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Sindemia, ovvero l’altra (triste) faccia della pandemia

L'insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici comporta una sindemia senza precedenti, la preoccupazione degli esperti

Ricorre oggi il primo, triste anniversario da quando l’Italia è caduta nell’emergenza sanitaria a causa della diffusione del Covid 19. Ma a un anno da quel giorno, oltre a un numero incalcolabile di vittime, la pandemia ha purtroppo generato altri mostri. Tra questo, la cosiddetta “sindemia“. Di che cosa si tratta?

Che cosa è la sindemia

Come la definiscono gli esperti, la sindemia è la risultante di un insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie (Treccani On line). In pratica è il prodotto della pandemia, che oltre ad avere un impatto sanitario, comporta ripercussioni economiche, emotive e culturali che fanno da moltiplicatore anche al malessere psichico delle persone.

Insomma, il Covid-19 “contagia” il corpo e anche la mente. L’allarme è lanciato dagli esperti della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) riuniti on line lo scorso Gennaio nel XXII congresso nazionale.

Cosa affermano gli esperti della Sinpf

Quello che si prospetta è  “un milione di nuovi casi di disagio mentale”, sulla scia della crisi economica, dei lutti, della paura delle persone. 

Così spiegano psichiatri, farmacologi, neurologi e psicologi: “In chi è entrato in contatto con il virus aumenta fino a 5 volte la probabilità di sintomi depressivi rispetto alla popolazione generale e si stima che nei prossimi mesi possano emergere fino a 800mila nuovi casi di depressione (l’incidenza di questa problematica è stimata attorno al 30% dei malati Covid, chiariscono gli esperti, e i contagi a oggi sono già 2,4 milioni)”. Oltre a ciò, “metà delle persone contagiate manifesta disturbi psichiatrici con un’incidenza del 42% di ansia o insonnia, del 28% di disturbo post-traumatico da stress e del 20% di disturbo ossessivo-compulsivo”. 

La “sindemia da Covid-19” coinvolge anche chi non è stato toccato direttamente dal virus:gli esperti del Sinpf calcolano che fra i familiari dei circa 86mila pazienti deceduti, almeno il 10% andrà incontro a depressione entro un anno. Ciò è dovuto a “un lutto complicato che si protrarrà oltre dodici mesi, anche a causa delle regole di contenimento del contagio che hanno impedito a molti di poter elaborare il dolore, rivedendo un’ultima volta il congiunto per l’estremo saluto”, spiega Claudio Mencacci, co-presidente della Sinpf e direttore del Dipartimento neuroscienze e salute mentale dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano.

Chi rischia di più la sindemia

Ad accentuare il disagio mentale in tutta la popolazione, la situazione di crisi economica provocata dalla pandemia: “Il rischio di depressione raddoppia in chi ha un reddito inferiore ai 15mila euro all’anno e triplica in chi è disoccupato”. Ecco perché si stima che “saranno almeno 150mila i nuovi casi di depressione dovuti alla disoccupazione da pandemia”, dice Mencacci. 

Chi rischia di più sono soprattutto donne, giovani e anziani; le prime già più predisposte alla depressione e più toccate dalle ripercussioni sociali e lavorative, i secondi che hanno vissuto profonde mutilazioni nella vita di relazione e soffrono gli effetti della crisi sull’occupazione, e gli anziani, più esposti ai contagi e ai disturbi mentali. 

Così Matteo Balestrieri, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia e professore ordinario di Psichiatria all’università di Udine:”Con il prolungarsi dello stato di emergenza e delle restrizioni alla socialità, al lavoro, alla possibilità di programmare un futuro, anche chi non è stato contagiato è sull’orlo di una crisi di nervi. Dopo una fase iniziale in cui si è fatto il possibile per resistere e si combatteva soprattutto la paura del virus, ora sono subentrati l‘esaurimento, la stanchezza, talvolta la rabbia. E ciò che preoccupa è soprattutto l’ondata di malessere mentale indotta dalla crisi economica: le condizioni ambientali e socio-economiche hanno infatti un grosso peso sul benessere psichico della popolazione e la pandemia di Covid-19 sta creando le premesse per il dilagare del disagio”.

Migliorare l’assistenza e la cura dei pazienti

Oggi inoltre, prosegue Mencacci, “le famiglie che versano in stato di povertà assoluta sono 2,1 milioni, in continuo aumento. Il disagio economico innesca il malessere psichico, come certifica anche il notevole incremento delle vendite di psicofarmaci registrato negli ultimi mesi. Siamo quindi realmente di fronte a una sindemia di proporzioni senza precedenti, a cui reagire migliorando l’assistenza e le cure dei pazienti. Al contrario di quanto è accaduto nei primi mesi di pandemia, quando le visite e le prestazioni sanitarie nei centri di salute mentale si sono ridotte, occorre puntare a rafforzare i servizi ed è indispensabile essere più vicini possibile ai cittadini. A partire dai medici di famiglia, che possono intercettare per primi il disagio inviando poi i pazienti dallo specialista”.

 

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