Sono padre di un ragazzo autistico di livello 1 (ad alto funzionamento) che oggi ha 25 anni e conosco abbastanza approfonditamente l’argomento scuola e insegnanti di sostegno. Premetto comunque che ciò che scrivo deriva dalla mia esperienza personale e non vorrei generalizzare troppo su un argomento così delicato però, in tre “lezioni” cercherò di spiegare la situazione relativa alla figura dell’insegnante di sostegno, così come io l’ho vissuta in tanti anni.
La Lezione 1 si svolge sulla Luna (del resto i bambini autistici vengono spesso chiamati “i bambini della Luna” perché come la Luna appaiono lontani e soli, misteriosi, oscuri e inaccessibili) in quanto “lunari” mi sembrano i concetti ma non divaghiamo; allora siamo sulla Luna e studiamo.
Lezione uno: la teoria (ovvero ciò che dicono le leggi in materia)
Comma 1: L’ insegnante di sostegno è un insegnante specializzato (in cosa? come? quando? da chi?) assegnato alla classe dell’alunno con disabilità per favorirne il processo di integrazione / inclusione
Comma 2: Il ruolo del docente di sostegno è quello di garantire l’integrazione (inclusione) dell’allievo disabile coinvolgendo l’intero corpo docente della classe e tutti gli altri allievi
Comma 3: Le principali mansioni di un insegnante di sostegno sono:
Ora scendiamo e dalla Luna e vediamo, nel concreto, come stanno le cose in realtà.
Lezione 2
La pratica (ovvero ciò che avviene, troppo spesso, nelle aule o nei cortili delle scuole). Undici insegnanti di sostegno (fra i quali due geologi, un ingegnere, due neolaureati in filosofia al primo impiego, una musicista di pianoforte…) in tredici anni di frequenza nella scuola, dalla prima elementare alla quinta liceo. Una incredibile – ma in realtà è quasi sempre così – discontinuità nella didattica che ha reso molto difficoltosa, (fortunatamente non vana ) la formazione scolastica del mio ragazzo. Già questa è una sconfitta del sistema, prima ancora che della nostra famiglia, ma sempre sconfitta è.
Gran parte dei docenti di sostegno ancora oggi sono insegnanti che non hanno una formazione specifica per l’attività che dovrebbero (devono?) svolgere: probabilmente (stima personale, ma non penso distante dal vero) 5 o 6 su 10 (cioè il 50-60% per capirci) non sono in possesso della cosiddetta “specializzazione”, così i docenti di sostegno in molti (troppi) casi – e per fortuna con le rare lodevoli eccezioni – si limitano alla mera funzione di “sorveglianti” (o di assistenti che dir si voglia) e sorvegliare (verbo che ha quasi un significato di rassegnata passività, esattamente come assistere) non significa sostenere, né tantomeno insegnare. La scuola ha bisogno di professionalità formate e non di persone che, ancora oggi, scelgono il ruolo del sostegno (quando addirittura quello di insegnante) come un ripiego per la sicurezza del posto di lavoro.
Lezione 3
Passiamo quindi alla terza lezione, un vero e proprio “bagno di sangue” per le famiglie. Attualmente, la scuola italiana si trova ad affrontare una grave carenza di docenti di sostegno, con conseguenze pesanti per migliaia di alunni con disabilità. A denunciare la situazione è stato Giuseppe D’Aprile, segretario generale UIL Scuola RUA, in una recente intervista, in cui ha sottolineato un “ampio divario tra il numero di docenti di sostegno e quello degli alunni con disabilità”. Il problema è particolarmente evidente nella scuola primaria, dove si concentra il maggior numero di alunni disabili (oltre 123 mila), a fronte di una carenza di migliaia di docenti specializzati. La criticità, secondo D’Aprile, è ulteriormente aggravata dalla quantità di posti assegnati in deroga, necessari per coprire l’organico aggiuntivo, ma non rappresentano una soluzione stabile. Un dato allarmante riguarda l’aumento complessivo dei supplenti, triplicato dall’anno scolastico 2015/16 al 2024/25. “E ancora peggio se si pensa che un supplente su tre non è specializzato”, aggiunge D’Aprile. Ora, informati, formati e soddisfatti e magari specializzati, possiamo ritornare sulla Luna per ben programmare il prossimo anno scolastico 2025/2026.
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