Il presente nella scrittura. Saggi, romanzi, narrativa: la lettura come viaggio dentro di noi. Il ministero dell’università e della ricerca (Mur) è il dicastero che si occupa dell’ amministrazione degli atenei e della ricerca scientifica e tecnologica. “La penna che corre sul foglio è un suono leggero, la musica del nostro pensiero. Leggere un libro di carta coinvolge tutto di noi. Il progresso deve aggiungere non togliere. Il computer è uno strumento che ci permette una scrittura senza cancellature, così facciamo finta di far sparire le nostre incertezze. Ma i nostri errori e i nostri dubbi sono parte di noi. Prendiamo appunti”, afferma il ministro dell’Università e della Ricerca. Anna Maria Bernini ha inviato un videomessaggio alla presentazione a Torino dell’Osservatorio Carta, Penna & Digitale della Fondazione Luigi Einaudi. Il ministero partecipa alla campagna di sensibilizzazione della scrittura a mano e della lettura su carta promossa dalla Fondazione Einaudi. Non una battaglia di retroguardia, tutt’altro. Con l’obiettivo di trovare il giusto equilibrio tra gli strumenti tradizionali e il “nuovo”, l’evento, organizzato in collaborazione con l’Unione Industriali di Torino, ha rappresentato un momento di approfondito confronto su base scientifica. Al centro della riflessione le conseguenze che determina l’abuso di tecnologia digitale nei processi di apprendimento e sulla struttura cerebrale dei più giovani. Insieme al segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini, a dar vita al dibattito c’erano lo scrittore Francesco Filippi, la grafologa Maria Teresa Morasso e il neuroscienziato Manfred Spitzer.
Competenze
Spitzer, autore tra gli altri dei libri “Demenza digitale” e “Solitudine digital”, ha spiegato che “oggi disponiamo di un’evidenza incontestabile sul legame fra l’uso eccessivo delle tecnologie digitali, con gli smartphone in testa. E una serie di patologie che vanno dalla depressione propriamente intesa agli stati d’ansia. Dall’insonnia ai disturbi alimentari. Ovunque nel mondo si sia applicata la tecnologia digitale al mondo della scuola i risultati sono stati fallimentari: calo delle competenze degli studenti, enorme esborso di denaro pubblico“. Per il neuroscienziato, “bisogna aver studiato molto, prima di adoperare la rete in modo efficace”, e per studio, sottolinea, “intendo quello sui libri di carta, corredato da appunti presi a mano. Perché la scrittura tradizionale favorisce il processo di memorizzazione molto più di quella sulla tastiera“. Anche su questo, assicura, “disponiamo di dati incontestabili”. “Siamo onorati, ma non stupiti, del fatto che le più importanti istituzioni culturali, associazioni e aziende del settore abbiano aderito all’Osservatorio Carta, Penna & Digitale”, ha detto il segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini. E ha aggiunto: “Non siamo stupiti perché certi che a nessuna persona avveduta e responsabile possa sfuggire la valenza sociale e civile di questa battaglia in difesa della scrittura a mano e della lettura su carta. Una battaglia in favore dei giovani. Affinché, come auspicava Luigi Einaudi, ciascuno di loro possa sviluppare al massimo le proprie potenzialità, diventare un uomo libero e dare infine corpo ad una classe dirigente competente e consapevole”.
Presente “fuggente”
La scrittura come chiave di lettura del presente. “Non leggiamo e scriviamo perché è carino ma perché siamo membri della razza umana“. Questa frase pronunciata da Robin Williams nel film “L’attimo fuggente” racchiude nel migliore dei modi il lavoro di Marco Demurtas, un pedagogista ed educatore socio-sanitario con il pallino dell’arte: “Sono convinto -spiega- che la creatività sia il passe-partout per aprire le stanze del passato. Un lavoro introspettivo il suo che, attraverso uno spettacolo o un film, può avere un valore curativo per chi lo propone ma anche per chi ne usufruisce”. Demurtas, che, fra le altre cose, ha diretto il film “Buon Lavoro” con l’attore Giancarlo Giannini e vari suoi allievi, con problematiche di disagio e disabilità, ha studiato sceneggiatura e didattica del cinema alle scuole “Omero” e “Sentieri Selvaggi” e scrittura creativa alla scuola Holden: “Ho compreso -afferma- che intervenire sui vissuti sia per me un dovere”. Ideatore dello show letterario Juliovernia, basato sui principi della pedagogia della memoria, presentato per la prima volta al Salone del libro di Torino, Demurtas ha trasformato quell’esperienza in un libro pubblicato dalla Catartica edizioni. “Un titolo non casuale – evidenzia-. Jules Verne è stato il primo a intraprendere un viaggio nel tempo, raccontando un mondo che, solo in apparenza, era immaginario. Il mio non è solo un libro di racconti, ma un’avventura dentro la mia vita. Sono piccole storie nate dai miei pensieri, ricordi e paure”. Il filosofo Duccio Demetrio proprio attraverso la pedagogia della memoria dimostra quanto sia importante tornare indietro nel tempo per cercare la propria identità. “Questo viaggio analitico non è solo un esercizio di immersione, ma anche un gesto d’amore verso la vita- sottolinea Demurtas-. Un atto di leggerezza romantica“.
Pedagogia della memoria
Prosegue Demurtas: “Le figure della nostra memoria sono come ombre cinesi che, se evocate attraverso l’espressività, escono dall’oblio, trasformandosi in vivide immagini technicolor”. Juliovernia, a metà strada tra il manuale sulla salute interiore e il libro di racconti, propone al lettore un’originale analisi intima e psicologica. Al termine di ogni brano vengono suggeriti degli esercizi pratici per chi desideri lavorare su sé stesso, partendo dalle percezioni personali e creare delle proprie storie. “Dentro ognuno di noi -conclude Demurtas- c’è un piccolo Jules Verne che scalpita. Occorre però farlo emergere e l’unico modo perché ciò possa accadere è scavare dentro se stessi alla ricerca del proprio io. L’arte, cinema, teatro o scrittura che sia, stimola il raggiungimento di questo obiettivo. Trasformando di fatto il passato, il proprio passato, in un presente finalmente consapevole“.