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Interceptor e memoria
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Studio-Gemelli
“La prevalenza della malattia aumenta con l’età e raggiunge il 15-20% negli ultra 80enni. Questo quadro, soprattutto in una nazione longeva come la nostra, impone una risposta forte e strutturata da parte del Servizio sanitario nazionale- osserva il ministro Schillaci-. Nell’ambito dei disturbi del sistema cognitivo, con i fondi della ricerca finalizzata negli ultimi 5 anni sono stati erogati oltre 37 milioni per 89 progetti di ricerca. Mentre con i fondi Pnrr abbiamo destinato oltre 24 milioni a 26 progetti di ricerca. Vi è poi il lavoro svolto attraverso la Rete tematica degli Irccs delle neuroscienze e della neuroriabilitazione“. Il professor Rossini ha poi precisato di cosa tratta nello specifico lo studio in questione. “Alla fine dei 3 anni di follow up abbiamo visto che un terzo dei pazienti con disturbo cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment – MCI) è diventato demente. Cioè su 351, 104 hanno sviluppato la malattia – precisa lo scienziato-. Quindi il 30% delle persone con disturbo lieve dopo 3 anni diventa demente e probabilmente questa è la cifra, ossia per il resto del follow up, anche se lo porto a 5 o a 10 anni, questo rimane. Ciò vuol dire che il 70% non lo diventerà mai”.
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Valutazione
Evidenzia lo scienziato: “Siccome nel foglietto illustrativo approvato da Ema per il farmaco nuovo c’è scritto che gli Mci sono una popolazione che può avere il farmaco e siccome il farmaco costa tanto e ha effetti collaterali importanti, bisogna sapere a chi darlo e a chi non darlo perché se lo dai a uno che non si ammalerà mai non solo spende soldi inutilmente, ma gli fai correre dei rischi inutili”. Quindi, ha proseguito “bisogna intercettare quel 30% a tempo zero perché noi lo abbiamo saputo dopo tre anni e lo strumento che abbiamo messo a punto serve proprio per scoprirlo quando si fanno le diagnosi di Mci”. E aggiunge all’Agi: “Si applica quel protocollo e si può dire al paziente ‘sei ad alto rischio, a medio rischio, a basso rischio’. Diamo quindi ai medici di famiglia uno strumento chiamato ‘nomogramma’, ossia una scheda elettronica con un programma computerizzato dietro, per cui immettendo i dati del paziente, alcuni banali come sesso, età, anni di scolarità, se fa attività fisica o meno. Altri invece strumentali, la puntura lombare o la risonanza per vedere il cervello, alla fine viene fuori con il righello elettronico un numero che indica la percentuale di rischio di diventare demente nei prossimi 3 anni. A quel punto il Servizio sanitario nazionale può decidere che sopra il 70-80% di rischio si eroga gratuitamente il farmaco, sotto si segue la persona ma non gli si dà il farmaco perché non ci sono gli elementi di gravità e di rischio elevato richiesti“.
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Scoperta sulla memoria
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