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Quelle violenze sulle donne che non sempre sono riconosciute come tali

“L’organizzazione delle società̀ in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità̀ e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà̀ gridano un altro messaggio. È un fatto che doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché́ spesso si trovano con minori possibilità̀ di difendere i loro diritti”, questo il grido di Papa Francesco affidato alle pagine della sua Enciclica “Fratelli Tutti”. Partecipando al Women’s Forum G20 Italy, il Pontefice ha, poi, precisato: “Il nostro mondo ha bisogno del partenariato delle donne, della loro leadership e delle loro capacità, così come della loro intuizione e dedizione”.

Oserei aggiungere, il nostro mondo ha bisogno del “genio femminile”, per secoli e secoli, negato! Si è sempre cercato di “imprigionare” la donna, in ruoli predefiniti e, spesso, marginali, impedendole di esprimere se stessa e la sua femminilità, con l’unico risultato di privare la società, nei vari ambiti ritenuti di “dominio” maschile, di ciò che caratterizza e distingue la specificità dell’essere donna, il suo talento, il suo estro, la sua intelligenza, anche emotiva ed empatica, la sua sensibilità, la sua “visione”, la sua identità, diversa e complementare, rispetto a quella dell’uomo.

Ciò ha alimentato e, purtroppo, continua ad alimentare forme di violenza nei confronti delle donne, palesi ed evidenti, come qualsiasi genere di violenza fisica, ma anche occulte o non facilmente rilevabili come forme stesse di violenza. Certo, le aggressioni, gli abusi, i femminicidi, la tratta delle schiave, ossia di donne, per lo più minorenni, adescate con l’inganno e obbligate a prostituirsi oppure le donne costrette ad “affittare” il proprio utero o, al contrario, ad abortire, in entrambi i casi, per lo stato di bisogno in cui vivono, costituiscono la “vergogna” e la “sconfitta” più grandi e più gravi per la nostra società civile. Lo sfruttamento e la schiavitù, in qualunque modo e in qualunque luogo, che riducono la donna a “merce”, l’essere umano ad una “cosa” senza anima, senza dignità, sconcertano, al pari dell’indifferenza con cui questo mondo continua ad assistere inerte alla violenza ed alla crudeltà nelle strade, nelle case e nella società. “Donne crocifisse”, la veritiera espressione coniata da Don Aldo Buonaiuto per illustrare e, così, sensibilizzare sul drammatico fenomeno della tratta delle schiave (e degli schiavi), nel suo libro pubblicato qualche anno fa, dal titolo, appunto, «Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada». Donne invisibili, alle quali viene tolto tutto… umiliate, vessate e schiavizzate, nel fisico e nello spirito, e che, grazie alla grande opera di carità e di soccorso che il sacerdote e gli altri volontari svolgono da tanto tempo, sulla scia del carisma di Don Oreste Benzi, nelle Case rifugio e di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, vengono salvate e liberate dalla prostituzione coatta, ma nessuno può restituire loro ciò che hanno perso. Le ferite vengono amorevolmente lenite, ma le cicatrici restano…  per sempre.

L’ascolto e la conoscenza delle loro storie provoca un grande dolore ed una forte indignazione da donna, per la dignità violata, da madre – molte ragazze sono state ingannate, rapite o vendute ancora tredicenni – e, per me, anche da avvocato, in quanto sono testimonianze di vita indicibili, che mettono a nudo un’ingiustizia profonda e inaccettabile, che non trova – e non può trovare, per l’enorme atrocità – soddisfazione o riparazione in alcun Tribunale o dinnanzi ad alcun Giudice. Si parla troppo poco di questo abominio e, ancora oggi, le soluzioni messe in campo dai Governi, per contrastare questa riprovevole schiavitù, risultano insufficienti e inadeguate.

Ugualmente le donne private, da culture arcaiche, violente e non democratiche, dei diritti e della libertà più “elementari”, come uscire da sole, guidare un’automobile, decidere cosa indossare o, addirittura, chi amare o sposare – e per la rivendicazione di questi legittimi diritti, perfino, uccise – rendono la questione e la condizione femminile, in tema di parità e dignità, un fenomeno ancora irrisolto e non contrastato a sufficienza, con azioni prioritarie, tese al superamento delle tante forme di ingiustizia perpetrate nei confronti delle donne. La violenza esercitata, però, non è sempre così manifesta o individuata come tale.

Non riconoscere gli stessi diritti e le stesse opportunità degli uomini, pone la donna in una condizione, comunque, di vulnerabilità e di “soggezione”, e la “soggezione”, nel diritto, non è altro che la situazione giuridica soggettiva passiva di chi subisce e non può impedire l’esercizio del diritto potestativo altrui.

Le disparità, le discriminazioni in tema di lavoro, di occupazione, di salario, di tutela delle lavoratrici madri – anche frutto di pregiudizi inqualificabili – che hanno come inevitabile conseguenza la difficoltà per la donna di cambiare la propria condizione, soprattutto, in meglio, o di non raggiungere quello status di autonomia e indipendenza che potrebbe consentire un “salto” di qualità sociale, una crescita professionale, relazionale, familiare, realizzando così un allineamento tra i diritti e i doveri delle donne e degli uomini, costituiscono forme di violenza/soggezione, purtroppo, ancora “tollerate” e non affrontate con un impegno concreto nel rimuovere gli ostacoli che discriminano e che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, in questo caso, della donna.

