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L'app per i bimbi siriani che scappano dalla guerra

Si chiama “Antura e le lettere” ed è un'applicazione – scaricabile da tutti i pricipali store digitali – che si rivolge ai bimbi siriani costretti a scappare dal proprio Paese a causa della guerra

L'obiettivo? “Insegnare l’arabo ai 2,3 milioni di minori siriani rimasti fuori dai circuiti educativi perché si trovano in campi di rifugiati (soprattutto in Libano, Giordania e Turchia) o perché impossibilitati a raggiungere una scuola”, spiega all’Agi una delle menti dietro al progetto, l'italiano Francesco Cavallari. Dietro ad Antura c’è un consorzio di cui fanno parte il Game Lab di Colonia, lo studio libanese Wixel e Video games without borders (Vgwb), l’associazione no profit spagnola fondata da Cavallari, che aggiunge: “L'idea alla base di Vgwb è massimizzare il contributo positivo dei videogiochi alla società”.

Due milioni di bimbi rifugiati

Lanciata a marzo 2018 dopo un anno di sviluppo, l’app è un esempio della cosiddetta gamification, la tecnica che prevede di utilizzare gli strumenti tipici del gioco per altri scopi, in genere educativi, come in questo caso: l’insegnamento. “L’obiettivo è duplice: oltre a imparare a leggere in arabo, la questione riguarda il miglioramento del benessere psico-sociale dei più giovani che, in teatri di guerra, hanno vissuto traumi. Lavoriamo soprattutto su autostima, capacità di concentrazione, problem solving; l’app serve come antistress”.

Dopo la cultura, il prossimo traguardo è l’integrazione. “Secondo noi il primo passo per l’integrazione è la lingua, per questo motivo lavoriamo a progetti di alfabetizzazione”, compreso l’insegnamento di lingue diverse da quella madre. Lo faranno in Uruguay dove, in estate, verrà lanciato un sistema rivolto ai bimbi delle elementari per insegnar loro l’inglese.

Italia

E l’Italia? Ancora è indietro, purtroppo. Nonostante il Bel Paese sia “Una priorità, visto il flusso migratorio che la riguarda”, finora, evidenzia Cavallari, “abbiamo avuto difficoltà a trovare partnership adeguate per avere impatto e migliorare la vita delle persone. Non farò qualcosa soltanto perché sono italiano, servono collaborazioni con chi si occupa di accoglienza per consentire a migranti e rifugiati di sapere che esistono questi strumenti”, conclude.

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