Pace, armonia e fraternità. Con queste parole si possono riassumere i frutti lasciati dalla prima tappa, in Indonesia, del viaggio di Papa Francesco in Asia e Oceania che proseguirà fino al 13 settembre.
Il Pontefice ha iniziato il suo 45esimo viaggio apostolico visitando per 4 giorni il Paese a maggioranza musulmana più popoloso del mondo, con ben 275 milioni di abitanti, di cui 86% di fede islamica. In Indonesia però i cristiani e i fedeli delle altre religioni possono confessare liberamente la loro fede, di fatto si tratta di un grande laboratorio di tolleranza e convivenza e nonostante le tensioni, i gruppi radicali e le tante etnie, lo Stato riesce anche a mantenere un sistema democratico che offre rappresentanza e diritti a tutte le minoranze. Fin dall’indipendenza i vari governi sono infatti riusciti a condurre politiche di inclusione non a caso infatti il motto della Nazione presente anche nello stemma sulla bandiera è “Bhinneka Tunggal Ika” ovvero “unità nella diversità”. Tutto questo non è affatto scontato in un contesto regionale, come quello asiatico, in cui in molti Paesi i cristiani sono cittadini di serie B, privati di diritti fondamentali, discriminati e in molti casi anche perseguitati con violenze e attacchi che mietono vittime ogni anno.
Gli incontri e le visite fatte da Francesco durante il soggiorno indonesiano riflettono questo sforzo per l’armonia che da sempre anima il grande arcipelago indonesiano. L’arcivescovo Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo in un’intervista ai media vaticani ha riferito della calorosa accoglienza ricevuta dal Santo Padre a Giakarta che ha rinsaldato “una lunga storia di relazioni diplomatiche tra l’Indonesia e la Santa Sede”, avviate nel 1947 e stabilite definitivamente tre anni più tardi. Non è un caso poi che la lotta all’estremismo sia una delle sfide comuni che il Papa ha elencato nell’incontro con il Presidente dell’Indonesia Widodo. Francesco ha sottolineato la necessità di trovare un “saggio e delicato equilibrio” tra culture e ideologie diverse. Che si raggiunge perseguendo “l’armonia, l’equità e il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano”. Francesco nell’incontro con le autorità della Nazione ha pubblicamente ribadito il suo apprezzamento per il modello indonesiano, un mosaico di etnie e religioni che lavorano per “un tessuto sociale equilibrato”, con il costante contributo della Chiesa locale.
In questa cornice, ancora più significativa è stata la “Dichiarazione congiunta di Istiqlal 2024” firmata giovedì 5 settembre da Papa Francesco e dal Grande imam Nasaruddin Umar durante l’incontro interreligioso nella moschea Istiqlal di Giakarta. Il documento è stato firmato anche da tutti i leader delle sei principali religioni del Paese islamica, protestante, cattolica, induista, buddista e confuciana. La stessa moschea è un simbolo di unità perché situata nel centro di Jakarta, proprio di fronte alla cattedrale cattolica, e progettata nel 1954 dall’architetto cristiano Friedrich Silaban, che volle sottolineare il motto caro alla nazione dell’unità nella diversità. Recentemente i due edifici religiosi sono stati uniti tramite un vecchio sottopasso restaurato, abbellito con opere d’arte e trasformato nel “tunnel della fraternità”.
La tappa indonesiana del viaggio di Francesco smentisce quindi la narrazione ideologica e materialista di quanti affermano che le religioni sono un ostacolo alla pace tra i popoli. Al contrario, la vera fede e una visione spirituale della vita alimentano la fraternità e la compassione verso i fratelli e le sorelle. Confessare una fede religiosa impone degli atteggiamenti coerenti con i precetti che questa indica ad ogni fedele. L’Indonesia ci dice che non è un percorso semplice ma è possibile e doveroso percorrerlo.