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Così i rifiuti marini danneggiano la salute e l’ambiente

108 milioni di euro è la stima del danno causato dai rifiuti marini sulle spiagge tra Livorno e La Spezia: i risultati dello studio sperimentale condotto dalla Scuola Sant’Anna di Pisa con il coinvolgimento di 600 cittadini

L’obiettivo dell’Ue è combattere i rifiuti marini dalla sorgente al mare. L’Unione europea si prefigge di recuperare la salute degli oceani entro il 2030. In linea con l’impegno profuso per proteggere e ripristinare l’ambiente marino. Sono 12 i progetti finanziati dall’Ue nell’ambito del programma Orizzonte per ripulire gli ecosistemi acquatici, spianando la strada alla prosperità degli oceani. Oltre agli effetti dannosi su salute ed ecosistema, gli arenili non puliti provocano degrado e perdita di valore che adesso è possibile esprimere anche in termini economici, per una rappresentazione più immediata. 108 milioni di euro è la stima del danno causato dai rifiuti marini sulle spiagge tra Livorno e La Spezia. Sono stati pubblicati i risultati dello studio sperimentale condotto dalla Scuola Sant’Anna di Pisa con il coinvolgimento di 600 cittadini. “I rifiuti marini sono ovunque- rileva il dossier Ue-. Sulle nostre coste, in mare aperto, a migliaia di chilometri dalla terraferma, sul fondo delle fosse oceaniche più profonde e persino nelle regioni polari, tra i ghiacci. Se la fauna marina li ingerisce, vi rimane impigliata o viene esposta ad altri inquinanti trasportati da tali rifiuti, ne può risultare danneggiata; inoltre, gli impatti esercitati dall’esposizione dei rifiuti marini sulla salute umana non sono ancora del tutto noti”. Il programma Orizzonte contribuiscw a ridurre l’impatto dei rifiuti marini attraverso la loro prevenzione, eliminazione, mitigazione e monitoraggio, dalla sorgente al mare. I dati mettono in mostra il potenziale di sfruttamento, scalabilità, replicabilità e adozione da parte di diversi stakeholder responsabili dell’attuazione di misure di riduzione dell’inquinamento a livello locale e regionale. I risultati contribuiranno all’obiettivo dell’UE di ridurre l’inquinamento da plastica sino a livelli non più considerati dannosi per la salute e gli ecosistemi naturali. Rispettando i limiti che il nostro pianeta è in grado di sopportare. E creando in tal modo un ambiente privo di sostanze tossiche.

rifiuti
Foto di Nick Fewings su Unsplash

Coste a rischio

Per rifiuto marino si intende qualsiasi oggetto solido prodotto da esseri umani che finisce nell’ambiente della costa o del mare. Avverte l’Unione Europea: “La plastica, tra cui sacchetti, bottiglie e attrezzature da pesca scartate, costituisce la parte più grande, dannosa e persistente di questo tipo di rifiuti. Si stima che ogni anno ne penetri negli ambienti acquatici una quantità compresa tra i 19 e i 23 milioni di tonnellate; secondo le previsioni, questo volume aumenterà fino a raggiungere le 54 milioni di tonnellate entro il 2030, a meno che non si prendano provvedimenti urgenti”. Con il passare del tempo, i rifiuti di plastica si deteriorano fino a decomporsi in minuscoli frammenti. Di questi, quelli che misurano meno di 5 millimetri di diametro vengono definiti microplastiche. Mentre le nanoplastiche sono ancora più piccole, caratterizzate da un diametro inferiore a un millesimo di millimetro. L’obiettivo della missione dell’UE è far rivivere i nostri oceani e le nostre acque entro il 2030 è quello di ridurre la presenza dei rifiuti di plastica in mare di almeno il 50% e di diminuire quella delle microplastiche rilasciate nell’ambiente del 30%, in linea con il piano d’azione per l’inquinamento zero dell’Ue. Mediante lo sviluppo, la dimostrazione e la diffusione di soluzioni innovative, la missione contribuirà a prevenire ed eliminare l’inquinamento e a proteggere e ripristinare gli ecosistemi acquatici e la biodiversità. Inoltre, la strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030, che costituisce una parte fondamentale del Green Deal europeo, fissa l’obiettivo di ripristinare la salute degli oceani, prefiggendosi di proteggere il 30% dei mari dell’UE entro il 2030, di cui il 10% in modo rigoroso. Per affrontare queste sfide, diversi ricercatori finanziati dall’Ue stanno approfondendo le modalità con cui la plastica viene trasportata nell’oceano, le alternative biodegradabili sostenibili per gli imballaggi in plastica. Come migliorare la gestione dei rifiuti e delle acque reflue e il modo in cui perfezionare i metodi di riciclaggio.

