Categories: Tecnologia

Cosa non va con Rousseau

Logo Interris - Cosa non va con Rousseau

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: Cosa non va con Rousseau

Disservizio è quasi un sinonimo di piattaforma, almeno quando si parla di Rousseau. Non è la prima volta che il sistema informatico – che costituisce il tessuto connettivo del Movimento Cinque Stelle – non risponde alle aspettative di chi vuole servirsene per godere della declamata democrazia partecipativa.

Chi ha progettato e chi mantiene in esercizio l’architettura tecnologica in questione conosce perfettamente il volume di traffico ipotizzabile e non dovrebbe avere difficoltà a dimensionare le risorse per soddisfare i requisiti minimi per il normale funzionamento.

La platea di utenti corrisponde a quei circa centocinquantamila iscritti che sono stati ripetutamente dichiarati. Il “peso” delle operazioni si limita all’identificazione/autenticazione di ciascuna persona, al riscontro della circostanza che abbia o non abbia ancora votato (così da evitare doppioni e magheggi), all’abilitazione ad esprimere il proprio “sì” o “no”, alla annotazione tipica delle urne “ha già votato”, all’aggiornamento del database (ovvero dell’archivio elettronico corrispondente alle tradizionali “liste elettorali”).

La disponibilità di questi evidenti elementi di valutazione consente a chiunque di strutturare apparati e connessioni in misura adeguata, al netto di possibili (ma davvero marginali) rallentamenti o minuscoli imprevisti.

La semplicità della consultazione – minimizzata alla scelta tra Sì (ovvero no, nella curiosa formulazione del quesito su Salvini) e No (ovvero sì) – rende comprensibile la ridotta durata della connessione necessaria e lascia immaginare quindi un rapido smaltimento della coda dei votanti.

Nonostante le ragionevoli considerazioni appena elencate, chi si aspettava una certa immediatezza si è invece ritrovato alle prese con qualcosa molto simile ad uno dei tanti mostruosi “click-day” periodicamente proposti dai burocrati di fisco o previdenza.

Gli iscritti al Movimento hanno infatti lamentato pesanti difficoltà ad entrare in collegamento con il sistema, una poco giustificabile lentezza nel vedere registrata la preferenza espressa, la mancata ricezione del messaggio Sms a conferma del completamento della procedura referendaria.

Chi si domanda come sia potuto succedere, deve accontentarsi di prendere atto di quel che è accaduto. Se è vero che ciascun parlamentare M5s corrisponde 300 euro al mese per sostenere finanziariamente gli oneri di gestione di “Rousseau”, la piattaforma non manca certo di fondi per il suo adeguato sostentamento: un contributo mensile complessivo di 98mila euro che non sono proprio poca cosa e dovrebbe consentire un risultato senza dubbio più professionale di quello finora manifestato.

Deprecabili malfunzionamenti a parte, restano sul tavolo tanti – forse troppi – dubbi. I sistemi utilizzati per elezioni e selezioni online prevedono una serie di fasi tecniche mirate a garantire il voto solo a chi è registrato in uno specifico elenco (le liste degli aventi diritto) e ad assicurare che la stessa persona potesse votare più di una volta. Perfetto. O, meglio, quasi perfetto.

Se la preferenza è abbinata informaticamente al codice di autenticazione dell’elettore, si saprà “chi” ha votato “cosa”. Se quel soggetto adopera un certo computer ed è riconoscibile per il suo numero Ip (identificativo indispensabile per stabilire la connessione), un domani potrebbe essere “bannato” (escluso dalla possibilità di collegarsi) con semplici filtri ed escluso dal partecipare.

Chi l’altro giorno non è riuscito ad accedere alla votazione su Rousseau, come si era espresso in precedenti consultazioni? Se aveva manifestato opinioni, pensieri o intenzioni non allineate forse può cominciare a darsi delle spiegazioni.

Umberto Rapetto: