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Ecco quali sono i cibi con più residui di pesticidi

Uno studio dell'Efsa conferma che fragole, cavolo cappuccio e uva: ecco i cibi con più residui di pesticidi ma non sarebbero dannosi per la salute

I pesticidi sono largamente utilizzati in agricoltura. Il loro compito è quello  di tenere lontani parassiti così da far crescere rigogliosi i raccolti. Però in molti casi questi prodotti chimici permangono nella frutta e negli ortaggi che finiscono sulle nostre tavole.

Come riporta Agrifood Today, secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’Efsa, nel 2019 sono aumentati i pesticidi trovati su fragole, cavolo cappuccio, uva da vino e grasso di maiale, mentre appaiono in diminuzione su pesche, lattughe, mele e pomodori.

Cosa è cambiato

Rispetto al 2016 per le fragole il tasso di sforamento delle quantità di pesticidi ammesse è quasi raddoppiato, passando dall’1,8% al 3,3%. Come riporta l’Efsa, che ha effettuato anche uno studio dei rischi alimentari, i prodotti analizzati nel 2019 hanno però poca probabilità di comportare un rischio per la salute dei consumatori.

Le autorità presentano però alcune raccomandazioni per aumentare l’efficacia dei sistemi di controllo europei, in modo da garantire come sempre un elevato livello di tutela dei consumatori.

Sono complessivamente 96.302 campioni di alimenti analizzati nel rapporto Efsa del 2019 (il 5,8% in più rispetto al 2018): il 96,1% è risultato rientrare nei limiti di legge. Circa il sottoinsieme di 12.579 campioni analizzato in base al programma di controllo coordinato dall’Ue (Eucp), il 98% era nei limiti di legge. L’Eucp ha preso in esame campioni presi a caso in 12 prodotti alimentari: mele, cavolo cappuccio, lattuga, pesche, spinaci, fragole, pomodori, avena in chicchi, orzo in chicchi, uva da vino (rosso e bianco), latte vaccino e grasso di maiale. Nel 53% dei casi esaminati non sono emersi residui quantificabili; il 45% conteneva uno o più residui in concentrazioni inferiori o pari ai limiti ammessi; il 2% infine, cioè 241 campioni, conteneva residui eccedenti il massimo di legge, dei quali l’1% è stato sottoposto a misure legali.

Rispetto alle verifiche fatte nel 2016, il tasso di sforamento delle quantit à di pesticidi ammesse risulta diminuito per pesche (da 1,9% a 1,5%), lattuga (da 2,4% a 1,8%), mele (da 2,7% a 2,1%) e pomodori (da 2,6% a 1,7%); un aumento si è registrato invece per fragole (da 1,8% a 3,3%), cavoli cappuccio (da 1,1% a 1,9%), uva da vino (da 0,4% a 0,9%) e grasso di maiale (da 0,1% a 0,3%). Come nel 2016, non risultano sforamenti nel latte vaccino.

I pesticidi

Tra i prodotti chimici utilizzati, il pesticida che risulta più “abusato” è risultato il clorato, seguito dalla nicotina (soprattutto in verdure a foglia come lattuga, spinaci, cavolo), dal clordecone (trovato in Francia in prodotti importati da Guadalupe e Martinica), l’antrachinone (in foglie di tè provenienti dalla Cina), il dimetoato (che in Italia è vietato dall’ottobre 2020).

Il glifosato sempre troppo presente

Per quanto riguarda i residui di glifosato negli alimenti, nel 2019 il glifosato è stato analizzato in 26 paesi per un totale di 13.336 campioni. Di questi 165 erano campioni di alimenti per l’infanzia e 1.028 erano campioni di alimenti di origine animale (compreso il miele).

Come riporta ancora Agrifood Today, nel 97% dei campioni il glifosato non era quantificato. Nel 2,7% dei campioni (364 campioni), era presente ma in quantità inferiore ai limiti di legge, mentre in 12 campioni (0,1%), i livelli di residui hanno superato i limiti di legge. Un tasso di superamento pari a quello riscontrato nel 2018, sebbene il tasso di quantificazione (2,7%) sia stato aumentato rispetto al 2018 (1,9%). I residui di glifosato non sono stati quantificati in nessun campione di alimenti per l’infanzia.

 

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