In tale contesto si colloca, oggi, inoltre, un altro genere di violenza – i cui contorni si stanno pian piano delineando nella loro gravità – da sempre diffuso, ma solo negli ultimi anni rilevato e portato all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni: la violenza economica.

In una recente intervista pubblicata su InTerris, Claudia Segre, Fondatrice e Presidente di Global Thinking Foundation, ha dichiarato che “la violenza economica è una violenza che colpisce fino a quattro donne su 10. Circa il 25% delle donne, con punte del 40% in certe regioni italiane, non hanno un conto corrente personale, né la gestione dei soldi di famiglia. Questo permette un controllo su di loro molto forte, perché sono di fatto sprovviste dei mezzi economici per allontanarsi da situazioni conflittuali. Non a caso l’abuso economico è strettamente correlato alla violenza domestica. La violenza economica inoltre ha costi umani elevatissimi e, a pagare, sono le donne più sole e più fragili”. Da qui l’impegno concreto della Fondazione no profit, Global Thinking Foundation, nel promuovere “un approccio valoriale alla consapevolezza finanziaria rivolgendosi alle donne, agli studenti meno abbienti, alle famiglie e alle fasce vulnerabili nell’ambito dei 17 Obiettivi per uno Sviluppo Sostenibile definiti dalle Nazioni Unite”, in particolare, attraverso il Progetto “D2 – Donne al Quadrato”, “un progetto no profit di alfabetizzazione finanziaria e inclusione sociale pensato dalle donne e dedicato principalmente alle donne”, in cui una Task Force di 80 volontarie, presenti in tutta Italia, mettono a disposizione conoscenze e competenze, maturate durante le loro carriere lavorative nel mondo della finanza e delle professioni (commercialiste, avvocati, consulenti del lavoro, imprenditrici, psicologhe), per prevenire la violenza economica mediante la formazione e l’informazione.

Favorire l’alfabetizzazione finanziaria ed economica costituisce, inoltre, una misura volta a contrastare le disuguaglianze e la violenza di genere, in quanto l’indipendenza e l’autonomia della donna si realizzano anche attraverso la conoscenza e la formazione in questi settori. Accrescere la consapevolezza su come evitare, ad esempio, il sovraindebitamento, lo sbilanciamento tra le entrate e le uscite nell’agire economico quotidiano, su come scegliere, aprire e gestire un conto corrente, gli strumenti di pagamento, da quelli tradizionali a quelli più innovativi, su cosa s’intende per accesso al credito, ecc., comportano necessariamente la prevenzione dell’abuso economico, innescando un processo virtuoso in termini di autostima e autodeterminazione, così da consentire alle donne di divenire protagoniste consapevoli rispetto alle proprie scelte di vita, privata, professionale e familiare.

L’educazione finanziaria è indispensabile per costruire il futuro collettivo, non solo individuale ed è collegata alla stabilità finanziaria del Paese”, ha evidenziato recentemente Annamaria Luisardi, Direttrice del Comitato Edufin, in occasione della diffusione dei dati del Rapporto Edufin 2022 sulla situazione economica delle famiglie e i livelli di alfabetizzazione finanziaria in Italia. “Per questo motivo non sono più sufficienti iniziative frammentate, ma è necessario prevedere programmi su vasta scala per aumentare le conoscenze finanziarie, assicurative e previdenziali degli italiani, con offerte formative specifiche per le fasce di popolazione più vulnerabili, come i giovani e le donne. Ed occorre partire con l’educazione finanziaria il più presto possibile“.

Una misura concreta ed invocata dagli esperti di settore è proprio, infatti, l’introduzione dell’educazione economica e finanziaria come materia – preferibilmente curriculare – in tutte le scuole, così da tradurre in ulteriori azioni concrete, anche sul piano delle pari opportunità, i principi di eguaglianza e dignità della nostra Carta Costituzionale.

L’auspicio è che, oggi, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2022, l’Italia guidata, per la prima volta nella storia della Repubblica, da una donna, Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri e che, giustamente, negli ultimi giorni, ha rivendicato il diritto di conciliare il suo rilevante ruolo istituzionale con l’altrettanto rilevante ruolo di madre, possa porre in atto le azioni e gli strumenti necessari, anche legislativi, contro tutte le forme di violenza e sfruttamento, condannando con vigore ogni forma di sopruso, schiavitù e dominio nei confronti delle donne in qualsiasi campo della società, rimuovendo gli ostacoli, superando gli squilibri e promuovendo la cultura del pieno rispetto e della dignità delle donne e, dunque, quel benessere sociale, di accoglienza ed economico, al quale l’intera società ha il diritto di aspirare e di raggiungere senza distinzione di genere. Sarà questa la vera conquista.

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