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Un corpo formato 3D

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Protesi 3D: gli organi creati con la stampante sono realtà. Attraverso scansioni 3D è possibile riprodurre il modello tridimensionale di parti del corpo umano. All'ospedale Meyer di Firenze è stato ricostruito ex novo un orecchio a un bambino grazie a questo sistema. Il paziente, 13enne, è affetto da microtia, malformazione congenita rara che colpisce 5 bambini su 10.000, nel suo caso bilaterale, e porta a un'assenza di sviluppo dell'orecchio esterno, il padiglione auricolare. “Il chirurgo plastico partendo da cartilagini costali dello stesso bimbo ha dato ad esse la forma di orecchio grazie ai modelli stampati in 3D”, riferisce l’Ansa. Negli Stati Uniti, alla Carnagie Mellon University, un team di scienziati è riuscito a ricreare artificialmente tutte le parti di un cuore umano con un nuovo metodo di stampa 3D. La bioingegneria ha permesso di ricreare capillari e  ventricoli fino all’architettura completa dell’organo.

10 centri d’avanguardia in Italia

In dieci centri italiani d’avanguardia già oggi i chirurghi sostituiscono vertebre e ginocchia con protesi che riproducono esattamente quelle del paziente. “E il futuro annuncia organi creati su misura per ognuno di noi. E stampati in laboratorio in poche ore- riferisce Donna Moderna-Poche ore per creare un organo. Non è una magia, ma quello che succede in alcuni centri di ricerca americani, dove vengono “prodotti” fegati, bronchi, ovaie e tessuti in materiali biocompatibili. Tutto questo grazie alla stampante 3D. Una tecnologia nata nel 1986 grazie a un ingegnere che strizzava l’occhio all’industria e che ora diventa alleata della salute per una medicina sempre più personalizzata ed efficace”. Negli Usa, il mercato del settore supera il miliardo di dollari, con una crescita annua del 30%, come sottolinea il rapporto SmarTech analysis. E anche nel nostro Paese siamo all’avanguardia. Sembra fantascienza, ma è già realtà. “In Italia, e siamo i primi in Europa, abbiamo appena redatto le Linee guida per l’utilizzo di questa tecnologia, che è già realtà in una decina di strutture”, spiega al settimanale Alice Ravizza, ingegnere medico e responsabile scientifico delle Linee guida.

Migliori possibilità di guarigione

“Le stampanti 3D nella maggior parte dei casi vengono utilizzate per la pianificazione chirurgica: si creano modelli anatomici di parti del paziente così il chirurgo li studia, simula l’intervento e si esercita in tagli e movimenti. È un lavoro d’équipe: c’è grande collaborazione tra radiologi che forniscono le immagini, ingegneri biomedici che realizzano il modello e chirurghi. Un’altra applicazione riguarda la creazione di vere protesi o di parti come vertebre, costruite su misure per la persona”. Un’idea che sembra fantascienza, ma che invece è già realtà: basta varcare le porte dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna dove lavora il dottor Alessandro Gasbarrini, direttore del reparto di Chirurgia vertebrale a indirizzo oncologico e degenerativo, e “papà” delle vertebre 3D in titanio. “Servono per la ricostruzione della colonna dopo la resezione vertebrale, ossia quando vengono asportate una o più vertebre per trattare un tumore. Per offrire al paziente le migliori possibilità di guarigione, in alcuni casi rimuoviamo l’intero tratto malato di colonna, che poi però dobbiamo ricostruire visto che fa da sostegno del tronco. È un intervento molto complesso: ogni operazione va adattata al singolo perché non esistono due tumori uguali. Allora, perché puntare ancora su protesi prodotte in serie? Quelle 3D sono davvero personalizzate. È come vestire un abito di sartoria, tagliato su misura. Finora le abbiamo usate su 23 persone e i risultati sono eccellenti”, racconta a Donna Moderna. La tecnologia viene offerta dal Sistema sanitario nazionale. Il paziente, in pratica, non paga nulla.

