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Usa 2024: dietro Biden e Trump, una generazione saltata

Nikki Haley, ex governatrice della South Carolina, ed ex rappresentante degli Usa all’Onu quand’era presidente Donald Trump, dice che gli Stati Uniti hanno bisogno d’un leader di nuova generazione. Haley, 52 anni compiuti proprio oggi, parla, in fondo, ‘pro domo sua’, perché lei è una rivale, anzi è la maggiore rivale, di Trump nella corsa alla nomination repubblicana.

Haley dice una cosa vera: “La maggior parte degli americani non vuole una rivincita tra Trump e Biden”, che già nel 2020 diedero vita alla più geriatrica corsa alla Casa Bianca di tutti i tempi. Biden, che ha 81 anni e che ne avrà quasi 82 il 5 novembre, quando si vota – è del 20 novembre -, divenne, quando si insediò alla Casa Bianca, il più anziano presidente di tutti i tempi; e Trump, che compirà 78 anni a giugno, era stato secondo solo a Ronald Reagan.

 Altrettanto ‘pro domo sua’, il magnate ex presidente replica a Haley e rassicura i suoi sostenitori: è perfettamente capace di ricoprire il ruolo di presidente per altri quattro anni, si sente “come se avessi 35 anni e sto meglio adesso rispetto a 30 anni or sono”, sostiene in un comizio a Portsmouth, nel New Hampshire, dove le primarie sono in programma martedì 23. E ricorda quanto gli diceva l’ex medico della Casa Bianca Ronny Jackson, ora deputato al Congresso per il Texas: “Se non mangiasse così tanto cibo spazzatura, sarebbe in giro per 200 anni”. Nei giorni scorsi, sui social qualcuno aveva sostenuto di averlo visto affaticato e fragile, al rientro in albergo dopo i caucuses nello Iowa.

Biden non azzarda le smargiassate del suo potenziale antagonista repubblicano il 5 novembre: lui tradisce l’età quando si muove e dà un’impressione di fragilità che è, indubbiamente, un handicap. Ancor più perché, durante il suo mandato, l’immagine della sua vice, Kamala Harris, che di anni ne avrà 60 al momento del voto, non s’è rafforzata nell’opinione pubblica; anzi, s’è indebolita, anche perché la Casa Bianca l’ha ghettizzata in ruoli secondari o le ha affidato compiti impossibili, come la gestione dell’immigrazione, che non ne esci mai bene.

Ed appare quasi ironica la scelta del presidente di immettere forze fresche nel suo team, chiamando in squadra John Kerry, che di anni ne ha 80 e che nel 2004 fu il candidato democratico, stra-battuto da George W. Bush. Per ‘sorreggere’ Biden nella campagna, Kerry, segretario di Stato del presidente Barack Obama, lascia l’incarico di negoziatore sul clima, che ha assolto in modo egregio.

Il problema della mancanza di ricambio generazionale è evidente in un Paese che, dal 2016, ha solo avuto candidati presidenziali settuagenari: Hillary Clinton aveva 69 anni compiuti, Trump ne aveva già 70; e poi il match Biden – Trump, con eventuale rivincita, non ha fatto che alzare l’età media. Mentre, dopo Ronald Reagan, entrato alla Casa Bianca sulla soglia dei 70, gli Stati Uniti avevano sempre eletto presidenti relativamente giovani: Bush padre aveva 64 anni; Bill Clinton 46 – il terzo più giovane di sempre: il record è di John Fitzgerald Kennedy, 44 -; Bush figlio 54; Obama 47. Età tutte giuste, per un ruolo che richiede maturità ed energia.

Il problema è generazionale, più che di diversità, perché, dal 2008 in poi, abbiamo avuto il primo nero presidente, Obama; la prima donna candidata alla presidenza, Hillary; e la prima donna vice-presidente, Kamala – per di più, figlia di madre indiana e padre giamaicano e cioè con le stimmate di due minoranze -.

Ed è un problema più grave fra i democratici che fra i repubblicani, dove, dietro Trump, ci sono figure come la Haley e Ron DeSantis, governatore della Florida, 46 anni, oppure anche il senatore della Florida Marco Rubio, 53 anni, che assicurano un ricambio, ma che sono ancora schiacciate dalla personalità polarizzante e totalizzante del magnate ex presidente, i cui danni, sulla scena Usa e su quella internazionale, non saranno mai denunciati abbastanza…

Invece, i democratici, Obama a parte, sembrano avere ‘perduto’ un’intera generazione: Hillary pareva una predestinata e nel 2016 osò sfidarla soltanto un altro ‘nonno’, il senatore del Vermont Bernie Sanders, che di anni ne ha oggi quasi 83; e nel 2020, la corsa per la nomination era una roba da clinica geriatrica, con Biden, Sanders e Elizabeth Warren, settantenne. L’unico giovane – e diverso: dichiaratamente gay -, Pete Buttigieg, 42 anni, s’è un po’ perso nei meandri dell’Amministrazione, in cui è ministro dei Trasporti.

Biden ha probabilmente avuto la colpa di fare da tappo – quando il presidente in carica si ripresenta, nessuno o quasi lo sfida -, forse convinto, in buona fede, di essere il baluardo più valido al ritorno di Trump, da lui battuto nel 2020. Ma, oggi, Biden ha ben poco del baluardo e i democratici si trovano senza alternativa. A meno di non volere pensare – ma è già tardi – a Gavin Newsom, 56 anni, governatore della California. O a rincorrere il sogno, ricorrente, ma mai concreto, di Michelle, popolarissima ex first lady di Barack Obama, che, a 60 anni, è una ‘ragazzina’ fra tutti quei seniores.

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