Secondo uno studio coordinato dall’Iss, in Italia i pazienti affetti da un disturbo mentale deceduti per Covid, pur avendo ricevuto le medesime cure di persone non affette queste patologie, sono morti in età mediamente più giovane.
Dallo studio emerge infatti che chi soffre problemi mentali gravi andrebbe considerato prioritariamente per le vaccinazioni. In base ai dati, scrivono gli autori, l’essere affetti da un disturbo mentale costituisce un fattore di rischio indipendente per infezione da Sars-CoV-2 e può associarsi ad un aumento della mortalità.
Come è stata condotta l’indagine
Per valutare la situazione in Italia sono state prese in esame le cartelle cliniche di 4020 pazienti deceduti con Covid in 365 ospedali italiani dal 21 Febbraio al 3 Agosto 2020, il 2,1% dei quali era affetto da un disturbo psichiatrico grave (schizofrenia o altro disturbo psicotico, disturbo bipolare) e il 4,4% da un disturbo mentale comune (disturbo depressivo senza sintomi psicotici, disturbo d’ansia). I tempi di accesso ai test per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 sono risultati sovrapponibili e non sono emerse differenze nell’accesso alla terapia intensiva correlate alla diagnosi di patologia psichiatrica.
L’età media al decesso dei pazienti con un disturbo psichiatrico grave è risultata pari a 71,8 anni, rispetto ai 78,0 dei pazienti senza una diagnosi pregressa di disturbo mentale e ai 79,5 degli affetti da disturbo mentale comune.
“Fin dai primi mesi della fase pandemica – specificano Ilaria Lega e Lorenza Nisticò, promotrici dello studio – è apparso evidente che la scarsa aderenza alle misure di protezione individuale legata a una ridotta consapevolezza del rischio, le frequenti comorbilità cardiovascolari e metaboliche associate, la difficoltà nel riconoscere e riferire i sintomi fisici a causa delle alterazioni cognitive o della mancanza di motivazione, potessero esporre le persone affette dai disturbi mentali più gravi a un maggior rischio”.