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Il recupero della politica come responsabilità. Una testimonianza

Dal saggio "Un'altra bussola" arriva una proposta contro la superficialità del dibattito pubblico attuale

Una storica definizione della politica come impegno individuale e collettivo è offerta da Paolo VI nell’Octogesima Adveniens. “La politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri”. Al contrario oggi sperimentiamo la realtà di una politica intrappolata nella logica delle contrapposizioni. Consumata dalla superficialità dei dibattiti e sempre più lontana dalle sfide reali della società. E’ questa la crisi profonda che Pietro De Leo affronta nel suo nuovo libro ‘Un’altra bussola’ (Edizioni Efesto, 144 pagine). Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha più  volte richiamato la classe dirigente al dovere di operare per il bene comune. Il capo dello Stato indica la necessità di testimoniare una politica come capacità di “riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori”. Giornalista, commentatore televisivo e firma de Il Tempo e Libero, De Leo propone una riflessione lucida e rigorosa sullo stato del dibattito pubblico, spesso dominato da slogan semplicistici e polarizzazioni sterili. L’autore si interroga sulle cause che hanno portato la politica a perdere il contatto con la realtà. Diventando rincorsa affannosa al consenso immediato. E dimenticando così la sua missione di guida e interpretazione dei grandi cambiamenti sociali ed economici.

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Foto di Marek Studzinski su Unsplash

La missione della politica

“Occorre uscire prima possibile dall’epoca delle suggestioni – spiega De Leo – per recuperare la politica come responsabilità, capacità di governo e comprensione della complessità che ci circonda. Questo richiede anzitutto una seria riflessione sulla formazione delle classi dirigenti”. Il volume propone al lettore una visione articolata del presente, richiamando esempi culturali e politici significativi, come l’enciclica “Centesimus Annus” di Giovanni Paolo II o l’importante vertice internazionale di Pratica di Mare del 2002, promosso da Silvio Berlusconi. “La crisi del marxismo non elimina nel mondo le situazioni di ingiustizia e di oppressione, da cui il marxismo stesso, strumentalizzandole, traeva alimento- scrive Karol Wojtyla- A coloro che oggi sono alla ricerca di una nuova ed autentica teoria e prassi di liberazione, la Chiesa offre non solo la sua dottrina sociale e, in generale, il suo insegnamento circa la persona redenta in Cristo, ma anche il concreto suo impegno ed aiuto per combattere l’emarginazione e la sofferenza”. E prosegue la “Centesimus Annus”: “Nel recente passato il sincero desiderio di essere dalla parte degli oppressi e di non esser tagliati fuori dal corso della storia ha indotto molti credenti a cercare in diversi modi un impossibile compromesso tra marxismo e cristianesimo. Il tempo presente. Mentre supera tutto ciò che c’era di caduco in quei tentativi, induce a riaffermare la positività di un’autentica teologia dell’integrale liberazione umana”.

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Foto di ALEXANDRE LALLEMAND su Unsplash

Visione di lungo periodo

Secondo De Leo, sono proprio questi i momenti che mostrano come la politica possa ritrovare il suo ruolo. Riuscendo ad affrontare le crisi con serietà e visione di lungo periodo, piuttosto che limitarsi a inseguire gli umori del momento. “Un’altra bussola” è quindi un invito alla politica a ripensarsi, recuperando la concretezza e la capacità di affrontare i problemi reali dei cittadini. Senza cadere nelle esasperazioni retoriche, l’autore suggerisce un percorso concreto che passa dal ritorno al dialogo e dall’uscita dalle “bolle mediatiche” in cui il dibattito rischia oggi di restare intrappolato. Il libro rappresenta dunque una lettura stimolante e attuale per chi vuole comprendere come sia ancora possibile, e urgente, un ritorno della politica alla sua funzione originaria. E cioè essere al servizio della comunità, con responsabilità e consapevolezza. Il 28 maggio 2002, nella base dell’aeronautica militare italiana di Pratica di Mare, vicino a Roma, furono firmati degli accordi fra la Russia e la Nato, cioè l’alleanza militare fra i paesi occidentali, che ancora oggi vengono considerati il punto più alto dei rapporti fra la Russia e i paesi occidentali.

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Foto di Nico Smit su Unsplash

Pratica di Mare

Carlo Jean è Generale di Corpo d’Armata, presidente del Centro Studi di Geopolitica Economica, docente all’Università Guglielmo Marconi, Link Campus University, alla Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia. Svolge corsi di Geopolitica alla Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia e alla Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze. E’ stato consigliere militare del presidente della Repubblica Francesco Cossiga. E’ stato Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa. E’ stato rappresentante Personale del Presidente in esercizio dell’Osce per l’attuazione degli accordi di pace di Dayton in Bosnia-Erzegovina, Croazia e Repubblica Federale di Jugoslavia. E’ stato Presidente della SO.G.I.N.- Società Gestione degli Impianti Nucleari e Commissario Delegato del governo per la messa in sicurezza dei materiali nucleari. “L’importanza di Pratica di Mare è significativa sotto diversi aspetti- evidenzia Carlo Jean-. Fa seguito al rilancio della distensione con Mosca, verificatasi nel G-8 del Canada, che aveva registrato un consistente aiuto occidentale alla ripresa economica già in atto in Russia per l’aumento del prezzo delle materie prime. Ma soprattutto perché registrava una ripresa della cooperazione fra l’Occidente e Mosca dopo le tensioni che erano seguite all’attacco Nato alla Serbia per la questione del Kosovo”. Esse avevano messo a rischio tutto l’apparato che era stato costituito dalla Carta di Parigi e dal Documento di Vienna sulla stabilità strategica in Europa e, in particolare, l’accordo del 1997 fra Solana (Segretario Generale della Nato) e Primakov (Ministro degli esteri russo) denominato Nato-Russia Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security. La Dichiarazione di Roma ne rappresenta sia una riattivazione e un suo consistente miglioramento.

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Foto di Marco Oriolesi su Unsplash

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