In uno studio dell'University College di Londra, i Campi Flegrei vengono descritti come una vera e propria bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Questa grande caldera, in stato di quiescenza, con un diametro di 12-15 chilometri – i cui limiti sono dati dalla collina di Posillipo, dalla collina dei Camaldoli, dai rilievi settentrionali del cratere di Quarto, la collina di Sanseverino, l'acropoli di Cuma, e Monte Procida – è caratterizzata da numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici (almeno 24), alcuni dei quali presentano manifestazioni gassose effusive o idrotermali. Costituiscono un'area ad alto rischio vulcanico, sottoposta a costante sorveglianza dell'Osservatorio Vesuviano – Ingv, diretto dalla dottoressa Francesca Bianco. In Terris l'ha intervista.
Dottoressa, ci può spiegare cosa sono i Campi Flegrei?
“Sono una caldera, ovvero un'area vulcanica che si è formata in seguito a una grande esplosione, presumibilmente avvenuta circa 40 mila anni fa. Una grande eruzione che prende il nome di Ignimbrite Campana. I Campi Flegrei sono molto differenti dagli strato vulcani – quelli a forma di cono come il Vesuvio -, che apparentemente non si individuano come vulcano. Le caldere in generale hanno una serie particolarità: posseggono un sistema idrotermale molto sviluppato, che ha un ruolo importantissimo in quello che si osserva generalmente nell'area, e sono delle zone dove si può attivare un'eruzione da uno qualunque dei punti della caldera, mentre per gli strato vulcani l'eruzione avviene dal cratere”.
In questo circuito si trovano numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici, alcuni dei quali presentatno manifestazioni gassose effusive o idrotermali. Quali sono le zone più attive?
“Sono Solfatara e Pisciarelli, in questo momento sono tutti e due chiuse al pubblico, la prima perché sottoposta a sequestro giudiziario in seguito a un incidente avvenuto nel 2017, la seconda per motivi di sicurezza perché l'area di decassamento è aumentata negli ultimi anni. Questi sono punti in cui noi riusciamo a misurare le caratteristiche dell'attività fumarolica che sono estremamente rilevanti ai fini della comprensione della dinamica in corso sul vulcano”.
I Campi Flegrei sono considerati uno dei vulcani a più alto rischio al mondo. Cosa accadrebbe in caso di eruzione?
“Bisogna sottolineare che i Campi Flegrei, come il Vesuvio, sono considerati vulcani ad alto rischio percheè si trovano in aree estremamente urbanizzate e quindi c'è un valore esposto alla loro dinamica che è piuttostio elevato e consistente. Detto questo, per quello che ricguarda i Campi Flegrei noi sappiamo che nella sua storia vulcanologica che si tratta di un'area che ha una maggioranza di attività eruttivi di tipo esplosivo. Quando su un vulcano si genera un'esplosione, nello scenario peggiore, è che si forme un flusso piroclastico: si tratta di una nube ardente ad altissima temperatura, piena di gas e di frammenti di roccia, con temperature che vanno dai 100 ai 400 gradi centigradi, in grado di muoversi ad una velocità estremamente elevata. Per questo motivo, nei piani di emergenza, le aree che potenzialmente potrebbero essere investite da questi flussi piroclastici sono state indicate come zone rosse, ovvero sia le aree che prima che avvenga l'eruzione devono essere evacuate, perché non c'è modo per ripararsi da questo tipo di fenomeno. E' chiaro che, al momento, dato lo stato dinamico del vulcano, noi non sappiamo quale sarà il prossimo tipo di eruzione, però in uno scenario di sicurezza per la popolazione, bisogna riferirsi alla cosa peggiore che potrebbe accadere. Le persone che sarebbero esposte a questa situazione sarebbero circa 700.000”.
Ipotizzando lo scenario peggiore, sarebbe possibile che Campi Flegrei e Vesuvio diano segnali di risveglio nello stesso momento?
“Nulla si può escludere. Neanche il fatto che, prima che il Vesuvio e i Campi Flegrei eruttino, un meteorite cada sulla città di Napoli. Stiamo parlando di eventualità che hanno questa probabilità di accadimento”.