Nella Giornata Mondiale della Pace, che si celebra oggi, “il nostro tempo sta vivendo una grave carestia di pace” e il “virus della Guerra” ĆØ uno shock sistemico che incide prepotentemente su modelli di ogni tipo frutto dellāereditĆ del nostro passato. Stiamo vivendo una crisi di proporzioni senza precedenti che sarĆ un banco di prova per un rinnovamento istituzionale per il futuro del nostro Paese, dellāUnione europea e del mondo intero.
Alla vigilia di un nuovo possibile conflitto mondiale e nel perdurare di una nuova ulteriore Guerra che insanguina il continente europeo, risuona oggi con ancor maggior forza la proclamazione contenuta nella Carta delle nazioni Unite del ā45 per salvare le generazioni future dal flagello della Guerra riconoscendo il legame di fratellanza che unisce tutti i popoli. In tempi contemporanei paradossalmente le infrastrutture per la pace sono diventate ancora piĆ¹ imperative; ĆØ necessario un approccio strutturale nazionale di larga scala per il mantenimento e la promozione della pace, con un’architettura sostenibile e nuovi assetti istituzionali.
Quali strumenti dunque approntare quando ci si trova di fronte ad una carestia di queste proporzioni, quali rimedi per questa espansione pandemica della guerra? Il Paese, LāEuropa il mondo non ha bisogno di uomini forti, ma di una politica forte, inclusiva e costruttrice di coesione sociale resiliente ad ogni spinta violenta. Ć imprescindibile non solo una classe dirigente pronta ad affrontare una crisi epocale ma anche nuove politiche e nuovi paradigmi istituzionali alternativi a quelli sinora perseguiti. Dalle ceneri del secondo conflitto mondiale erano stati banditi i Ministeri della Guerra ed erano nati i Ministeri della Difesa e dellāInterno. Ma oggi abbiamo bisogno di un nuovo parto, per dare nuovo compimento alla promessa di eradicare definitivamente dalla storia il flagello della Guerra, dando alla luce in ogni Paese anche un Ministero della Pace. Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma verso una nuova architettura di pace, sostenendo e stabilendo attivitĆ che promuovano una cultura della pace in ogni Paese ed in Europa, con piani strategici strutturali nazionali pluriennali di cura, mantenimento, e promozione della pace.
Quanto spesso abbiamo data per scontata e trascurata questa pace! Abbiamo necessitĆ di una nuova infrastruttura per la Pace che garantisca un dialogo illuminato per elevare, articolare, indagare e facilitare soluzioni strategiche nonviolente ai conflitti interni e internazionali, fornendo all’interno dei governi una competenza nella trasformazione nonviolenta dei conflitti; una politica strutturale che respinga ogni possibile espressione culturale che legittimi il potere della forza e che fornisca, come un vaccino, quegli anticorpi per i cui i popoli possano affrontare crisi ed emergenze anche ambientali o di altro genere, senza rischiare di cadere nella frustrazione e cadere nella trappola dellāusare la violenza come un modo normale di affrontare le rivendicazioni.
Il Ministero per la Pace potrebbe, in collaborazione con altri ministeri e gli altri organi istituiti presso le amministrazioni statali, individuare azioni coordinate nazionali e finalmente dare il nome ad una politica strutturale per la pace: disarmo e messa al bando delle armi nucleari, monitoraggio industria degli armamenti e riconversione, riallocazione delle risorse al bene comune, Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta, prevenzione e riduzione della violenza sociale, qualificazione delle politiche di istruzione alla pace, mediazione sociale, riconciliazione e giustizia riparativa, trasformazione e gestione dei conflitti sociali.
Questo nuovo ministero sarebbe finalmente quella ācasa istituzionaleā dei costruttori di pace di cui peraltro il nostro Paese va tanto fiero, una scelta di Governo lungimirante e che da tempo la rete delle associazioni aderenti alla “Campagna Ministero della Pace” – promossa dalla ComunitĆ Papa Giovanni XXIII – chiede alle istituzioni. Se la guerra ĆØ lāantitesi della fratellanza, la pace ĆØ il principio organizzativo di ogni societĆ e Ā«non cāĆØ alternativa: o costruiremo insieme lāavvenire o non ci sarĆ futuroĀ» e āse gli uomini hanno sempre organizzato la guerra ĆØ ora di organizzare la paceā.