Software e intelligenza artificiale

Ma è un modello sostenibile?”, si chiede il settimanale. Solo la stampante costa dai 30.000 ai 100.000 euro, a cui si aggiunge il lavoro del team che realizza e usa le protesi» precisa l’ingegnere Ravizza. «Sono interventi molto costosi, tanto che gli ospedali cercano partnership con start up e centri di ricerca. Ma bisogna guardare il rapporto costi-benefici: si riducono fino a un terzo sia le ore in sala operatoria sia il ricovero del paziente. Quindi l’investimento si ripaga in fretta. Maurilio Marcacci, responsabile del Centro per la ricostruzione articolare del ginocchio dell’Irccs Humanitas di Milano ha impiantato la prima protesi al ginocchio interamente stampata in 3D. “Ha un costo leggermente superiore, ma è fatta con un metallo resistente, che dura molto di più. Soprattutto, è ricostruita seconde le misure del ginocchio del malato, quindi è unica e perfetta: non dà disturbi, il paziente si riprende prima e ritorna velocemente a una qualità della vita ottima. Prima di entrare in sala operatoria, noi ci affidiamo anche all’intelligenza artificiale, un software che prepara l’intervento in ogni dettaglio. Il domani è questo”, dichiara a Donna Moderna. A proposito di futuro, le novità sono parecchie. Una delle direzioni verso cui la medicina si sta muovendo è quella delle ricostruzioni completamente biologiche, che utilizzano come materiale il tessuto osseo animale e umano.

Storia di Francesca

Sono una donna bionica”. Francesca si presenta al settimanale così e la sua non è una battuta. Ha 35 anni, vive in provincia di Roma dove fa la maestra della scuola materna e 5 anni fa le è stato diagnosticato un tumore maligno delle ossa. “Stavo giocando con i miei alunni quando mi sono infortunata. La radiografia ha evidenziato una macchia alla prima vertebra lombare. Era un cordoma, un tumore raro che può portare alla paralisi, quindi mi hanno indirizzato al Rizzoli di Bologna, dove ho conosciuto il dottor Gasbarrini. Lui mi ha proposto una protesi in titanio, creata con la stampante 3D. Me lo ricordo come fosse ieri, che mi spiega i dettagli con un sorriso pieno e precisa che “quel piccolo aggeggio così carino” mi avrebbe ridato la vita di prima: avrei recuperato più in fretta, sentendo meno dolore. E così è stato. Sono andata in sala operatoria a febbraio, a settembre sono tornata al lavoro. Ora il cancro non c’è più e la mia schiena è come nuova. Chi subisce operazioni di questo tipo rischia di avere poi una mobilità limitata, di non riuscire a compiere alcuni movimenti. Io sto sistemando la casa dove presto andrò a vivere con il mio fidanzato e mi sono iscritta a un corso di musical. Abbiamo portato in scena Il Re Leone. Sono una leonessa anche io. Bionica”.

Strategie alternative

Rigenerazione, ingegnerizzazione delle cellule, biofabbricazione e stampa in 3D. Il futuro delle persone con insufficienza d'organo sarà `hi-tech´, con lo sviluppo di alternative che permetteranno di evitare il trapianto. Ne sono convinti gli esperti al simposio scientifico Rimd che si è svolto a Palermo. La prima sfida è quella di aumentare la sopravvivenza a lungo termine dell'organo trapiantato. “Non possiamo semplicemente continuare ad aumentare l'immunosoppressione per prevenire il rigetto del trapianto”, afferma all’Ansa Fadi Lakkis, direttore scientifico dell'Istituto Trapianti Starzl di Pittsburgh -. I farmaci immunosoppressori possono avere effetti indesiderati importanti sul paziente. Dobbiamo piuttosto trovare modi nuovi e sicuri per prolungare la vita di un organo trapiantato”. E la ricerca va proprio nella direzione di individuare strategie alternative: dalla perfusione meccanica dell'organo all'uso delle cellule del sistema immunitario, alle terapie cellulari in fase di sperimentazione”. Dall'altro lato, sottolinea Riccardo Gottardi,  direttore del laboratorio di bioingegneria di Philadelphia, si va verso le alternative ai trapianti: “La medicina rigenerativa sta facendo passi da gigante, le nuove ricerche e l'applicazione alla clinica oggi avanzano su tre front: il primo approccio è sfruttare il ruolo del sistema immunitario nel favorire la rigenerazione dei tessuti, il secondo è la stampa 3D di organi e tessuti che negli ultimi 5 anni ha rivoluzionato la ricerca, il terzo è la creazione di modelli in vitro che riproducano perfettamente la fisiologia umana per mettere a punto farmaci sempre più efficaci e precisi.

Giacomo Galeazzi: