L’azione dei nostri muscoli intestinali, cioè quelli che spingono il cibo lungo il tratto gastrointestinale, è influenzata da degli specifici geni. I meccanismi che regolano la nostra motilità intestinale sono infatti scritti nel nostro Dna. Questa scoperta, risultato raggiunto nel corso di uno studio condotto dal professor Mauro D’Amato e dal ricercatore Ferdinando Bonfiglio, pubblicato sulla rivista scientifica americana Cell Genomics, apre le porte a nuove terapie per il trattamento di disturbi come la sindrome dell’intestino irritabile, – che colpisce fino al 10% della popolazione mondiale – e alla possibilità di identificare i soggetti a rischio di contrarla. “Grazie a questi risultati e con appositi studi di follow-up potremmo avere una batteria di nuovi bersagli farmacologici da sfruttare”, illustra D’Amato, ordinario di genetica medica alla Libera università mediterranea di Bari.
Lo studio
Sono stati 167.875 i soggetti presi in esame nel corso della ricerca, provenienti da coorti di diversi Paesi come Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, Svezia e Stati Uniti. Nello studio, si è ricorsi a un questionario per raccogliere la frequenza dei movimenti intestinali, dato che è stato poi associato al loro corredo genetico. Tra i risultati, nelle persone con una frequenza dei movimenti intestinali alta o bassa si sono osservati cambiamenti specifici del Dna più comuni che nel resto della popolazione, riguardanti geni che sono poi stati studiati nel dettaglio.
Il team
Lo studio è stato condotto da un team internazionale coordinato dal professor D’Amato, oggi ordinario alla LUM e che all’epoca della ricerca ricopriva incarichi all’estero, come quello alla Monash University di Melbourne, in Australia, e al Karolinska Institutet di Stoccolma, e vede primo autore della pubblicazione Ferdinando Bonfiglio, ricercatore rientrato nel nostro Paese nel 2021, all’università Federico II di Napoli, dopo anni di attività in Svezia, Spagna e Svizzera.
Intestino irritabile
Dallo studio emerge che nel nostro corredo genetico sono scritti anche i meccanismi per cui la motilità intestinale è alterata in alcuni pazienti con la sindrome dell’intestino irritabile, un disturbo che nel mondo arriva a colpire fino al 10% della popolazione.
“Attualmente per la sindrome dell’intestino irritabile non esiste un trattamento efficace per tutti – continua D’Amato – quindi perfezionando le informazioni genetiche ottenute dal nostro team, potremmo ottenere una stratificazione dei pazienti in diversi gruppi di trattamento e terapie più mirate”.
“Tra i tanti risvolti pratici di questa scoperta c’è la possibilità di identificare, grazie alle informazioni genetiche raccolte, gli individui con maggiore rischio di contrarre la sindrome”, spiega Bonfiglio.