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La guerra contro i papà

Sempre più spesso le persone in coda nelle mense della Caritas o in fila per un pacco alimentare, hanno il volto consunto dal dolore della lontananza dai propri figli. Non solo immigrati, la condizione di indigenza colpisce numerosi uomini italiani che portano il peso di essere “papà separati”.

La separazione dalla moglie e il mantenimento dei figli ha gettato sul lastrico un esercito di padri. Quando il matrimonio fallisce, la situazione precipita. Sono migliaia gli uomini che in Italia, a seguito di un divorzio o una separazione, si ritrovano a vivere di stenti, senza nemmeno avere un tetto sopra la testa.

I numeri e le conseguenze

I dati Istat parlano chiaro: nel 2015 l’aumento degli scioglimenti delle unioni è stato del 57% rispetto all’anno precedente. Oltre 82mila coppie hanno divorziato e più di 91mila si sono separate. L’approvazione del “divorzio breve” ha sicuramente incrementato le distruzioni di nuclei familiari.

Situazioni che, oltre alla povertà materiale, portano con sé la recisione del legame affettivo con i figli. A pagarne il tributo sono nel 94,1% dei casi i padri, obbligati in aula di tribunale a versare gli assegni di mantenimento. E costretti, nel 60% dei casi, a cedere l’abitazione alla moglie, dato che arriva al 69% quando la madre ha almeno un figlio minorenne.

Le speranze della legge disattese

Una tendenza sfavorevole nei confronti degli uomini che non è cambiata, nonostante nel 2006 sia stata approvata la legge 54, per cui il giudice è tenuto ad effettuare l’affido condiviso in via prioritaria rispetto all’affidamento esclusivo a uno dei due genitori.

“A dodici anni da quella legge concettualmente positiva – spiega Massimiliano Gobbi, coordinatore nazionale di Adiantum (Associazione nazionale per la tutela dei minori) – il quadro è rimasto pressoché immutato”. Gobbi, papà separato, ritiene che “la discrezionalità dei giudici fa sì che la legge rimanga troppo spesso lettera morta”.

È così che ai figli viene negato il diritto a godere dell’affetto di entrambi i genitori, benché disuniti. “Che questa legge non venga applicata – afferma Gobbi – lo dimostra il fatto che nel 2015 il Miur abbia diffuso una circolare ai dirigenti scolastici per ribadire il diritto del bambino alla bigenitorialità, ossia a ricevere cure, educazione ed istruzione da entrambi i genitori”.

Il “pregiudizio culturale” negativo verso gli uomini

Ma da che deriva quella che Gobbi non esita a chiamare una “discriminazione” nei confronti dei papà? Egli parla di “un pregiudizio culturale” secondo cui l’uomo è ritenuto il colpevole per antonomasia di ogni frattura all’interno della coppia. E l’idea per cui l’uomo sia una sorta di cerbero da cui la donna, sesso debole, deve essere difesa, in tempi di allarmi mediatici sulle “violenze di genere” è lungi dall’essere superata.

A rimetterci, tuttavia, sono non gli aguzzini, ma l’esercito di nuovi poveri che rispondono al nome di papà separati. Gobbi ci tiene a togliere il velo su un’altra grave realtà, quella delle false accuse da parte delle madri nei confronti dei papà separati. “Come evidenziato da uno studio, nel 92,4% dei casi l’accusato risulta poi innocente”, osserva. È un fenomeno criminoso, che usano troppe donne – spiega – “per estromettere il padre dalla vita dei figli”.

Condizioni insostenibili

Estromissione dagli affetti ed indigenza. “Viviamo condizioni insostenibili – spiega Gobbi -: in media ogni figlio ci costa per il mantenimento 480euro al mese, a cui vanno aggiunte le spese di affitto o del mutuo, così molti papà spendono più dei due terzi dello stipendio”. Il coordinatore di Adiantum ricorda poi che “l’assegnazione della casa alla moglie” significa “essere cacciati via dall’abitazione per cui stiamo pagando il mutuo o per cui abbiamo speso i risparmi di una vita”.

Per i padri la povertà è quasi sempre, dunque, una conseguenza inevitabile della separazione. “Le spese, quando ci si separa, raddoppiano: due case, doppie utenze, doppie manutenzioni e mobili, doppi regali per i figli”, riflette Gobbi. Ed è così che in tanti finiscono sotto i ponti e tengono stretto tra le mani il piattino per chiedere un pasto caldo alla Caritas e alle altre strutture per i poveri. Povertà materiale, ma anche crisi emotive e di nervi sono gli effetti di questo disastro sociale.

L'allarme dell'Europa

“L’allarme – racconta Gobbi – l’ha lanciato anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato l’Italia per non aver consentito lo sviluppo di una vita affettiva ai padri separati”. Il nostro Paese – rileva il coordinatore nazionale di Adiantum – “ha tassi di affido esclusivo al padre dello 0,7%, otto volte meno della Spagna, dieci volte meno della Francia e quasi venti volte in meno della Germania. In pratica nemmeno di fronte a gravi casi di inidoneità materna il giudice italiano ritiene di dover prendere in considerazione l’affido al padre”.

E ancora, Gobbi sottolinea che “i minori che trascorrono almeno un terzo del tempo con uno dei genitori dopo la separazione della coppia genitoriale (cosiddetto affido materialmente condiviso) sono il 70% in Svezia, il 50% in Belgio e il 49% in Danimarca. Da noi è il 5%”.

A conferma della resistenza culturale a valorizzare la figura del padre il fatto che tra Camera e Senato giacciono ben nove disegni di legge. Qualcosa comunque si muove. Gobbi rivolge un plauso al Registro della bigenitorialità, “istituito – spiega – in diversi Comuni italiani, per consentire ad entrambi i genitori, anche se separati, di ricevere informazioni e comunicazioni comunali relative ai propri figli”.

La Casa di Accoglienza di Tor San Lorenzo

Ma qualcosa si muove anche nell’ambito della solidarietà. Dal 15 gennaio è operativa a Tor San Lorenzo, litorale meridionale di Roma, la Casa di Accoglienza per i papà separati intitolata “Monsignor Dante Bernini”, realizzata dalla Diocesi di Albano. La struttura ospita già quattordici papà separati. All’inaugurazione era presente anche Gobbi, il quale ha espresso la sua soddisfazione per “un lavoro di anni che finalmente si realizza”. “Come Adiantum – ha aggiunto – collaboreremo con Caritas, le Suore di Gesù Buon Pastore, le associazioni di volontariato e le amministrazioni per la buona riuscita del progetto”. Il progetto più importante, tuttavia, è cambiare una cultura che penalizza e umilia il padre, addolora i figli, distrugge le famiglie, rovina la società.

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