Il linguaggio dei media come strumento di formazione della coscienza civile. “Come un’onda contro la violenza sulle donne”. Questo il titolo della campagna nazionale di Rai Radio1 e del Giornale Radio Rai che ha fatto tappa il 16 gennaio nell’Istituto Ferraris Pancaldo di Savona. A moderare è stata la giornalista Elena Paba. Inviata del Giornale Radio Rai e Rai Radio1 coordinatrice della campagna nazionale itinerante “Come un’onda contro la violenza sulle donne”. Prima i saluti di Francesco Pionati, direttore Rai Radio1 e Grr e un messaggio di Papa Francesco dedicato alla campagna. Sul tema “il lavoro sul territorio e il contrasto alla violenza” si sono confrontate magistratura, forze dell’ordine e sanità. Fiorenza Giorgi, pubblico ministero presso il Tribunale di Savona fino a giugno 2024, si è occupata di numerosi casi di violenza contro le donne. Hanno poi preso la parola Giuseppe Mariani, questore di Savona. E il capitano Walter Crescentini, comandante della compagnia dei carabinieri di Albenga. Poi Roberto Carrozzino, direttore del Servizio Dipendenze. Il Dipartimento salute mentale e dipendenze dell’Asl 2 Savona ha redatto il protocollo d’intesa con il Tribunale di Savona in merito alla “legge 168/23-Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”. Sono quindi state ascoltate le “testimonianze delle detenute“, con Giovanna detenuta a piazza Lanza nel carcere di Catania, Lucia e Catia nel carcere di Secondigliano (Napoli). Sono stati inoltre affrontati i temi del “sommerso della violenza e il lavoro sul campo”. Con i centri antiviolenza e le domande dalla platea ai ragazzi e il linguaggio della violenza nei media/musica. A ciò si è aggiunto “Uno sguardo sul mondo-Andiamo in Afghanistan-Con Amnesty Andiamo in Afghanistan-La storia di Neelai Barek fuggita nel 2021, scappata grazie all’aiuto italiano”.
Dati e media
Donne uccise da compagni, mariti ed ex. Alcuni esempi riportati dai media. La prima vittima è stata Rosa D’Ascenzo, uccisa a Capodanno. Mentre l’ultimo caso è quello di Hanna Herasimchyk, 46enne di origine bielorussa. Secondo quanto emerso dalle indagini, sembra che il compagno di Herasimchyk, di nazionalità polacca, la notte tra il 11 e il 12 giugno, dopo una violenta lite con la donna, l’avrebbe soffocata, provocandone il decesso, simulando poi il suo rinvenimento solo la mattina del successivo 13 giugno. Il gesto maturò nell’ambito del rapporto burrascoso e ormai logoro tra la donna e il compagno caratterizzato da frequenti litigi e aggressioni reciproche. Di seguito alcuni nomi e le storie delle donne uccise. Rosa D’Ascenzo, 70 anni, viene portata in ospedale a Civita Castellana (Viterbo) dal marito. Ai medici, che non hanno potuto far altro che constatarne il decesso, l’uomo ha parlato di una caduta nella loro casa a Sant’Oreste (Roma). L’ospedale ha però allertato i carabinieri che hanno condotto l’uomo in caserma, con l’ipotesi di femminicidio. L’uomo è stato poi arrestato. Avrebbe colpito a morte la donna utilizzando un utensile preso dalla cucina, forse una padella, simulandone poi la morte accidentale. Due donne vengono trovate morte nella notte in due abitazioni diverse a Naro, in provincia di Agrigento, il corpo di una delle due vittime è carbonizzato. Entrambe sono di nazionalità romena ma vivono nel paese dell’agrigentino da anni. I loro nomi sono Maria Russ, 54 anni, e Delia Zarniscu, di 58 anni. Maria è stata bruciata dal suo omicida dopo essere stata picchiata. Mentre Delia, probabilmente uccisa per prima, è stata massacrata con colpi alla testa. Per il duplice omicidio è stato arrestato il connazionale Omar Edgar Nedelkov, che avrebbe agito per il rifiuto ricevuto a delle avances sessuali.
Risultato
“I dati elaborati dal Servizio analisi criminale del ministero dell’Interno segnano una diminuzione dei numeri rispetto all’anno precedente. Alla data del 29 dicembre 2024 diminuiscono dell’8% i femminicidi, ovvero l’uccisione per mano del partner o ex partner (da 64 a 59). Nessun risultato è per tutti noi un punto di arrivo, ma uno stimolo a lavorare con ancor maggiore determinazione“, afferma la deputata Martina Semenzato. Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere. “Non ci sono meriti di oggi o demeriti di ieri, ma una nuova consapevolezza comune, sentita, forte e rumorosa – continua Semenzato – Quello appena trascorso è stato un anno importante per la lotta alla violenza di genere. Il 31 luglio 2024 la Commissione parlamentare di inchiesta ha approvato all’unanimità la ‘Relazione sulla ricognizione degli assetti normativi in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere per la redazione di un testo unico‘. Testo Unico che, grazie all’opera dei ministeri competenti, vedrà la luce nella primavera del 2025“. E aggiunge Semenzato: “Tra le sollecitazioni contenute nella Relazione, segnalo, con particolare orgoglio, quella relativa all’obbligatorietà della audizione della vittima di violenza domestica e di genere in sede di incidente probatorio (ove richiesto) recentemente accolta dalle sezioni unite della Corte di Cassazione. Un piccolo ma importante passo per l’eliminazione della cosiddetta vittimizzazione secondaria. Il percorso è ancora lungo, ma i numeri del 2024 – calo dei femminicidi e aumento delle denunce – dimostrano come un dialogo costante tra le istituzioni e la società civile consenta di arginare la violenza di genere”.
