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Tre motivi per non bistrattare l’anno appena passato

È consuetudine generalizzata scambiarsi gli auguri per il nuovo anno all’insegna che sia un anno migliore di quello trascorso, bistrattato e da buttare via, definito come il peggiore, e concentrare gli auguri che il nuovo anno sia migliore.

Sicuramente augurare agli altri ed augurare a sé stessi di migliorare è l’auspicio più adeguato per andare avanti sempre meglio giacché sarebbe insensato desiderare che le cose peggiorino e quindi ben vengano gli auguri che il nuovo anno sia migliore del precedente, come anche che il domani sia radioso e raggiante e gli auspici siano sempre rivolti alla crescita. Ma mi sono sempre chiesto il perché questo debba avvenire a discapito dell’anno appena trascorso, che viene definito vecchio e da buttare via; se è vero che è l’anno vecchio non sempre, anzi quasi mai, è da buttare via e le ragioni sono molteplici.

Innanzitutto è un pezzo della nostra storia: qualsiasi critica vogliamo fare al passato esso fa parte necessariamente di noi. Potrebbe esserci capitato qualcosa di brutto e poiché non c’è mai limite al peggio anche le cose negative avrebbero potuto essere ancora più nefaste. Ma intendiamoci davvero su cosa sono le cose brutte di fronte alle notizie ferali che ci giungono purtroppo ogni giorno da ogni parte del mondo; siamo davvero sicuri che per quello che ci è capitato possiamo emettere un giudizio così severo?

E le cose belle che ci sono capitate? Non ce ne ricordiamo mai perché sappiamo bene che se il male fa rumore il bene è invece silenzioso. Se proviamo a riavvolgere il ricordo dell’anno appena trascorso troviamo certamente tanti momenti degni di apprezzamento, di gioia, di soddisfazione non solo perché le cose avrebbero potuto andare peggio ma anche perché magari abbiamo superato quel problema che avevamo, oppure abbiamo avuto una buona notizia od un nostro caro ha raggiunto qualche risultato che attendeva. Però facciamo di tutta l’erba un solo fascio e gettiamo via il bambino insieme con l’acqua sporca: i due proverbi richiamano la saggezza popolare tramandata che suggerisce di guardare le cose con occhio benevolo e fare attenzione a non pregiudicare con la nostra approssimazione i nostri beni più preziosi.

Ed al primo posto proprio la vita: se siamo arrivati alla fine dell’anno dobbiamo già essere grati di questo, e se siamo arrivati interi ancora di più la nostra benevolenza nei confronti dell’anno trascorso deve essere riverente.

Purtroppo però il bagaglio di sollecitazioni a cui siamo sottoposti ci fanno perdere di vista il senso primario dei nostri obiettivi: cerchiamo il successo ma dimentichiamo che è il participio passato del verbo succedere, cerchiamo il guadagno facile ma dimentichiamo che è il lavoro a nobilitare l’uomo, desideriamo il sesso sfrenato ma la culla dell’amore, anche fisico, è la famiglia. L’umanità ha fatto passi da gigante rispetto alle condizioni di vita di appena un secolo fa: si usciva da una guerra che aveva decimato il popolo, la miseria e l’instabilità delle strutture non garantivano i livelli minimi di sussistenza, il lavoro era precario e fortemente improntato allo sfruttamento. Oggi le condizioni di vita sono mediamente buone ed i grandi problemi del passato sono risolti, la politica si affaccia ad una nuova fase di riorganizzazione della società dopo la caduta dei cruenti sistemi totalitari e le difficoltà operative dei sistemi democratici, altre esigenze sono maturate ed appaiono in nuce le risposte, c’è da sperare in meglio. Ma questo può accadere sono se facciamo tesoro degli insegnamenti del passato, dei percorsi compiuti e delle conquiste raggiunte e la difesa di questi valori passa attraverso il riconoscimento che l’anno passato è un tesoro prezioso da salvaguardare e non da buttare via.

Roberto de Tilla: