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Ecco perché l’economia circolare è necessaria all’ambiente e alla salute

In un anno il mondo ha generato 2,3 miliardi di tonnellate di rifiuti urbani, mentre la quantità di rifiuti non raccolti a livello globale potrebbe raggiungere 1,6 miliardi di tonnellate entro il 2050

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Foto di Antoine GIRET su Unsplash

L’Onu denuncia gli effetti disastrosi del boom di rifiuti se la crescita non rallenta. Secondo l’ultimo report del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) in un anno sono state generate nel mondo 2,3 miliardi di tonnellate di rifiuti urbani. E la quantità di rifiuti non raccolti a livello globale potrebbe raggiungere 1,6 miliardi di tonnellate entro il 2050. “Cambiare rotta è una sfida, soprattutto per i Paesi a basso reddito”, spiega Tiziano Rugi su EconomiaCircolare.com. Due terzi di rifiuti in più entro il 2050, dunque. Il volume dei rifiuti nel mondo, pari a 2,3 miliardi di tonnellate nel 2023, è destinato a continuare a crescere in modo esponenziale, con un impatto massiccio sulla salute delle persone, sull’ambiente e sull’economia. Aggiunge Rugi: “A questo ritmo, e in assenza di interventi urgenti, si prevede che i rifiuti urbani (esclusi quelli industriali e di costruzione) raggiungeranno i 3,8 miliardi di tonnellate entro la metà del secolo, superando le previsioni di 3,4 miliardi di tonnellate contenute nel precedente rapporto della Banca Mondiale del 2018“. A lanciare l’allarme è una nuova ricerca realizzato all’Onu insieme alla International Solid Waste Association (Iswa).

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Foto di vianet ramos su Unsplash

Ambiente in pericolo

“Le discariche di tutto il mondo sono responsabili del 20% delle emissioni del più potente gas serra, il metano, che viene rilasciato quando i rifiuti organici come gli scarti alimentari si decompongono- evidenzia Tiziano Rugi-. Il trasporto e il trattamento dei rifiuti generano anidride carbonica che riscalda il pianeta. Secondo i calcoli Unep e Iswa, le emissioni globali di gas serra potrebbero essere ridotte del 15-25%. combattendo le discariche incontrollate. Eliminando l’incenerimento dei rifiuti all’aria aperta (come avviene tuttora in molti Paesi a basso reddito). Utilizzando meglio i prodotti organici che generano metano”. Si tratta di una leva rilevante considerati gli ambiziosi obiettivi che la comunità internazionale si è posta in questo campo. Le Nazioni Unite sottolineano, infatti, poi l’enorme problema dell’inquinamento. Zoë Lenkiewicz è l’autrice principale del rapporto Unep. “Le pratiche indiscriminate di smaltimento dei rifiuti possono introdurre sostanze chimiche pericolose nel suolo, nei corpi idrici e nell’aria. Causando danni a lungo termine e potenzialmente irreversibili alla flora e alla fauna, incidendo negativamente sulla biodiversità. Danneggiando interi ecosistemi ed entrando nella catena alimentare umana- osserva la scienziata-. L’inquinamento da rifiuti non conosce confini. Quindi è nell’interesse di tutti impegnarsi nella prevenzione dei rifiuti e investire nella gestione dei rifiuti dove questa è carente”.

Foto di Myriams-Fotos da Pixabay

Rischi per la salute

le conseguenze sulla salute delle persone sono enormi. I rifiuti scaricati a terra, infatti,  rilasciano per lungo tempo nel suolo e nelle falde acquifere agenti patogeni, metalli pesanti e altri interferenti endocrini. La combustione a cielo aperto rilascia inquinanti persistenti nell’atmosfera come i cosiddetti “forever chemicals”, con il potenziale di effetti nocivi significativi sulla salute umana, oltre che sull’ambiente. Secondo le ricerche citate nel rapporto, al giorno d’oggi tra 400.000 e un milione di persone muoiono ogni anno per malattie collegate a una gestione inappropriata dei rifiuti (diarrea, malaria, malattie cardiovascolari, cancro), a cui vanno aggiunti altri problemi di salute non mortali e il maggior rischio di infertilità. L’onere economico, già oggi calcolato intorno ai 252 miliardi di dollari (dati del 2020), raggiunge circa 361 miliardi di dollari se si tiene conto dei “costi nascosti” legati al cattivo smaltimento dei rifiuti, dovuti all’inquinamento, ai danni alla salute e ai cambiamenti climatici. E il costo sarà almeno raddoppiato, raggiungendo circa 640,3 miliardi di dollari all’anno entro il 2050, se le previsioni di crescita dei rifiuti verranno confermate. Tra gli indicatori che accompagnano lo sviluppo economico di un Paese, ce n’è uno che troppo spesso viene trascurato: la produzione di rifiuti.

Guerra
Foto di Edgar Winkler da Pixabay

Rifiuti e ambiente

La crescita del Pil pro capite è generalmente accompagnata, infatti, da un parallelo aumento del volume dei rifiuti. Questo dovrebbe metterci in guardia sulle quantità che dovranno essere trattate nei prossimi anni a livello globale e nei Paesi destinati a crescere economicamente, se non si interviene per ridurre la loro produzione e per riciclarli. “La produzione di rifiuti è intrinsecamente legata al Pil e molte economie in rapida crescita stanno lottando contro il peso della parallela crescita dei rifiuti”, mette guardia Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep. Le proiezioni indicano, infatti, che il maggior tasso di crescita di rifiuti urbani si registrerà nei Paesi a basso reddito dove è basso anche il tasso di raccolta, meno della metà dei rifiuti viene raccolta in maniera organizzata e ci si affida alla combustione dei rifiuti e alle discariche a cielo aperto. Oltre un terzo della popolazione mondiale, circa 2,7 miliardi di persone, soprattutto nel Sud del mondo e nei Paesi in via di sviluppo, non ha accesso ai servizi di raccolta dei rifiuti. Di questi, 2 miliardi vivono in aree rurali, mentre 700.000 si trovano in aree urbane. Circa 540 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, pari al 27% del totale globale, non vengono raccolti. L’Africa subsahariana (36%) e l’Asia centrale e meridionale (37%) hanno tassi di raccolta particolarmente bassi. E questa è la drammatica situazione attuale. La quantità di rifiuti non raccolti, però, potrebbe aumentare passando da 800 milioni di tonnellate nel 2020 a quasi 1,6 miliardi di tonnellate nel 2050, se non verranno adottate misure correttive. Secondo le Nazioni Unite, occorre prestare particolare attenzione ai Paesi la cui popolazione è destinata ad aumentare esponenzialmente. Ossia Congo, Egitto, Etiopia, India, Nigeria, Pakistan e Filippine. Questi Paesi rappresenteranno oltre il 50% dell’aumento totale della popolazione mondiale da qui al 2050.

 

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