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Ricostruiti i “gusci” dei virus e scoperta una nuova proteina

Spesso in questa rubrica abbiamo parlato dei progressi che sta compiendo, in tutti campi (dall’ambiente alla robotica, ad aumentare la fecondità) l’intelligenza artificiale (Ai). La novità è che adesso è in grado di ridisegnare i “gusci” dei virus (i capsidi) usati come vettori per la terapia genica, in modo da renderli più efficienti nel trasportare le cure verso le cellule bersaglio. E a scoprire, seppur “accidentalmente”, una nuova proteina. Lo dimostra un esperimento di biologia sintetica frutto della collaborazione tra l’Università di Harvard e la compagnia biotech Dyno Therapeutics.

Vettori

I risultati, pubblicati sulla rivista Science, potrebbero rivoluzionare le terapie personalizzate, considerate da più parti la medicina del futuro. A frenare la sperimentazione delle terapie personalizzate, in gradi di colpire e curare solo le cellule malate e non tutto l’organismo, è stata proprio la scarsa disponibilità di vettori: quelli presenti in natura – spiega Ansa – possono essere facilmente riconosciuti e fermati dalle difese immunitarie, limitando il successo della terapia. Mentre i ‘gusci’ (chiamati capsidi) dei virus adeno-associati riescono a raggiungere l’organo bersaglio ed essere così usati come “fattorini” per portare la terapia a destinazione. Prima dell’avvento dell’uso dell’intelligenza artificiale, i ricercatori modifcavano il capside virale introducendo delle mutazioni, mirate o casuali: nel primo caso, si otetnevano però pochissime varianti, mentre nel secondo caso si riuscivano a produrre molte versione del capside ma di bassa qualità. Con il sistema di intelligenza artificiale sviluppato dai ricercatori statunitensi, invece, è stato possibile modificare, uno per uno, tutti i 735 amminoacidi che compongono il capside. In questo modo sono state generate ben 200.000 varianti del guscio virale, tra le quali sono state facilmente identificate quelle più efficaci nel raggiungere l’organo bersaglio nei topi. I dati prodotti dall’algoritmo hanno perfino permesso ai ricercatori di scoprire una nuova proteina del capside che non era mai stata notata prima: si chiama Maap e sembra avere un ruolo cruciale nell’aggancio della membrana delle cellule bersaglio.

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