Le Azzorre, in Portogallo. Foto di Ferdinand Stöhr su Unsplash

 Sos rifiuti

 Oltre agli effetti dannosi sulla salute dell’ecosistema, per le persone e per gli animali, la presenza di rifiuti marini provoca un degrado e una perdita di valore che è possibile esprimere anche in termini economici. 108 milioni di euro è la stima del valore del danno provocato dai rifiuti marini nell’area costiera della Toscana e della Liguria, di grande interesse paesaggistico e di rilevanza turistica. Compresa tra le province di Livorno, Pisa, Lucca, Massa Carrara, La Spezia. Secondo i risultati dello studio sperimentale che ha coinvolto 600 cittadini. E che è stato condotto dal Centro di ricerca interdisciplinare in Sostenibilità e Clima della Scuola Superiore Sant’Anna, coordinato da Marco Frey. La ricerca si è svolta all’interno di un progetto in collaborazione con l’Associazione Blue Resolution e con Ergo, azienda spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna, per stimare il valore del danno causato dai rifiuti marini. La valutazione ha riguardato lo studio dell’impatto che deriva dalla presenza di rifiuti marini nell’area costiera tra Livorno e La Spezia. Sono stati intervistati circa 600 cittadini i quali, a fronte dello scenario della propria spiaggia preferita occupata da numerosi rifiuti, hanno chiesto “complessivamente” 108 milioni di euro di danni. Tra le diverse rappresentazioni, (ad esempio di carattere sociale o ambientale), il valore economico fornisce infatti una misura dell’importanza delle risorse naturali per il benessere delle persone: questa valorizzazione permette una comunicazione più semplice ed efficace dell’entità del danno da rifiuti marini. Oltreché una maggiore comparabilità all’interno dei processi decisionali. Le microplastiche e le nanoplastiche rappresentano una minaccia per l’ambiente e la salute umana a livello globale. Anche se i loro impatti non sono ancora completamente noti, queste particelle, così come gli additivi che contengono e gli inquinanti che vi si depositano, si ripercuotono sugli organismi e sugli ecosistemi marini. Per affrontare questa sfida è quindi necessario implementare strategie e strumenti innovativi.

biodiversità
Foto di Patricia Jekki su Unsplash

Strategia

108 milioni di euro è la cifra totale che risulta dalla somma del valore legato alla singola esperienza negativa vissuta dai cittadini e quindi scalabile, in linea di principio, ogni qual volta l’esperienza si ripresenti. “Parlare di rifiuti marini in termini economici – commenta Natalia Marzia Gusmerotti, professoressa associata affiliata al Centro di ricerca interdisciplinare in Sostenibilità e Clima della Scuola Superiore Sant’Anna – consente di concentrarsi sull’aspetto strategico delle scelte che possono essere compiute a diversi livelli e in diversi ambiti, pubblico, privato, economico e sociale. Si tratta di strategie e di processi decisionali che attori pubblici e privati dovrebbero saper disegnare insieme, a vantaggio del benessere dei cittadini, delle comunità locali e degli ecosistemi”.  “L’entità del valore dei rifiuti marini emerge già di per sé, come pure in comparazione. Il valore aggiunto generato ogni anno dalla blue economy (economia del mare) nelle province di Grosseto e di Livorno ammonta, ad esempio, a circa 3 miliardi di euro. Mentre il valore del programma di ricerca e innovazione in Europa H2020 ammonta a 0,20 euro/pro-capite. Rendere visibile, in termini monetari, le conseguenze del danno da rifiuti marini può e deve stimolare processi di innovazione a diversi livelli e per diverse categorie di portatori di interessi”. Quale può essere l’utilizzo di questi dati, riferiti alla valorizzazione del danno provocato dai rifiuti marini? “I decisori pubblici – prosegue Natalia Marzia Gusmerotti – possono usare simili risultati per innovare i propri processi decisionali, comparare scenari di gestione del territorio, promuovere cambiamenti sociali e creare nuove alleanze. Le imprese e le catene del valore dell’economia del mare e del turismo possono investire in innovazione sostenibile ed agire in maniera collaborativa, cercando nella sostenibilità un autentico carattere distintivo e un valore aggiunto per la competitività. Tramite la protezione di risorse chiave, quali sono il mare e la propria reputazione”.

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