Tumori: in Europa sono 198 quelli classificati come “rari”

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In Europa si definiscono “rari” i tumori con una incidenza pari o inferiore a 6 casi su 100.000 abitanti ogni anno nella popolazione: sono 198 le patologie oncologiche che hanno avuto questa classificazione grazie al progetto Rarecarenet, supportato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto nazionale dei tumori di Milano.

In Italia rappresentano il 24% di tutte le nuove diagnosi di cancro: questo significa 89.000 nuovi pazienti ogni anno e circa 900.000 persone, tra le quali tanti bambini, che oggi lottano contro uno di questi tumori. Ma se per le malattie rare l’Italia ha strutturato reti di presa in carico, un sistema di registri e diverse specifiche normative, il ramo raro dell’oncologia soffre ancora di alcuni ritardi.

Osservatorio Malattie Rare

Per questo l’Osservatorio Malattie Rare ha promosso e coordinato un tavolo di lavoro che ha portato alla realizzazione del Quaderno “Tumori Rari: quale futuro per la Rete“. Il lavoro non solo fa una panoramica scientifica e normativa della situazione dei tumori rari in Italia, ma fa emergere alcune azioni necessarie per soddisfare i principali bisogni dei pazienti e degli specialisti.

Le azioni necessarie

Tra queste azioni, che sono state sottoposte all’attenzione delle istituzioni e in particolare del Ministero della Salute, ci sono: la necessità di avviare velocemente la Rete Nazionale Tumori Rari (Rntr), di finanziare la Rete stessa, di investire nella telemedicina e quindi anche sulla rete telematica del Paese, e infine di inserire i test molecolari e i percorsi di precision medicine nei Lea.

Per Francesco De Lorenzo, presidente di Favo, “la rarità non rende il tumore incurabile o con minori aspettative di guarigione. Alcune neoplasie rare hanno percentuali di guarigione o controllo della malattia superiori a tumori molto più diffusi. Il fatto che siano poco frequenti però genera difficoltà nella diagnosi e presa in carico, soprattutto dove non sono presenti strutture in grado di valutare correttamente la condizione dei pazienti”.

Milena Castigli: