La fede di suor Assunta come testimonianza di spiritualità e carità cristiana. Il suo slogan era “amore, povertà e sacrificio” per imitare Gesù che “ha amato e sofferto per noi”. Sua nipote suor Anna Maria Vissani, responsabile del Centro di spiritualità sul Monte e Adoratrice del Sangue di Cristo, ne ha raccolto i pensieri in un agile e prezioso libro “Libera di servire il Signore”. Il testo è stato presentato a San Severino Marche dall’ arcivescovo Francesco Massara. Da padre Stefano Zanolini, abate dell’abbazia di Chiaravalle di Milano. E da madre Pietra, priora del monastero marchigiano di Santa Caterina. Spiega l’autrice: “Nelle sue scelte, a volte molto estreme e radicali, non era facile comprenderla e accoglierla. Anche quando l’obbedienza cistercense le imponeva di vivere con più leggerezza e meno sacrificio. Suor Assunta aveva una sua strategia nell’ottenere ciò che le sembrava indispensabile per la radicale imitazione di Cristo. Chiedeva direttamente a Lui di potergli offrire qualcosa di più attraverso il suo corpo e le fatiche quotidiane”. Prosegue la religiosa: “La vita cistercense è essenzialmente una vita di contemplazione di Cristo, nella quale l’umiltà, la povertà e la carità della vita in comune sono considerate soprattutto come mezzi per l’unione con Lui. La particolare devozione alla Madonna della Congregazione ha segnato profondamente la mente e il cuore di suor Assunta”.
Testimonianza di fede
“Suor Assunta è stata una piccola donna ma una grande donna di Dio“, evidenzia l’arcivescovo Massara. Secondo padre Zanolini “ha incarnato proprio lo spirito del cistercense e ha vissuto con semplicità. È stata una donna che ha accettato tutta la sua umanità”. Precisa suor Anna Maria: “Suor Assunta (al secolo Rita Angeletti) era cugina di mio padre (Vissani Fortunato). Muore l’11 ottobre 2020 a 90 anni; 70 dei quali vissuti nel Monastero Cistercense di Santa Caterina a San Severino Marche. Un giorno ricevetti una sua telefonata, chiedendomi di andarla a trovare prima possibile. Era l’anno 2014. Andai. Dopo un caloroso saluto e abbraccio, ci siamo intrattenute al parlatorio del Monastero per un breve dialogo sulla sua situazione fisica e qualche racconto delle nostre famiglie. Prima di salutarci mi diede una gran busta con diverse agende. ‘Le do a te -mi disse- perché non so cosa ne faranno dopo la mia morte. Tu puoi decidere se bruciare tutto‘. Mi sentii investita di una responsabilità spirituale nei suoi confronti. Accettai il dono. Mi spiegò che aveva già chiesto il permesso alla sua Madre Badessa“. Afferma l’autrice del libro: “Ho tenuto con me le preziose pagine da lei scritte con particolare fervore spirituale, in un linguaggio dialettale per la sua poca preparazione culturale. Era entrata in Monastero quasi analfabeta. Aveva imparato a leggere e a scrivere con l’aiuto di una consorella e la Grazia divina. Racconta spesso come il Signore l’abbia aiutata a leggere anche il latino, perché aveva un profondo desiderio di lodare Dio con la
comunità nei ritmi della preghiera corale“.
Fede profonda
Scrive suor Assunta nelle sue riflessioni: “Pregavo molto anche per i sacerdoti, offrivo loro ogni dolore, ogni sacrificio perché le loro anime potessero essere tutte anime consolatrici del cuore di Gesù. Avevo in fondo al cuore anche un desiderio intimo che non avrei avuto il coraggio di confessare a nessuno: avere un fratello spirituale. Ci pensavo ormai da anni quando giunse al monastero padre Giorgio da Milano accompagnato da un giovane professo di nome Lazzaro, si presentarono a noi nella foresteria. Il giorno seguente, mentre celebravano nel coro la Santa Messa, sentii una voce che mi diceva: ‘È lui! È Lazzaro il tuo fratello spirituale!’. Scacciai quei pensieri, come potevo infatti andare da lui a chiedergli se mi voleva come sorella spirituale? Non avrei mai avuto il coraggio di rivolgergli la parola! Eppure l’occasione si presentò. Io mi ero attardata con una sorella ammalata, lui, da solo, sulla porta della chiesa guardava verso l’orto. Ero molto emozionata, mi tremavano le gambe, finalmente potevo avere un’anima affine alla mia che avrebbe potuto comprendere tutto il mio amore per Gesù, condividere tutto il mio desiderio di soffrire per Gesù! Era un pensiero che consolava la mia anima. Ma mi sentivo anche del tutto incapace di esprimere i miei sentimenti e indegna di rivolgermi a lui che forse non desiderava affatto me come sorella spirituale”. Io soffrivo, piangevo e le parole che mi salivano alle labbra rimasero lì, lui mi guardò e poi si rivolse alla consorella ammalata. Quando quella sera tutte le monache andarono in foresteria per salutare i due padri, Lazzaro le accoglieva chiedendo ad ognuna di loro il proprio nome, quando venne il mio turno, ero un po’ in ritardo perché avevo avuto da fare, gli risposi e lui mi disse queste parole: ‘Tu sei la mia sorella spirituale’”.
Eco cistercense
Dice l’autrice: “L’eco di alcuni padri Cistercensi e di persone amiche, il giorno del suo funerale, è stato: ‘Abbiamo una nuova Santa!’. Ne sono profondamente convinta anche io. L’ho vista in monastero vivere senza possedere niente per sé, neppure un armadio o un comodino per le sue cose. Non aveva niente. Addirittura riponeva, la sera, la sua tonaca fuori della camera perché desiderava morire ‘nuda’, come Gesù era nudo nel momento della Sua Morte. Si nutriva di poco cibo. Appena terminava di consumarlo, dal suo cassetto del tavolo, che ogni monaca aveva per riporre le posate, apriva un piccolo Vangelo. Leggeva con amore. Ho avuto occasione di vedere illuminarsi il suo volto“. Nel libro è trascritto quanto suor Assunta ha comunicato di sé scrivendo su pagine di agende, in obbedienza al suo confessore e alla Madre Superiora: “Entrai nel monastero delle Cirstercensi a San Severino nel giorno di Santa Caterina nel 1951. Un giorno pieno di felicità. Mia madre, che mi aveva accompagnata, si rivolse alla badessa dicendo: ‘Ecco questa mia figlia io la metto prima tra le braccia di Gesù e della Madonna, poi la metto tra le tue braccia‘. Poi si rivolse a me: ‘Figlia, dammi un bacio’. A mezzogiorno siamo andate tutte in refettorio per pranzare. Le tavole erano piene di grande abbondanza di cibo, era il giorno di Santa Caterina, ma io provai una profonda tristezza e mi dissi: ‘Ho lasciato la mia casa per venire a soffrire per Gesù, ma qui non c’è sofferenza’. Il giorno dopo la badessa venne nel noviziato e mi chiese se volevo essere conversa o corista, io non sapevo il significato di quelle due parole perciò rimanevo in silenzio a capo chino. Poi ad un tratto sentii una voce dentro di me che mi diceva ‘Chiedi l’ufficio divino da recitare‘ e così feci. Mi fu detto che non avrei mai potuto dire l’Ufficio e che sarei stata solo una conversa”. Il libro racconta le origini, l’infanzia poi le sorprese degli anni giovanili, la vocazione, il tempo delle scelte, gli episodi salienti, la malattia e gli alti momenti di una vita straordinaria vissuta in monastero.