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Il mondo visto a 16 anni: uno sguardo sul futuro

Le riflessioni del 16enne Alessio Reghenzani, studente della Scuola Pontificia Pio IX di Roma, su radici culturali e prospettive di dialogo di una società in continua evoluzione. Fede, amore, pace: l'avvenire ha un cuore antico

Anelito di pace e di giustizia sociale, potenzialità e rischi dei nuovi scenari della tecnologia, percorsi di vita e di fede da discernere: il futuro negli occhi di un 16enne. Uno sguardo su radici culturali e prospettive della nostra civiltà attraverso la testimonianza di Alessio Reghenzani, studente della Scuola Pontificia Pio IX di Roma, la più antica istituzione scolastica della Chiesa dopo il Collegio Romano e il Collegio Nazareno, la cui missione è la formazione integrale dei giovani.

Futuro
Alessio Reghenzani foto @Interris.it

Unicità

“Il nostro cervello è continuamente alla ricerca di una coerenza. Ecco perché è così facile generalizzare o creare falsi stereotipi- afferma Alessio Reghenzani-. Il nostro mondo, inteso come nostra sfera d’influenza, si erge su tutta una serie di supposizioni personali, costruite in base ad esperienze dirette o indirette, che determinano il paio di occhiali che usa la nostra mente per scrutare la realtà. E’ così che si delinea il nostro carattere, quindi chi scegliamo di essere veramente. Per questo è importante prendere in esame non solo il mondo che vediamo, ma anche la lente con cui lo vediamo. Ed essa stessa modifica il nostro modo d’interpretare ciò che osserviamo e di conseguenza il nostro vivere la realtà”. Quindi, prosegue lo studente 16enne, “ognuno è unico, essendo unico vede la realtà in modo singolare, perché noi siamo specchi, siamo spugne, rilasciamo ciò che assorbiamo. Le lenti variano da individuo ad individuo. E cambiando la percezione della realtà anche la ‘buona sorte’ che qualcuno potrebbe sentire di aver avuto in una certa situazione, per un altro potrebbe essere una ‘cattiva sorte’ nella medesima situazione semplicemente perché ha paradigmi diversi“. Inoltre “la fortuna, la sorte e il destino sono il frutto della nostra mente. Un momento in cui il nostro talento incontra l’opportunità e grazie all’industria e alla ‘virtus’ dell’individuo si riesce a cogliere e sfruttare a proprio vantaggio quell’attimo traboccante di potenziale, oppure non farlo”.

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Foto di Humphrey Muleba su Unsplash

Pace

Alessio Reghenzani si sofferma poi nella sua riflessione sulle “tante persone che vivono nei 60 territori del mondo colpiti dalle guerre“. Su “coloro che non hanno acqua potabile e sono costretti a fare lunghi tragitti per averne una tanica”. Su quanti sono obbligati a “rimanere per lungo tempo senza nutrimento” o non hanno accesso all’energia elettrica e conseguentemente sono tagliati fuori dall’accesso al “nostro dio Internet” e in generale alle nuove tecnologie. “Si potrebbe continuare, soprattutto per ciò che riguarda i bambini, però in tutta questa oscurità c’è sempre una crepa, ed è da lì che entra la luce – osserva lo studente della Scuola Pontificia Pio IX di Roma-. Come gli uccelli del cielo trovano sostentamento, pur non seminando, né mietendo, grazie alla Divina Provvidenza, così queste situazioni non portano esclusivamente disperazione da chi le vive. ‘Quando il peccato abbonda, la grazia sovrabbonda’ diceva San Paolo, ed in effetti ci sono tante storie di uomini e donne che pur nascendo in situazioni difficili o sfortunate non hanno mai perso la speranza di cambiare le cose”. Anzi “hanno saputo costruire qualcosa di bello anche con i sassi ammassati lungo il cammino. Sono stati in grado di vincere la paralizzante apatia dell’esistente. E ci dimostrano che essere fortunati non dipende da dove nasciamo, da quanto o cosa possediamo, ma da chi scegliamo di diventare“. Essere fortunati “dipende da quale scopo nobile scegliamo di avere e dall’amore che abbiamo intorno e che vogliamo donare agli altri. Perché è donando che si riceve di più, è amando che ci si sente più amati ed è servendo che si è veri padroni”.

