La violenza sessuale e i maltrattamenti (fisico, psicologico ed economico) nei confronti delle donne interessano aspetti relazionali e comportamenti sociali che rimangono ancora in gran parte sommersi, lontani dallo sguardo dell’osservatore, anche quello più attento. Si tratta infatti di fenomeni delittuosi per i quali il “numero oscuro”, cioè il numero di tali fenomeni che non verrà mai scoperto è molto alto, per cui i dati ufficiali ci forniscono statistiche molto al di sotto della realtà. Anche la percezione sociale del fenomeno è piuttosto limitata se pensiamo che addirittura solo il 18% delle donne considera la violenza subita in famiglia un reato. Vari sono i motivi legati alla scarsità di emersione del fenomeno.
In particolare, secondo uno studio ISTAT, circa 6 milioni e 743 mila donne tra i 16 e i 70 anni sono state vittime nel corso della vita di una violenza fisica o sessuale: le donne possono subire più tipi di violenze, anche se la violenza fisica è più frequente ad opera del partner e quella sessuale di sconosciuti. Significativi sono alcuni dati che emergono: la violenza sessuale non è un evento eccezionale che accade in circostanze eccezionali: essa si verifica, al contrario, in situazioni normali, spesso nei luoghi che dovrebbero essere i più familiari e sicuri; non capita solo “ad alcune donne”: ne sono vittime donne di tutte le condizioni sociali, studentesse, casalinghe e lavoratrici; gli uomini non sono dei soggetti “speciali”: solo in rari casi l’autore può essere identificato come un maniaco o affetto da evidente psicopatologia; le donne sono ben più spesso vittime di uomini normali (insegnanti, datori di lavoro, medici, assistenti sociali, infermieri, ecc.), conosciuti e con i quali esiste o esisteva un legame affettivo, le donne sono vittime di una fiducia tradita. La tipologia della violenza subita dalle donne va dagli omicidi alle violenze fisiche, sessuali, psicologiche e allo stalking.
Il problema della prevenzione della violenza sulla donna deve essere affrontato secondo tre livelli fondamentali: la prevenzione primaria rivolta alla popolazione in generale, l’intervento politico sociale prima che criminologico in quanto si tratta di un vero e proprio problema di salute pubblica che va affrontato secondo un approccio scientifico e interdisciplinare, ossia attraverso lo studio e lo sviluppo di una conoscenza ed un’informazione sul fenomeno in tutti i suoi aspetti, le caratteristiche e le conseguenze. È necessario approfondire il perché della violenza per comprenderne cause e correlazioni, fattori di rischio e fattori protettivi; promuovere una nuova cultura dei rapporti interpersonali e famigliari attraverso programmi di psicoeducazione all’affettività, alla sessualità, alla genitorialità rivolti ai giovani.
La prevenzione secondaria è rivolta alle donne già in difficoltà e a rischio, predisponendo progetti operativi di osservazione del disagio femminile e di vigilanza al fine di evidenziare tali situazioni di rischio, ad esempio le donne emarginate o le famiglie multiproblematiche; programmi da parte delle agenzie formali e informali con interventi organici anche di tipo domiciliare. In particolare, la prevenzione secondaria rivolta alle donne che hanno già subito violenza, atta al contenimento dei danni ed alla prevenzione degli esiti fisici e psicopatologici. Si tratta quindi di interventi e di misure di tipo reattivo e riparativo, indirizzate ad esempio a prevenire la cosiddetta “vittimizzazione secondaria”.