Giustizia negata
Doris Lo Moro è intervenuta alla presentazione del suo libro “Forte come il dolore. Un caso di giustizia negata“. Il volume è stato scritto dall’ex parlamentare e assessore regionale alla Sanità, nonché magistrato e già sindaco di Lamezia Terme. Con la prefazione dell’ex presidente della Camera dei deputati, Luciano Violante, è narrata l’esperienza personale di Doris Lo Moro, che ha subito la perdita tragica del padre, Giuseppe Lo Moro e del fratello, Giovanni, assassinati nel 1985 in un contesto di violenza mafiosa a Filadelfia nel Vibonese. “Un caso di giustizia negata ma anche un modo per evidenziare come l’indagine non sia stata portata avanti per minacce ad un parente di un magistrato di rango – spiega Doris Lo Moro-. Parlo di una vicenda caratterizzata da un’indagine sbrigativa e di un processo con assoluzioni in un contesto di errori. E lo dico anche da addetta ai lavori. Parlo di una vicenda che oltre ad essere personale, mi ha dato spunto per parlare anche di fatti violenti subiti da tanti in contesti mafiosi, casi di femminicidi, violenze di ogni di genere“. Nonostante i processi avviati, nessuno è stato condannato per quei crimini. “Una vicenda – evidenzia Lo Moro – che per me ha significato anche impegnarsi nella vita sia da addetta ai lavori appunto come dicevo prima, sia nell’impegno politico e sociale. Quello che voglio dire con questo libro è affermare il principio che mi ha accompagnato nella vita e nelle mie esperienze di lavoro e politiche. Ovvero agire sempre per l’affermazione della legalità. Un’esperienza questa, per dire che dal dolore si può avere la forza per combattere, rialzarsi e andare avanti. Era l’unico modo per sopravvivere dopo quanto accaduto”.
Tragedia
Osserva Lo Moro: “Sono passati 40 anni dalla tragedia che ha sconvolto la mia famiglia. E in questi 40 anni ho conosciuto tante vittime. Spesso, soprattutto negli impegni politici, sono stata vicina alle vittime di vario genere, ai fenomeni come il femminicidio, alle intimidazioni di amministratori, alle vittime di ‘ndrangheta, di mafia. Sono sempre stata dalla parte delle vittime e non è un caso. Ora era arrivato il momento di esserlo, anche di trasmettere un messaggio di comunanza. È importante capire quanto dolore c’è nella nostra società, ma non solo per un fatto così affettivo, sentimentale. Perché lo Stato e la comunità deve dare maggiori risposte. Quando succede un fatto di questo genere, la prima cosa che succede è che la vittima deve dare delle spiegazioni. Ma perché è successo? La ricerca di un motivo. C’è sempre questa ansia crescente che apparentemente è umana, ma che sostanzialmente allontana da sé la violenza. Perché chi si chiede cos’è successo, e l’ho pensato anche io tante volte quando ero più ragazza, a me non potrebbe succedere, non ci sono motivi, la cosa triste è che queste cose succedono anche senza un motivo e oggi ne vediamo tante cose che succedono. Allora c’è bisogno che la comunità capisca fino in fondo che queste cose appartengono a tutti e che sia solidale nei fatti, che si diano risposte. Una delle risposte che spesso non si dà è proprio quella che devono dare le istituzioni. E cioè è la giustizia, le sentenze, spesso non ci sono proprio processi perché spesso si resta davanti ai responsabili non individuati”. “Altre volte, come nel nostro caso – sostiene Lo Moro – si sono individuati dei responsabili e non si arriva a sentenze di condanna. Io ho vissuto questa violenza, e l’ho vissuta anche da un punto di vista particolare, da magistrato, da giudicante. So quanto ho sofferto e so quanto ho cercato di capire quanto è stato difficile restare dalla parte della giustizia, con la ‘G’ maiuscola. Sapendo che i giudici possono e sono fallibili, possono sbagliare. Ma so anche che il messaggio che vorrei trasmettere ai miei ex colleghi, a partire da mia figlia, che è una giovane collega, è che non devono dormire tranquilli .Devono fare il loro dovere, non devono disfarsi dei problemi. Non devono scegliere la strada più facile, che potrebbe essere quella dell’assoluzione”.