Come abbinare farmaci, cibo e non solo

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I farmaci possono dare luogo a interazioni indesiderate non solo tra loro, ma anche con cibo, alcol, rimedi erboristici, integratori, fumo di sigarette. Si possono determinare l’aumento, la riduzione o l’annullamento degli effetti di uno o più farmaci, se non addirittura il verificarsi di eventi anche gravi.

Troppe medicine

I soggetti più a rischio sono le persone tra i 65 e gli 85 anni, in quanto secondo l’Osservatorio sull’uso dei medicinali assumono mediamente 6-7 farmaci prescritti dal medico, che sommati a quelli acquistabili senza obbligo di ricetta, fanno salire a 10 il numero dei principi attivi assunti al giorno. Bisogna considerare che, negli ultimi vent’anni, il mondo scientifico ha approfondito i meccanismi che l’organismo mette in atto per metabolizzare, assorbire ed eliminare i farmaci. E tutto questo permette di personalizzare sempre più le terapie e prevenire le possibili interazioni, anche se alcune di esse possono essere inattese. Il rischio viene di solito segnalato nel foglietto illustrativo, che si trova all’interno delle confezioni e rappresenta una sorta di carta d’identità dei medicinali.

Distanziamo l’assunzione

Altro aspetto di cui tenere conto sono gli eccipienti, che variano da un farmaco all’altro. Ogni medicinale, oltre al principio attivo, contiene infatti altri “ingredienti”, come conservanti, antiossidanti, leganti, eccetera, che servono alla formulazione della preparazione, favorendone la stabilità, la conservazione, la somministrazione e il rilascio del principio attivo all’interno dell’organismo. Di solito, si tratta di molecole inerti, ossia prive di proprietà terapeutiche. Però, alcune di esse quali il magnesio carbonato o stearato, il ferro ossido, possono interagire con farmaci come quelli usati per trattare l’ipotiroidismo.

Occhio, anche, all’assunzione di integratori vitamici o di sali minerali molto più concentrati che possono ridurre l’effetto di numerosi farmaci, come ad esempio gli antibiotici. Qual è la soluzione? Distanziare l’assunzione dei vari prodotti di almeno un paio di ore, assumendo prima il farmaco e più tardi l’integratore.

Anche le erbe non vanno prese sotto gamba

C’è l’errata convinzione che i prodotti di origine vegetale siano innocui in quanto naturali. Non è così. Le erbe contengono sostanze biologicamente attive, ossia sostanze biologicamente attive, ossia componenti da cui dipende una certa azione curativa. Alcuni estratti vegetali stimolano l’attiva di alcuni enzimi epatici che servono a metabolizzare i farmaci. Come spiega la Professoressa Carla Ghelardini, ordinario di Farmacologia Clinica e Farmacognosia presso l’Università di Firenze:l’iperico, ad esempio, noto per la sua capacità di stabilizzare il tono dell’umore e usato per la cura delle depressioni lieve e anche lo zenzero, se assunti in concomitanza di alcuni farmaci possono farne diminuire la concentrazione nel sangue e, quindi, ridurne l’efficacia. Questo vale ad esempio per i farmaci che permettono di tenere sotto controllo il colesterolo… Ma l’elenco è piuttosto ampio e variegato”. L’esperta segnala che: “Il composto attivo della liquerizia, la glicirrizina, può mantenere alti nel sangue i livelli di methotrexate, un antitumorale, di cui aumenta notevolmente la tossicità. Persino il famigerato tè verde non è immune da rischi: le sue epicatechine, esaltate per le proprietà antinvecchiamento, inibiscono uno specifico trasportatore di membrana, l’Oatpla2, implicato nell’assorbimento intestinale di molti farmaci, come alcuni betabloccanti ma anche statine, antibiotici, chemioterapici e steroidi”. Inoltre, non va sottovalutato neppure l’uso di tisane, infusi o decotti, soprattutto se l’uso non è sporadico, ma abituale.

Per evitare, dunque, di avere problemi, occorre usare il buon senso: quando si segue una terapia farmacologica, sia in forma cronica che sporadica, va evitato l’uso di rimedi erboristici senza il consiglio del medico di base o del farmacista.

E il cibo

Va riservata pari attenzione al cibo. Tra farmaci assunti per via orale e alimenti esiste, infatti, la concreta possibilità che a livello dell’apparato digerente si verifichino interazioni. Se assunti a stomaco pieno, alcuni medicinali possono accelerare o al contrario rallentare il rilascio dei loro principi attivi, comportando maggiori effetti collaterali oppure una minore efficacia.

Molte verdure a foglia verde e molte crucifere, come cavoli e broccoli, hanno un elevato contenuto di vitamina K che può compromettere l’efficacia delle terapie anticoagulanti orali. Altri cibi particolarmente critici sono il latte e latticini, in quanto dato che il calcio può legarsi agli antibiotici, in particolare tetracicline e fluorochinoloni, rendendoli inefficaci. Ovviamente non è che non si possano più consumare questi cibi, occorre solo distanziarne l’assunzione nel corso della giornata.

Giulia Ficarola: