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Il vero Natale che trova Gesù nei poveri

E’ appena iniziato l’Avvento e si avvicina il Santo Natale. Ci prepariamo ad “essere più buoni” ed in ogni famiglia ci si pone le stesse domande. Dove e con chi passeremo la Vigilia? Da soli è triste… ma sempre con i parenti è diventata una lagna… e poi, quei regali che nel corso degli anni sono diventati sempre gli stessi… Finita la sorpresa, resta la delusione per un oggetto che va ad aggiungersi a tanti altri uguali… alcuni inutili. Solo se ci sono bambini la festa è certa! Da ragazzino il mio albero aveva dolcetti, cioccolate e mandarini ed io mi sentivo il bambino più ricco della terra: oggi i ragazzini hanno in regalo l’i Phone, l’i Pad… e quant’altro il consumismo detta, tante cose inutili. Ma è Natale! E la festa richiede sacrifici pesanti. Ancor più pesanti in questa pandemia che è riuscita a dividere un Paese in buoni e cattivi. E abbiamo l’albero ed il Presepe. Due simboli forti della tradizione occidentale che oggi si sente minacciata dalle affermazioni di qualche ottuso filosofo che vorrebbe cancellarli. Perché offenderebbero le tradizioni dell’altro… Addirittura qualcuno riterrebbe offensivo pronunciare la parola Natale o Maria!

Così avremo l’altro tormentone che si ripresenta ogni anno: presepe si, presepe no perché non aiuta il Natale che è festa dell’Amore. E gli stranieri?! E i musulmani?! Quelli che malgrado il freddo ed il mare in burrasca riescono ad approdare sulle nostre coste?! Leggo tante frasi e tanti insulti che fanno male: a casa loro! noi vogliamo il nostro Natale, i nostri simboli, il nostro Gesù. Questa mattina mi sono soffermato a ripensare al mio unico e straordinario viaggio e pellegrinaggio in Palestina.

Mille volte in quei sette giorni in cui ho toccato quella terra benedetta ho pensato che Gesù l’aveva calpestata nei suoi spostamenti tra un paese e l’altro, mi sono bagnato con l’acqua del fiume Giordano ed ho “rubato” qualche fogliolina dal giardino degli Ulivi che ho poi gelosamente nascosto in valigia per portarla in dono a mia moglie ed alla mia mamma. Erano gli stessi ulivi ove Gesù aveva pregato.

In quei giorni, accompagnato nelle mie passeggiate da un uomo che negli anni mi è stato, fino alla morte, fraterno amico, Vincenzo Speciale, mi soffermavo con lui a riflettere sulla persona umana di Gesù, sul Suo volto, il colore dei Suoi occhi. E la Sua dolce Mamma. Quella ragazzina che lo aveva dato alla luce, bambino come tutti i bambini della terra, come era fatta? Qual era il colore della pelle? Vincenzo, con il suo sorriso, aveva risposte semplici, ma efficaci: “Italo, Gesù era uguale a questi ragazzi che incontriamo, aveva il loro stesso volto e la Sua Mamma era una di queste ragazzine dalla pelle scura”.

Ecco, leggendo spesso le tante brutte parole scritte all’indirizzo dei nostri fratelli e sorelle musulmani mi sono detto: Gesù era uno di loro. Aveva il loro stesso volto. Quel volto che hanno i poveri che mi avvicinano e che pure mi provocano fastidio con il loro persistente piagnucolare, perché gli possa dare un euro, per me superfluo e per loro, talvolta, essenziale. Gesù ha camminato in quei luoghi santi ove oggi si posizionano uomini in uniforme. Eppure Gesù ha abbracciato tutti, poveri e ricchi, non ha fatto distinzione tra santi e prostitute; ha dato e chiesto Amore, fino al Suo ultimo respiro, quando il Suo cuore si squarciava per la sofferenza di una crocifissione, supplizio comminato ad un malfattore e a un terrorista.

Forse, pensando al Presepe ed al bambino che nasce, dovremmo pensare che quel Bambino che noi preghiamo ed amiamo, ha la pelle olivastra, scura come quella dei poveri figli che vediamo arrivare sudici, sporchi …sulle nostre coste. Gesù ci dirà un giorno: “Tu dov’eri quando io nascevo un’altra volta e venivo a bussare alla tua porta? Perché mi hai scacciato e mi hai offeso? Perché non mi hai rivestito e mi hai dato uno dei tuoi dieci maglioni o giacconi che avevi dimenticato in cantina? Noi cattolici non dobbiamo rinunciare al presepe, ma dovremmo anche cercare di vedere nell’altro il volto di Gesù di Nazareth e dovremmo stendere verso di lui la mano… ed il nostro cuore.

Italo D'Angelo: