Un pieno di benzina con pochi centesimi ma si muore per un'aspirina che non c'è. E' il paradosso del Venezuela, il Paese sudamericano governato da quasi un ventennio dal Partito socialista (il Psuv) di Hugo Chávez, il cui attuale Presidente è Nicolás Maduro.
Negli ultimi 17 anni, lo status socio-economico del Venezuela è notevolmente peggiorato, con un aumento costante di criminalità, penuria di generi alimentari e povertà diffusa.
Martedì scorso Standard&Poor's ha denunciato il default finanziario dopo che Caracas aveva saltato il pagamento di una rata da 200 milioni di dollari di interessi sui suoi bond. Nelle stesse ore, Fitch e Moody’s avevano dichiarato in default la compagnia petrolifera statale Pdvsa per non aver versato agli obbligazionisti le rate dovute degli ultimi due mesi.
Il crollo del prezzo del petrolio
La crisi umanitaria e politica venezuelana è nata – altro paradosso – dalla gestione della sua principale risorsa: il petrolio. La Nazione è infatti il primo Paese al mondo per giacimenti petroliferi e uno dei grandi fornitori degli Stati Uniti. Quella che, a partire dagli anni '60 sembrava la via del miracolo economico, si è rivelata però un boomerang: il Venezuela si è specializzato in un'unico prodotto importando dall'estero tutto il resto, compreso cibo, elettronica, automobili e…medicinali.
Un'economia troppo fragile per resistere alle fluttuazioni del mercato globale. Già nel 2012 la Banca Mondiale aveva evidenziato come l'economia venezuelana fosse “estremamente esposta” a variazioni di prezzo del greggio dal momento che nel 2012 il “96% delle esportazioni nazionali e quasi la metà dei ricavi fiscali si basa sulla produzione di greggio, mentre a partire dal 2008 le esportazioni di tutto il resto sono crollate”. Il crollo del prezzo del petrolio e la conseguente inflazione (senza dimenticare l'endemica corruzione presente nella sfera politica) ha impedito al Governo di importare prodotti basilari come cibo e medicine.
Il dossier Caritas “Inascoltati”
Lo evidenzia l'ultimo dossier della Caritas Venezuela, pubblicato lo scorso marzo col titolo: “Inascoltati. Un popolo allo stremo chiede i suoi diritti fondamentali”. Secondo il report, nel Paese sudamericano i bambini morti nel 2016 per mancanza di medicinali sono stati oltre 11.000 e la mortalità materna è aumentata quasi del 70%. Il 52% della popolazione totale (circa 30 milioni di persone) vive in povertà estrema e c’è urgente bisogno di risposte che non siano violenza e repressione: la popolazione non ha da mangiare, né può acquistare medicine e altri generi di prima necessità.
La testimonianza di Patricia
Lo testimonia Patricia: lei vive in Italia da tre anni; qui sta bene, studia ed è impegnata nel sociale, ma la sua famiglia sta vivendo il problema in prima persona.
“I miei genitori – racconta Patricia a In terris – vivevano a Caracas con i miei fratellini. Mia madre qualche anno fa si è ammalata all'anca. Era stata messa in lista lo scorso ottobre per fare l'operazione, dopo oltre due anni di attesa; ma nessuno l'ha mai chiamata. Nel frattempo, le sue condizioni di salute sono peggiorate ed è rimasta per mesi bloccata su una sedia a rotelle. Il sistema sanitario venezuelano è ormai al collasso: non ci sono medicine e neppure medici. Così mia madre è dovuta fuggire in Argentina; vive lì da due mesi e si sta curando con dei farmaci facilmente reperibili.
“Non è andata meglio a mio padre, rimasto in Venezuela con i miei fratellini. Lui soffre di pressione alta, ma da più di un anno non riesce più a reperire le medicine per abbassare la pressione. Qualche mese fa, mentre guidava, gli è venuto un ictus che gli ha paralizzato metà del viso. Accompagnato al pronto soccorso, nessuno ha potuto fare nulla per lui perchè i farmaci non c'erano.
“Dopo la caduta del prezzo del petrolio e la conseguente inflazione il governo non ha più avuto i soldi per acquistare medicinali dall'estero e non esistendo una casa farmaceutica nazionale, le medicine sono finite un po' ovunque. All'ospedale una mia amica, operata alla pancia, è stata medicata con delle garze “recuperate” dai pazienti precedenti!
“Fino a tre anni fa – conclude Patricia – le medicine erano reperibili nei banconi delle grandi catene di farmacie; c'era solo l'obbligo di non acquistare più di due confezioni a testa dello stesso tipo. Ora o non ci sono, o costano troppo. Se prima della crisi un antidolorifico costava 50 Bolìvares (pari a 4 euro circa) oggi, con l'inflazione galoppante, ne costa 5000! Praticamente, è possibile fare un pieno di benzina con pochi centesimi dei vostri euro, ma un'aspirina costerebbe – se si trovasse – 400 euro!”.
L'intervista
Da qualche anno sono attive organizzazioni internazionali che inviano farmaci in Venezuela per fare fronte a una delle maggiori emergenze sanitarie del mondo. In Terris ha intervistato il dott. Edoardo Leombruni, medico chirurgo presso l’ospedale di Sulmona (Aq), presidente di Ali e coordinatore del Pahpv Inc. per l’Italia.
Cosa è Ali e cosa fa concretamente la vostra Onlus per i venezuelani?
L’Associazione Latinoamericana in Italia (Ali) è stata costituita nel febbraio del 2004 a Sulmona per volontà di un gruppo di italo-venezuelani come me – io vivo in Italia da 30 anni – con scopo prevalentemente culturale. Nel 2016, quando è iniziata la grave crisi umanitaria in Venezuela, le varie associazioni di italo-venezuelani in Italia sono confluite in Ali perché era l’unica che nel suo statuto contemplava la possibilità di inviare aiuti umanitari e gestire prodotti quali farmaci e presidi sanitari. Il passo successivo è stato quello di trasformarci in una Onlus per metterci in regola con la legge Gadda del 14 settembre 2016 sulla riduzione degli sprechi, sia alimentari sia dei farmaci. Oggi siamo oltre 150 volontari presenti in tutta Italia, dal Trentino alla Sicilia, in massima parte italo-venezuelani, ma ci sono anche altri immigrati sudamericani e numerosi “autoctoni”.
Parlando di numeri, cosa siete riusciti a fare?
In Venezuela ad oggi manca l’87% dei farmaci: praticamente, le poche persone che hanno i soldi per comprarli, non possono farlo perché le medicine semplicemente non ci sono. Solo pochissimi fortunati riescono ad acquistarli all’estero, o tramite il mercato nero oppure emigrano. Dall’inizio della nostra attività ad oggi siamo riusciti ad inviare più di 6000 kg di farmaci, considerando che una scatoletta di medicine pesa in media 20 gr! Ogni mese cresce le quantità di medicine inviate, sia perché sono aumentate le esigenze nel Paese latino, sia perché è aumentata la sensibilità dei cittadini italiani.
Le comprate o vengono donate?
Le medicine vengono tutte donate perché siamo un ente beneficiario riconosciuto. Non possiamo addossarci anche la spesa dell’acquisto dei farmaci perché ci sono a nostro carico i costi dell’invio che sono altissimi.
Quali sono i vostri partner?
Abbiamo appoggi da tutte le associazioni italiane; in primis da Caritas Italia, strettamente collegata alla Caritas venezuelana; altro importante partener è il Banco Farmaceutico di Milano, del quale siamo uno degli enti beneficiari; inoltre, ci sono diverse onlus, come Le Medicine onlus di Grottarerrata (Rm), Una Medicina per Tutti (dell’ordine dei farmacisti di Napoli), il Centro Missionario Medicinali onlus di Firenze, il Comitato per la Lotta Contro la Fame nel Mondo di Forlì e altre 10 organizzazioni minori sparse sul territorio nazionale; senza contare le donazioni personali di tanti cittadini, da parte della sempre più crescente comunità venezuelana in Italia e del lavoro degli instancabili volontari Ali.
Quali farmaci mancano alla popolazione ?
Riceviamo di tutto eccetto i farmaci “particolari”. In primis, mancano quelli oncologici che per la loro tossicità e la necessità di mantenere intatta la catena del freddo non superano le frontiere; poi, mancano quelli per le malattie rare, per le malattie tropicali non presenti in Italia e – paradossalmente – sono troppo pochi anche quelli pediatrici. In pratica, riusciamo a coprire dal 60% all’80% delle necessità della popolazione venezuelana.
Cosa accade all’altro 20% che non viene coperto, pensiamo ai malati oncologici o ai bambini con malattie rare?
Le persone che non hanno accesso ai farmaci, purtroppo spesso muoiono. E’ infatti impossibile farle curare in Italia perché non sono coperte dal Servizio sanitario nazionale e i costi delle cure, per esempio quelle oncologiche, sono altissimi, anche centinaia di migliaia di euro. Una notizia bella è che alcune Regioni, tra cui la regione Abruzzo – storicamente tra le 4 regioni italiane con il maggior numeri di emigranti in Venezuela – ha regalato soldi per aiutare gli abruzzesi venezuelani indigenti tramite la fondazione “Abruzzo solidale”. Sarebbe bello che tutte le regioni italiane donassero dei soldi per acquistare e inviare i farmaci.
Come fate a inviare i farmaci?
L’Ali aderisce al Programa de Ayuda Humanitaria para Venezuela Inc. (Pahpv Inc.), un’organizzazione non governativa statunitense, con sede a Miami, costituita nel 2014 da Marisol Dieguez. Il Pahpv riceve le donazioni che arrivano da tutto il mondo e le spedisce in Venezuela tramite un accordo internazionale. L’Italia è la prima Nazione in Europa per farmaci inviati!
A chi arrivano e chi distribuisce le medicine?
Attraverso il Pahpv, i farmaci arrivano alla Caritas venezuelana e alle varie Caritas diocesane presenti in tutto il territorio nazionale. Vengono riforniti anche i due principali ospedali cattolici nazionali, il San Giovanni di Dio e l’ospedale Padre Machado, presenti a Caracas e in altre 5 grandi città; infine, ad altre 60 Ong che rendono conto del loro operato affinché nulla di quello che viene inviato vada a finire nelle mani del mercato nero.
Un appello finale?
Chiediamo agli italiani di darci una mano, regalandoci medicine o meglio ancora donando del denaro per l’invio delle stesse. La maggior difficoltà per l’associazione, infatti, non è avere i farmaci, ma sostenere l’alto costo della spedizione e, pertanto, reperire i contributi.
Chi volesse fare una donazione, può farlo tramite la pagina dell’associazione all’url: http://www.ali-italia.org/ali/dona/