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Vaccini e… vicini: gli inutili sforzi di un’azione giudiziaria

Il presidente del Consiglio e il commissario Arcuri prospettano azioni giudiziarie nei confronti di Pfizer e AstraZeneca per il mancato rispetto dei tempi di consegna dei vaccini, di cui sono produttrici, che sta comportando slittamenti nella somministrazione, e la rimodulazione degli accordi con le Regioni. Hanno annunciato di aver incaricato in tale direzione l’Avvocatura dello Stato.

Senza entrare nel merito delle ragioni dei ritardi, non ancora del tutto emerse, sorprende che una vicenda che interessa multinazionali farmaceutiche, l’Unione europea, e l’urgenza di rendere immuni dal Covid 19 fasce crescenti di popolazione, venga affrontata come se fosse una lite fra vicini: ti porto in tribunale! E per fare che cosa, se è lecito?

Gli accordi, formalizzati in contratti, sono stati raggiunti in ambito europeo, da soggetti la cui sede principale non è in alcuno degli Stati Ue: immaginiamo che si superi ogni problema di competenza territoriale, in virtù della prevalenza del luogo di applicazione del contratto e della circostanza che aziende del genere hanno sedi legali nei singoli Paesi UE.

L’ordinamento civile conosce certamente la procedura d’urgenza, che permette di abbattere i tempi e di ottenere in via preventiva e cautelare, e salvo il successivo approfondimento nel merito, quel che in via ordinaria avrebbe bisogno di anni. Ma il provvedimento urgente del giudice ha di regola un carattere inibitorio: alla controparte viene vietato di fare qualcosa; può anche contenere un ordine di fare, ma quell’ordine deve essere in concreto realizzabile, tant’è che al mancato adempimento può seguire la nomina di un delegato del giudice per conseguire il risultato.

Ma se Pfizer e AstraZeneca non ce la fanno a produrre nei tempi previsti quello che in questo momento nessun altro è in grado di realizzare nei quantitativi programmati, anche l’ordine di fare resta senza effetti, né altri riesce a surrogarsi a loro. Dunque, l’azione giudiziaria ha soltanto un significato: quello di chiedere i danni ai due colossi della farmaceutica. Premesso che ciò comporta la nuova dilatazione dei tempi giudiziari, resta l’urgenza, perché non è risolto il problema di come distribuire i vaccini in tempi prossimi a quelli concordati.

È un problema che, con fatica, può e deve affrontare soltanto il governo. Da solo, d’intesa con i governi degli altri Stati UE, certamente cointeressati: ma per via politica e istituzionale, non giudiziaria. Parlando direttamente coi responsabili delle due aziende, per capire che cosa ha causato la mancata ottemperanza degli impegni. Verificando se per caso non vi siano ragioni politiche, derivanti da cambi di indirizzo da parte dei governi USA e UK, nei cui territori hanno sede rispettivamente Pfizer e AstraZeneca, e quindi – se così fosse – avviando una immediata trattativa con gli esecutivi americano e britannico.

Agitare lo spettro dell’azione giudiziaria equivale a mostrare “legalmente” i muscoli e mandare il messaggio che non si intende cedere. Qui non serve a nulla, e non prende in giro nessuno. Qui la sola azione utile è esercitare in prima persona quell’attività di governo che in certi casi – e questo è uno di quei casi – non è delegabile né ai tecnici né alla magistratura. Può farlo perfino un governo in crisi.

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