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Disinformazione e salute, fra troll e no vax

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C’è chi dice che la volontà popolare deve prevalere sulle leggi dell’uomo. Qualcun altro, invece, si è convinto che il pensiero collettivo deve preponderare addirittura su quelle della scienza.

Da una parte chi viene acclamato si professa automaticamente insindacabile, dall’altra la “gens telematica” – abbagliata dal “si dice” in Rete – non esita a smentire anni di ricerca approfondita e sperimentazione severa.

La rituale formula “In nome del popolo italiano” con cui i giudici si pronunciano nel dar lettura della sentenza, con un magico “trova e sostituisci” di un programma di elaborazione testi (o wordprocessor per chi preferisce l’etimo inglese) viene rivisitata dalle mille opportunità di condizionamento che la Rete mette a disposizione. Troll e influencer in carne ed ossa regalano l’illusione che ogni decisione sia apparentemente “in nome proprio del singolo cittadino-utente”.

Anche tematiche di indiscutibile criticità vengono rese torbide da sollecitazioni sul web pronte a mettere in dubbio la valenza di studi rigorosi e ad insinuare il timore di speculazioni e complotti. La gente abbocca, si lascia coinvolgere, si illude di aver finalmente capito tutto, matura convinzioni granitiche senza porsi anche le più elementari domande sull’attendibilità della fonte a cui ha appena prestato fede.

Il sospetto che quanto veicolato attraverso Internet rientri in un disegno preordinato poco alla volta trova conferme cui non si può restare indifferenti.

Un gruppo di ricercatori (in cui sono confluiti talenti di spicco di tre grandi atenei americani come George Washington University, University of Maryland e della Johns Hopkins University) ha recentemente pubblicato un interessante studio intitolato “Weaponized Health Communication: Twitter Bots and Russian Trolls Amplify the Vaccine Debate” (“Comunicazione armata in materia di sanità: messaggi automatizzati via Twitter e provocatori russi amplificano il dibattito sui vaccini”).

Obiettivo dell’attività di approfondimento era quello di capire come i bots (ovvero i messaggi su Twitter generati automaticamente da computer o veicolati dai sobillatori digitali o “troll”) siano in grado di promuovere contenuti relativi a tematiche connesse alla salute. Una analisi davvero molto attenta ha preso in esame comunicazioni inerenti i vaccini e raccolte da Luglio 2014 a Settembre 2017.

La rilevazione ha permesso di riconoscere una massiccia opera di diffusione di messaggi “no-vax” provenienti da account camuffati, falsi o comunque privi di concreta rispondenza che hanno dato luogo ad una sorta di “evangelizzazione” che poco alla volta ha eroso la fiducia dei cittadini nei confronti delle vaccinazioni. La disseminazione di tweet e post e di contenuti a questi associati ha coinvolto una platea di interlocutori che – privi delle necessarie competenze per riconoscere il grado di affidabilità delle notizie – hanno spesso condiviso e ripubblicato contribuendo alla propagazione di elementi informativi congegnati ad arte in una puntuale azione di “disinformazia”.

Il fenomeno – che telematicamente riporta alla Russia e a torme di specialisti locali di queste tecniche – si è riverberato però in un’area territoriale molto più vasta. La discussione su quel tema è infatti geograficamente riconducibile all’Italia, dove fake news o anche solo mezze bugie hanno trovato terreno fertile negli habitué dei social che spesso non hanno esitato a dileggiare online i pareri autorevoli dei più qualificati esperti di epidemiologia.

Le suggestioni ingannevoli innescate da Twitter e Facebook non faticano a trasformarsi in micidiali fattori di pericolosa destabilizzazione sociale fino a supportare iniziative legislative basate su un consenso …“non informato”, riverberandosi in questo caso in un contesto delicato quale possa essere la salute pubblica.

Lo studio del professor Broniatowski e dei suoi illustri colleghi (disponibile in Rete) invita a riflettere: la contaminazione social in questo caso non incrementa ma limita la libertà di pensiero e di scelta, indirizzando il treno della nostra vita su binari dove è facile deragliare.

 

 

Umberto Rapetto: