Scende l’incidenza settimanale dei casi di coronavirus in Italia: 559 ogni 100mila abitanti (dal 29 aprile al 5 maggio 2022) rispetto a 699 della settimana precedente. Nel periodo 13-26 aprile 2022, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,96 (range 0,85- 1,07), “sostanzialmente stabile” rispetto alla settimana precedente quando era 0,93. Sono i dati che emergono dal monitoraggio settimanale Iss-ministero della Salute.
Scende l’occupazione di terapie intensive e reparti
Il tasso di occupazione in terapia intensiva dei malati Covid scende al 3,7%(rilevazione giornaliera ministero della Salute al 5 maggio), rispetto al 3,8% rilevato nel monitoraggio di una settimana fa. Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale scende al 14,5% (rilevazione giornaliera ministero della Salute al 5 maggio), contro il 15,6% del 28 aprile.
Incidenza più alta in Abruzzo (901), reparti in Umbria a 32,6%
E’ l’Abruzzo la regione con l’incidenza più alta in Italia, con un valore di 901 casi ogni 100 mila abitanti rispetto alla media nazionale di 559. Segue l’Umbria con 698,7 e la Basilicata con 691. La Regione con l’occupazione dei reparti più alta con un valore del 32,6% è l’Umbria rispetto alla media nazionale del 14,5. Per le terapie intensive è la Liguria con il 6,6% rispetto al 3,7% di valore medio nazionale.
Nessuna Regione a rischio alto
Nessuna Regione italiana è classificata a rischio “alto” dal monitoraggio settimanale dell’Iss. In particolare, fa sapere l’Istituto, tre Regioni/Province autonome sono classificate a rischio moderato; le restanti sono classificate a rischio basso. Nove tra Regioni e Province autonome riportano almeno una singola allerta di resilienza. Una riporta molteplici allerte di resilienza.
“La percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti è stabile (12% vs 12% la scorsa settimana) – scrive l’Iss -. Anche la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi rimane sostanzialmente stabile (42% vs 40%), come anche la percentuale dei casi diagnosticati attraverso attività di screening (46% vs 47%)”.