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Bambini e ragazzi, le vittime silenziose della pandemia

La situazione psicologica difficile dei nostri figli riportata in una ricerca sull'impatto che il Covid-19

L’argomento, purtroppo, è diventato già materia di studio. Infatti, a un anno dall’inizio della pandemia, tra le vittime “silenziose” dell’emergenza ci sono senz’altro adolescenti e bambini. Loro, risparmiati dal virus, hanno però pagato in termini di relazioni sociali, di spensieratezza, di vitalità.

“Bambini, adolescenti e Covid-19 – l’impatto della pandemia dal punto di vista emotivo, psicologico e scolastico” è il titolo di un volume della Erickson recentemente pubblicato.

Il sito Orizzontescuola.it ha raccolto un’interessante intervista con il curatore, il Professor Stefano Vicari, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Oltre la crisi sanitaria

L’impatto della pandemia produce i suoi effetti, a della del Professore, “soprattutto in questa seconda ondata, sui bambini e sugli adolescenti, sia in quelli che non manifestavano disturbi di alcuna natura prima della fase pandemica, che in quelli che già avevano un disturbo mentale e che la pandemia, dai dati che abbiamo a disposizione, sembrerebbe aumentare”.

Sia il primo lockdown, sia la situazione di grande instabilità generale hanno prodotto un “forte stress per bambini e adolescenti”. Questa realtà è stata documentata da numerosi articoli scientifici, dalla Cina ad altri lavori europei e non solo, che “hanno documentato come nei bambini in età preadolescenziale, quindi fino a 12 anni, si sia registrato un aumento dei disturbi del sonno e dell’ansia in generale. Quindi sono bambini più irritabili, che dormono meno, dormono male, e che mostrano forti preoccupazioni rispetto alla loro salute ma ancora di più per quel che riguarda la salute dei propri genitori”.

La situazione degli adolescenti, come riferisce il prof. Vicari registra un netto aumento dei disturbi del sonno, associato alla comparsa di quadri di ansia e di depressione, quindi anche di forte chiusura. “Nell’analisi dei dati – si legge nell’intervista – abbiamo riscontrato una differenza marcata tra la prima e la seconda fase della pandemia. Nella prima ondata, il periodo che va da marzo a giugno, abbiamo registrato addirittura una leggera diminuzione dei casi di rilevanza psichiatrica, parlo di ragazzi che hanno manifestato un vero e proprio disturbo mentale, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il tutto è cambiato drammaticamente con la seconda ondata, il periodo che va da ottobre ad oggi, dove invece abbiamo registrato un forte aumento delle richieste di aiuto nell’ordine del 25/30 % in più”.

La segnalazione più drammatica riscontrata è quella del netto aumento dei tentativi di suicidio. Gli adolescenti si presentano al pronto soccorso per episodi di tentato suicidio o attività di autolesionismo.

Questi dati, come sottolinea l’esperto, sono legati al fatto che la mancanza della scuola è un qualcosa di tragico: non solo didattica, ma esperienza formativa, luogo in cui si sperimentano relazioni positive, mediate da adulti che hanno un ruolo educativo fondamentale.

“Chiudere questo tipo di esperienze lascia i ragazzi soli ma anche privi di strumenti per compensare le loro ansie”. Per gli adolescenti la possibilità di confrontarsi in contesti positivi è un aspetto importantissimo. La salute psichica infatti si basa sostanzialmente sulla costruzione di relazioni positive: in pratica sull’educazione ad una corretta socialità. Questo è un compito importantissimo che difficilmente può essere svolto da altri soggetti che non siano la scuola.

Una delle risposte più frequenti degli adolescenti a questa mancanza di socialità, purtroppo pare essere quella della chiusura: oltre all’aumento dell’irritabilità e dell’aggressività, come riporta il prof. Vicari, ci può essere una forma di “ritiro sociale”, ovvero la mancanza di volontà di relazioni sociali. Sono ragazzi che si rinchiudono in casa e rifiutano di uscire per vari motivi (paura del contagio, difficoltà a incontrare coetanei). Si tratta di atteggiamenti che, secondo lo psichiatra, non finiranno con la fine della pandemia.

Tra gli atteggiamenti più pericolosi, infine, quelli di ragazzi che si feriscono volontariamente, o addirittura tentano il suicidio. “Non sono solo ragazzi grandi – si riporta nell’intervista – 16/17 anni, ma purtroppo abbiamo avuto esperienze anche con ragazzi poco più che bambini, intorno ai 12/13 anni, che hanno fatto gesti davvero ad alto rischio”.

Cosa possiamo fare per i ragazzi

Non c’è una risposta univoca a un problema così complesso. Non sarà facile affrontare questa situazione, ma è urgente intervenire: i nostri figli hanno bisogno di sostegno e aiuto.

Interessarsi al loro mondo interiore, condividere con loro paure e speranze, stimolarli a guardare oltre e coltivare, comunque, una speranza.

Solo una vicinanza emotiva quotidiana potrà aiutare bambini e ragazzi a non scivolare nel baratro. E aiuterà anche noi.

 

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