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Foto di Manfred Richter da Pixabay

Scelte da compiere

“Quello che il mondo chiama fortuna, per i cristiani non è altro che il frutto della Divina Provvidenza, o come la chiamo io una ‘Dio-incidenza’, perché Dio è amore- sottolinea Alessio Reghenzani-. Una volta che scopri a fondo questa affermazione non hai più la necessità di studiare la fede con la luce della ragione, ma senti solo la necessità di fidarti e sperimentare la fede in quanto ‘Fede’. La vera fortuna è sentirsi realizzati. Sentire di non aver sprecato neanche un secondo della propria vita seguendo falsi idoli, ma di aver fatto fruttare quel tempo per uno scopo nobile. La vera fortuna è sentirsi amati giorno dopo giorno da chi abbiamo intorno, coltivando relazioni sane e feconde. La vera fortuna è amare, amare veramente, perché non c’è nulla di più meraviglioso che donarsi, mettere la propria anima in ciò che si sta facendo“. Secondo Albert Einstein “esistono solo due modi di vivere la vita. Uno, come se niente fosse un miracolo. L’altro, come se tutto fosse un miracolo”. L’essere umano, evidenzia Alessio Reghenzani, “per realizzarsi necessita di un centro, qualsiasi esso sia”. Ciò “è necessario per sostenere la propria esistenza, perché ognuno di noi è affamato di saggezza. Cerca costantemente una direzione da seguire. Ha un disperato bisogno di sicurezza e vuole avere la forza di agire in ogni momento della vita. La saggezza è l’ottica secondo cui scrutiamo la realtà, comprende il nostro senso dell’equilibrio, il giudizio ed il discernimento personale. La direzione è ciò che guida la nostra vita, indica dove siamo diretti e qual è lo scopo della nostra esistenza“.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’importanza del dialogo

“Ci sono due forme di dialogo, uno interno all’individuo ed uno esterno, e così sono state definite due categorie di civiltà, una con un sistema di valori interiorizzato e radicato nell’animo degli individui ed una dove il proprio agire è condizionato dal giudizio altrui. Chiamiamo la prima, civiltà della colpa, mentre la seconda, civiltà della vergogna- sostiene Alessio Reghenzani-.Rispetto all’epoca dei poemi di Omero (ottavo secolo avanti Cristo) dovremmo esserci evoluti a tal punto che ognuno abbia interiorizzato la legge, avendo compreso che essa è un codice etico creato dall’uomo per vivere meglio, eppure non è così. Dovremmo aver sviluppato la capacità di provare colpa per le nostre azioni, indipendentemente dal giudizio altrui o dalla minaccia di una punizione, eppure non è così. Ormai ognuno dovrebbe saper discernere ciò che è bene da ciò che è male, per sé e per l’intera società, eppure non è nemmeno così. Purtroppo, siamo ben lontani dalla civiltà della colpa, però forse non possiamo considerarci nemmeno una civiltà della vergogna“. Infatti, “per il cervello dell’uomo, il confronto e l’opinione degli altri sono elementi essenziali del suo essere animale sociale e non possono essere esclusi facilmente dalla sua esistenza. È parte della sua natura voler emergere e desiderare di essere considerato e apprezzato dalla società. Perché ha un bisogno viscerale di sentirsene parte e avere un ruolo in essa, vuole sentirsi utile, altrimenti verrebbe scartato“. Però, prosegue lo studente 16enne, “oggi più che mai esistono gli strumenti per ampliare questo bisogno in una costante promozione della propria immagine. A questo punto il rapporto con gli altri passa sullo sfondo, perché in ogni cosa voglio essere io l’unico ad emerge“.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Deriva dell’io

Un io, quindi, “pieno di diritti, pieno di facoltà che gli altri dovrebbero solo adorare da lontano, e l’umiliazione di questo dio diventa la scintilla per un focolare di vendetta che una volta acceso è ben difficile da spegnere. Il perdono è una concessione che l’altro deve meritare profondamente, non abbiamo capito che al contrario, i primi a beneficiarne sono proprio coloro che lo donano più facilmente, poiché questo è un atto che ha una dirompente forza universale; purtroppo, a volte dimentichiamo che l’uomo non è il suo errore“. Riflette Alessio Reghenzani: “Non solo è un peccato capitale violare la mia immagine, ma ancor più attaccare il mio potere. Oggi questo conta, il potere, e come si realizza? Con il denaro, non importa i mezzi con cui lo ottengo, ciò che conta è possederlo, ostentarlo, venerarlo. Eppure, esso non è nato così, è stato ideato come un mezzo non è stato pensato come un fine, bensì dovrebbe essere un veicolo per soddisfare altre necessità primarie. Un veicolo di benessere, di prosperità, di armonia e non di discordia“. Quanto alla  sicurezza, essa “rappresenta il nostro ancoraggio emotivo, quindi la fiducia che abbiamo in noi stessi. La capacità di agire è l’energia vitale che permette di operare scelte e prendere decisioni. Solo l’amore cambia le menti, i cuori e il mondo“.

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