi cosƬ peregrina. E di numeri, all'Adnkronos, ha parlato anche Alberto Gambino, presidente di Scienza e Vita: “Accanto a morti per incidenti, tumori, c'ĆØ fetta di morti, circa un 5%, legata all' eutanasia”. Sul caso olandese, ha detto, “si tratta di un tema di sistema. In quelle legislazioni come l'Olanda in cui si era partiti da idea che davanti a patologie insopportabili si potesse in qualche modo aiutare a morire le persone, oggi ci ritroviamo davanti ad una prospettiva dilagante”.

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