I bambini nati nelle aree in cui vengono estratti combustibili fossili con la tecnica del fracking – una tecnica di estrazione degli idrocarburi imprigionati in rocce argillose nel sottosuolo che prevede la fatturazione delle rocce attraverso l’uso di acqua, sabbia e additivi chimici ad alta pressione – hanno un rischio fino al 30% più alto di presentare malformazioni alla nascita. È uno dei dati emersi da uno studio dell’University of Calgary pubblicato su Jama Pediatrics.
I dati della ricerca
La ricerca ha preso in considerazione 9.158 gravidanze portate avanti da donne residenti nel raggio di 10 km da impianti di fracking nello stato dell’Alberta, in Canada. Confrontati con i bambini di altre aree rurali dello stato, i neonati esposti al fracking avevano un rischio più alto del 31% di presentare anomalie congenite, del 12% di essere piccoli per età gestazionale e del 7% di mortalità neonatale o di soffrire di gravi patologie alla nascita.
“La fratturazione [fracking in inglese, ndr] idraulica può avere ricadute sulla salute attraverso diversi processi: la perforazione, l’estrazione e l’uso di sostanze chimiche tossiche possono portare alla contaminazione delle acque sotterranee, inoltre il traffico di autocarri pesanti può creare ulteriore inquinamento dell’aria”, spiegano i ricercatori.
“Sebbene in questa analisi non possiamo accertare i meccanismi (ad esempio, la contaminazione dell’aria o dell’acqua) attraverso i quali la fratturazione idraulica e l’estrazione di petrolio e gas possono aumentare il rischio di esiti negativi per la salute, – concludono i ricercatori riportati da Ansa – incoraggiamo ulteriori ricerche per chiarire ulteriormente questo fenomeno”.