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L’usurpatore

Ci scrive una giovane professionista per raccontarci che la propria famiglia ha sostenuto notevoli sacrifici per consentirle di studiare e conseguire l’agognata laurea per l’esercizio dell’ambita professione liberale, orgoglio e vanto di una famiglia che non aveva goduto di questi fasti.

Il padre, avviata la figlia alla professione, le ha acquistato un immobile per destinarlo a suo studio professionale ed ha concesso in uso una stanza ad un più valente ed esperto professionista, dietro modesto pagamento mensile di un canone, utile alla giovane figliola a pagarsi le utenze e gli oneri della proprietà, potendosi così dedicare alla professione senza l’assillo delle spese fisse. Cuore di padre, che la sorte avversa ha privato della soddisfazione di vedere in Terra i risultati di tanti sacrifici; forse ne aveva avuto sentore ed aveva agito così premurosamente.

Fin qui una storia ricorrente, purtroppo offuscata dalla morte prematura del previdente genitore.

Accade però, ci narra la lettrice, che in pochi mesi la situazione si evolve e le aspettative si infrangono: il maturo maestro cui era stata affidata vede in lei una giovane concorrente e la esclude da ogni opportunità, addirittura tramando per acquisirle anche quei pochi clienti che il compianto padre le aveva avviato.

Anche questa una storia ricorrente, offuscata dalle ombre della umana miseria.
Il maestro guarda per sé, ora che la protezione della giovane fanciulla è venuta meno, non avendo obblighi giuridici da rispettare, anzi, trovandosi nella posizione di occupante protetto dalla legge in forza del modesto corrispettivo versato.

A guardare la vicenda con gli occhi cinici e freddi di chi ha vissuto il mondo sembra non ci sia nulla da dire poiché la legge impone il rispetto degli accordi assunti e quelli che hanno valenza giuridica sono l’occupazione della stanza dietro pagamento del corrispettivo, ancorché modesto, ma così voluto.

Ma non erano questi gli accordi comportamentali su cui il compianto genitore confidava e che avevano determinato l’intesa poiché è venuta meno la sua componente fondamentale e cioè il ruolo di maestro che era stato affidato al professionista affinché consentisse alla giovane ed inesperta figliola di poter addentrarsi sul ripido cammino della professione liberale, non tanto per gli aspetti economici cui andava incontro, giacché i risparmi accumulati dal padre in una vita di onesto lavoro sopperivano alla bisogna, ma per quelli più professionali giacché il maestro avrebbe dovuto trasmettere alla giovane tutto il bagaglio di informazioni e di esperienze necessario per avviarsi alla professione.

Gli aspetti giuridici della vicenda sono minimi, gentile lettrice, come lei ha colto, poiché se il contratto stipulato ha i requisiti legali, come pare, il diritto non ha soluzioni nei sensi invocati dalla giovane professionista.

Ma sono gli aspetti umani della vicenda che qui vengono in luce giacché il maestro, dall’alto ruolo in cui il compianto genitore l’aveva collocato, si è trasformato in usurpatore, nei cui confronti il grado di stima crolla vertiginosamente. Chi è l’usurpatore? È colui che approfittando di una situazione contingente a lui favorevole si impossessa di una posizione che non gli spetta. Un occupante abusivo di un ruolo che non gli è stato assegnato. Un male molto diffuso: sovente accade che ci si approfitta delle conoscenze di un amico per entrare nelle grazie di un potente ed appena possibile si allontana l’amico, e poi pure il potente.

È l’animo perverso che sottende al disegno, non importa se iniziale o successivo, anzi spesso successivo poiché l’occasione tenta le umane voglie a chi non sa controllarle piuttosto che a chi ha memoria corta sui motivi per cui si trova nel posto da cui può approfittare.

È la modifica del cuore, chiamiamola così: inizialmente promesse di impegno e di gratitudine, dimenticate e vanificate appena il creditore di tali legittime pretese non è più in grado di esigerle. Si sente dire: ma costui non va in Chiesa la domenica, tanto è insensibile ai richiami non già di un comportamento retto, poiché la legge gli consente di infischiarsene della giovane collega affidatale, ma della sua coscienza, sorda al richiamo del defunto genitore che in lui aveva visto il mentore della propria figliola?

Purtroppo è molto diffusa l’abitudine di guardare solo ai propri interessi assolvendosi da ogni obbligo, pur nell’evidenza degli stessi, se non giuridicamente coercibili. Occorre il confessore, ed aver coltivato dentro di sé la cultura di rivolgersi a lui per fugare i dubbi. Qualcuno crede che non va più di moda, molti non ne possono fare a meno per accostarsi degnamente alla mensa.

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