«Grazie per avermi aiutato nei momenti difficili e per avere avuto pazienza quando sono stato insopportabile». «Scusate se non ho capito sempre l’importanza di essere una classe unita e mi sono fatta da parte a volte». «Quest’anno ho imparato tante nozioni, ma soprattutto quanto sia utile studiare per sé e non esclusivamente per il voto». Sono alcune delle frasi degli studenti delle mie classi, il cui ultimo compito dell’anno è stato quello di scrivere su tre post-it ciascuno un pensiero da dedicare ai compagni e poi da leggere pubblicamente.
Ci siamo dedicati un tempo di silenzio per un rewind veloce dei giorni passati insieme, certamente ricchi di emozioni, storie, fatti, delusioni, successi, amori, scontri. Poi una pausa al momento giusto per mettere su carta un “grazie”, uno “scusate”, un “ho imparato”. Nessun tema, nessuna valutazione, solamente cuore, mente, carta e penna per dichiarare a se stessi e alla classe che ogni giorno passato non è stato una tacca sul muro o sul calendario del conto alla rovescia “meno tanti giorni alla fine”, bensì un tempo privilegiato per crescere come singoli e come gruppo.
Fare poesia ora sarebbe facile, ma i ragazzi ha scritto parole stando coi piedi per terra, consapevoli delle difficoltà e dei problemi che ci sono stati tra i banchi, nonché di quelli vissuti al di fuori e nel mare del web. Qualcuno, infatti, ha scritto persino: «Grazie per avermi aiutato a capire che questa non è la classe per me». Una frase dura e intensa, uno sfogo anonimo (in realtà non troppo!), magari liberatorio per la persona, sebbene amaro per gli altri e per un docente. Un anno scolastico è anche questo, una serie di pagine di diario condiviso e aperto, scritte volta per volta con caratteri diversi, grafie varie, appunti sconnessi, date memorabili, bagnate dalle lacrime, strappate dalla rabbia, annerite dalle paure, illuminate dagli smile, arricchite dai sogni, colorate dalla speranza.
A settembre, su un social network, una ragazza del primo anno delle scuole superiori aveva scritto: «Non vedo l’ora di cominciare questa nuova esperienza, di conoscere i miei nuovi compagni, i professori. Lo so che la notte prima non dormirò per l’attesa!». Certo, sarebbe bello leggere i suoi pensieri ora che è giunto al termine: chissà com’è andata? Quante altre notti non avrà dormito per il timore di un’interrogazione, per l’attesa della visita d’istruzione oppure per il ragazzo più grande che l’ha salutata con un gran sorriso? Chissà quali scuse avrà da fare, quanti “grazie” da dire, tante cose imparate!
Tra i biglietti scritti e letti, vale la pena certamente citare quello genuino e simpatico, di uno dei ragazzi del terzo anno, che ha colto l’occasione per una dichiarazione d’amore ad una compagna: «Quest’anno non ho imparato quasi nulla, visto che mi sono impegnato davvero poco; non so come scusarmi, forse perché dovrei farlo di tutto; tuttavia voglio dire grazie alla scuola – mai avrei pensato di scriverlo – che mi ha fatto innamorare di Te!».